E se Salvini vota la fiducia a Conte?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-08-18

L’ipotesi di chiudere tutto il 20 agosto e rimandare la resa dei conti prende piede nella Lega. Ma il MoVimento 5 Stelle ha pronta la contromossa che certificherebbe l’alleanza con il PD

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Era il 2 ottobre 2013, si votava al Senato la sfiducia all’allora presidente del Consiglio Enrico Letta e i numeri erano ballerini perché Angelino Alfano aveva portato sulla sua posizione molti senatori che avrebbero votato contro le indicazioni del partito. Quel giorno accadde qualcosa di sorprendente: subito dopo aver fatto annunciare la sfiducia a Sandro Bondi, Silvio Berlusconi si alzò in piedi e annunciò la fiducia al governo, che poi la ottenne. Si chiuse così una crisi che sembrava portare Letta al capolinea. E il precedente storico potrebbe servire il 20 agosto.

E se Salvini vota la fiducia a Conte?

Il Fatto Quotidiano ieri e oggi infatti ha pronosticato un nuovo scenario per la chiusura della crisi di Ferragosto: quello in cui Salvini, dopo le comunicazioni di Conte, non vota contro il presidente del Consiglio e sospende così i giochi di palazzo per la costruzione dell’asse PD-MoVimento 5 Stelle che dovrebbe portare a un nuovo governo. Oggi il quotidiano torna sull’ipotesi ma racconta anche quale potrebbe essere la contromossa del M5S. Il racconto parte dai contatti tra i pontieri dei due partiti in lite:

Problema: ormai la Lega barcolla e non è nemmeno più chiaro se voglia sfiduciare Giuseppe Conte o persino votargli contro nell’Aula del Senato dopodomani. “Vedremo se avranno il coraggio di schierarsi contro il premier”, dice il ministro grillino Riccardo Fraccaro. INSOMMA, volendo, il duello all’ultimo sangue annunciato a Palazzo Madama potrebbe persino diventare un minuetto senza risultati, che dia agli ex gialloverdi il tempo di restare compatti.

Non andrà così e non solo perché il capo dello Stato ha fatto sapere che M5S e Lega non potranno rimettersi insieme facendo finta di niente, ma pure perché i grillini hanno deciso che-comunque vada a finire – si dovrà passare per una vera crisi politica in Parlamento con la spaccatura della ex maggioranza.

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È questa la linea che si è andata delineando in questi giorni e che dovrebbe trovare una sua veste tecnica nella riunione della “cabina di regia” grillina convocata in serata a Roma: al tavolo, oltre a Luigi Di Maio, siederanno i ministri Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, i due capigruppo in Parlamento Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli, il “casaleggiano” Massimo Bugani e Alessandro Di Battista.

A quel punto, spiega il Fatto, dopo le comunicazioni di Conte i gruppi potranno presentare delle risoluzioni. Quella della Lega potrebbe, a sorpresa, non annunciare la sfiducia nei confronti del premier. Ma a quel punto i grillini hanno già pronta la contromossa: presenteranno una risoluzione di appoggio al premier su Open Arms e sugli sbarchi. Ovvero proprio sul terreno di scontro prediletto di Salvini.

La contromossa del M5S

Questo dovrebbe impedire alla Lega di votare per Conte e, insieme, certificare l’esistenza di un’altra ampia maggioranza in Senato per un governo alternativo a quello che oggi si regge sul voto gialloverde.

Una risoluzione che elogi la recentissima linea dell’accoglienza di Palazzo Chigi su questo tema sarebbe indigesta per i leghisti. A quel punto, con una spaccatura della maggioranza evidente anche in Parlamento, la crisi sarebbe aperta: “In piena trasparenza”, come aveva promesso il, premier neanche un mese fa. E quel che si augurano al Quirinale, dove aspettano e sperano che la sfiducia più pazza del mondo trovi finalmente una strada istituzionale: l’ipotesi che va perla maggiore sul Colle più alto, diciamo quasi scontata, è che Conte – che ha la fiducia di Sergio Mattarella – salga a palazzo dopo il dibattito in Parlamento per rassegnare le sue dimissioni.

Solo allora, con l’avvocato del popolo in carica per gli affari correnti, inizierà la partita del nuovo governo, qualunque esso sia. Solo una è l’avvertenza che il presidente della Repubblica ha già fatto pervenire ai partiti: se c’è un accordo politico (nuovo o vecchio) si procede, ma se l’idea è mettere in piedi un accordicchio per qualche mese, allora sarà lui a costruireun esecutivochefaccia la manovra e guidi il Paese alle elezioni.

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A quel punto la strada per il nuovo esecutivo a guida PD-M5S sarà tracciata. A meno che il MoVimento 5 Stelle non cambi idea all’ultimo e decida di siglare la pace con Salvini. Ma questo dipende, ormai, anche e soprattutto, da quello che i grillini spunteranno nella trattativa con il PD.

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