Salvini chiagne e fotte

di Fabio Scacciavillani

Pubblicato il 2018-09-20

La politica in Italia richiede spiccate doti da borseggiatore. Come il malvivente, il politico di successo deve distrarre la vittima distogliendone l’attenzione dalla tasca o dalla borsetta prima di potervi subdolamente infilare le prensili dita. In politica la credulità dell’elettore (e dei media da riporto) va indirizzata strillando nella direzione opposta a quella che si …

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La politica in Italia richiede spiccate doti da borseggiatore. Come il malvivente, il politico di successo deve distrarre la vittima distogliendone l’attenzione dalla tasca o dalla borsetta prima di potervi subdolamente infilare le prensili dita. In politica la credulità dell’elettore (e dei media da riporto) va indirizzata strillando nella direzione opposta a quella che si intende perseguire. Prendete il politicante che al momento sembra aver accumulato il bottino elettorale più cospicuo: il Salvini di lotta e malgoverno. Nei fatidici cento giorni di governo non si annovera alcun risultato poilitico di rilievo. Si registrano solo una rissa verbale con il Lussemburgo (un po’ come se un doberman abbaiasse ad un pulcino e perdesse lo scontro), qualche strepito sulle navi che sbarcano i migranti (e che continuano a sbarcare come prima), un incontro in pompetta magna con Orban (che guida un paese irrilevante) da cui non ha ricavato nemmeno una merenda a base di gulash rancido.

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Per il resto il Governo del Cambiamento (di casacca), al netto dell’hashtag, appare un governo Letta con una spruzzata soporifera di Gentiloni, Tria nella parte di Padoan e Di Maio nella parte del Bomba che minaccia (a vuoto) di sbattere i pugni a Bruxelles, mentre l’astuto Toninelli è una sottospecie di Boschi, ma più pasticcione e privo di tacchi. Pertanto non stupisce che in questa macedonia di incompetenza, presunzione, velleità e ignoranza pura spicchi il genio, più bertoldesco che politico, dell’Ometto Forte. L’apertura della lettera contente un avviso di garanzia, ad esempio, ha fornito il pretesto per una gag da Pappagone per dipingersi vittima dela magistratura. E mentre l’attenzione dell’elettore medio era concentrata sulla trita polemica contro il giustizialismo che tiene banco da 25 anni, Salvini otteneva dalla suddetta magistratura il privilegio di restituire i soldi fatti sparire dal suo partito in comode rate estese per un periodo di appena 66 anni. Praticamente una rivoluzione copernicana nel diritto penale. Pensate che pacchia per un rapinatore colto in flagranza che potesse patteggiare la restituzione del bottino in 66anni per di più addebito degli interessi. Eppure Salvini ci è riuscito, magari sbraitando di giustizia ad orologeria.

Analogo copione sulla legge di bilancio. Il Provolo del Cuoco ha passato l’estate a distogliere l’attenzione minacciando di sfasciare i conti pubblici e atteggiandosi a ganassa con l’Unione Europea. Poi dallo “sforare” il 3% (nel rapporto deficit/Pil), si è ammansito sullo “sfiorare” il 3% e fra poco si accomoderà scodinzolante nella cuccia che gli hanno approntato a Bruxelles e Francoforte, contento di rosicchiare il solito 1,6% concesso ai predecessori. Delle altre fregnacce con cui il Provolo aveva inondato TV e giornali, dalla riduzione delle accise sulla benzina (al primo consiglio dei ministri) al rimpatrio dei clandestini non si trova traccia. Lo show a reti unificate sulla Diciotti è bastato per turlupinare i creduli facendo la faccia feroce con meno di duecento migranti (peraltro sbarcati e poi allegramente dileguatisi) a fronte di centinaia di migliaia per i quali resta tutto esattamente come prima. E per concludere l’arma atomica di distrazione di massa: la panzana maxima dell’Uscita dall’Euro con cui Salvini ha eccitato le corna celtiche per anni. Ormai l’hanno seppellita al Tramonto nel Cimitero delle Trote con funerale officiato da due becchini d’eccezione: Borghi e Bagnai. Requiescat in pacem, come dicono a Rocca di Papa.

Leggi sull’argomento: Ma alla fine quante sono le rate dei 49 milioni della Lega?

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