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Salvini e il referendum per l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-02

Oggi un fan ha chiesto a Matteo Salvini di indire un referendum per l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea. La risposta del Capitano: “Visto quello che ha fatto l’Europa, avere tanta delusione per l’egoismo, l’assenza, la lontananza di Bruxelles, Berlino e Francoforte è assolutamente comprensibile”. Vediamo perché è una baggianata, invece

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Oggi durante la sua consueta diretta facebook un fan ha chiesto a Matteo Salvini di indire un referendum per l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea. La risposta del Capitano: “Visto quello che ha fatto l’Europa, avere tanta delusione per l’egoismo, l’assenza, la lontananza di Bruxelles, Berlino e Francoforte è assolutamente comprensibile”.

Salvini e il referendum per l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea

Ora, come si vede la replica di Salvini è tipica di quello che non dice né sì né no, in ossequio alla strategia della Lega di Schroedinger, che è contemporaneamente dentro e fuori dall’euro. Ma che fare un referendum per uscire dall’Unione Europea o dall’euro sia una sciocchezza lo ha detto, in tempi non sospetti, proprio un autorevole (sul tema) esponente della Lega, ovvero Claudio Borghi.

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Ma il problema del referendum, come abbiamo già spiegato, non è tanto giuridico quanto economico. Immaginiamo uno scenario ipotetico in cui il M5S e la Lega riescono a far approvare la modifica costituzionale dell’articolo 75 proposta dalla Lega, che renderebbe possibile uscire dall’euro ed eventualmente anche dall’Unione europea. Se i sondaggi dovessero riportare una maggioranza stabile per la permanenza nell’euro, sui mercati non succederebbe nulla. Se invece gli italiani si indirizzassero secondo i desiderata di M5S, Lega ed altri partiti favorevoli all’uscita, le cose andrebbero molto diversamente. Un esempio l’abbiamo avuto con il referendum per l’indipendenza della Scozia. Durante la campagna elettorale i mercati entravano in fibrillazione appena i sondaggi davano il “sì” in rimonta, sebbene non abbia mai scavalcato chiaramente i “no”. E lì non si parlava neppure di “uscita dalla sterlina” visto che, almeno nelle intenzioni del governo scozzese, il nuovo paese avrebbe mantenuto la moneta del Regno Unito. Nel caso italiano, invece, è facilmente prevedibile che i capitali fuggirebbero all’estero al primo sentore di una possibile vittoria degli eurexit.

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E quando parliamo di “capitali”, non ci limitiamo a quelli mossi dai grandi gruppi finanziari, ma anche ai risparmi dei lavoratori e dei pensionati. Se l’Italia uscisse dall’euro la nostra nuova moneta si svaluterebbe consistentemente nei confronti della valuta europea. Chi riuscisse a mantenere i risparmi denominati in euro, quindi, guadagnerebbe in poco tempo il 20 o 30 per cento. L’operazione è estremamente semplice: basta vendere Bot e Btp e comprare titoli di stato tedeschi. Non va inoltre esclusa la possibilità di un’irrazionale corsa agli sportelli per prelevare i contanti e chiudere i conti. Per entrambi i casi, il disastro sarebbe pressoché sicuro. Lo spread tornerebbe a colpire i titoli di debito italiani, i tassi di interesse schizzerebbero alle stelle e il governo troverebbe deserte le aste, con conseguente difficoltà nell’erogare stipendi e servizi (anche se va detto che il Tesoro ha sinora accumulato ingenti riserve che potrebbero essere usate per tamponare la situazione). Le banche e i bancomat dovrebbero essere chiusi per evitare prelievi di massa, mentre il governo con un decreto d’urgenza dovrebbe bloccare anche i movimenti di capitali. È difficile immaginare una campagna referendaria serena in un clima emergenziale come questo. Probabilmente la gente terrorizzata si sposterebbe nuovamente verso il “no”, ma nel frattempo il paese avrebbe pagato un prezzo salato. Se proprio si deve pensare un’uscita dall’euro, questa va fatta, come dicono alcuni noeuro, di notte e nel week end e senza generare panico. Ma questo non ditelo a Salvini.

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