Come Salvini e Di Maio si arrampicano sugli specchi per spiegare la differenza tra condono e pace fiscale

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-09-19

Ieri sera a Di Martedì i due vicepremier del governo Conte hanno tentato di spiegare al pubblico che la “pace fiscale” non è un condono. Ma dalle risposte che hanno dato e dalle dichiarazioni fatte da altri membri dell’esecutivo è evidente che il governo del cambiamento vuole fare proprio un altro condono, come quello di Berlusconi e Tremonti del 2002

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Ieri sera i due vicepremier del governo del cambiamento, Luigi Di Maio e Matteo Salvini sono andati a Di Martedì a spiegare il grande lavoro che sta facendo l’esecutivo per mettere in atto quanto promesso nel contratto di governo. Uno dei punti cardine dell’alleanza tra Lega e MoVimento 5 Stelle è la “pace fiscale”. Nel contratto si legge che «è opportuno instaurare una “pace fiscale” con i contribuenti per rimuovere lo squilibrio economico delle obbligazioni assunte e favorire l’estinzione del debito mediante un saldo e stralcio dell’importo dovuto, in tutte quelle situazioni eccezionali e involontarie di dimostrata difficoltà economica». Dal momento quindi che la pace fiscale è nel contratto allora s’ha da fare.

Di Maio spiega che la “pace fiscale” è un condono

Il problema è che né Salvini né Di Maio lo vogliono chiamare per quello che è: ovvero un condono. Anzi, il più classico dei condoni. Perché anche se nel contratto si parla di situazioni in cui per “ragioni eccezionali” un contribuente ha contratto dei debiti con il fisco è evidente che l’idea di stabilire un tetto al di sotto del quale sarà possibile chiudere i contenziosi pagando solo una piccola percentuale del dovuto è di fatto un condono. Perché o si vanno a guardare i singoli casi, e allora non è necessario stabilire un tetto, oppure si deve avere il coraggio di parlare di condono. Ma questo per il partito degli onesti e per quello dei legalitari ovviamente è inaccettabile.

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Ieri Giovanni Floris ha fatto ai due vicepremier la stessa semplice domanda. Le risposte date da Salvini e Di Maio però erano contorte e non sempre in accordo tra di loro. La domanda era che differenza c’è tra condono e pace fiscale? Luigi Di Maio ha risposto così:

Io penso una cosa noi ci apprestiamo a fare una riforma fiscale, cioè una riforma della tassazione, ovviamente entrata nel contratto di governo che si chiama flat tax. E quindi sta dicendo agli italiani “d’ora in poi pagherete le tasse in un altro modo semplificato”. Quando fai questo dici anche il passato – per le persone che sono in difficoltà, quindi né per i super ricchi né per i nababbi né per quelli che hanno fatto i grandi evasori – puoi dire “guarda tu hai dei contenzioni con il fisco che ti inseguono e sei arrivato al punto in cui non puoi più pagare e non puoi più aprire un’impresa per ripagare i tuoi debiti. Troviamo un accordo in modo tale che ci si dice paghi tot e chiudiamo la pratica”. E d’ora in poi se evadi vai in galera.

Questa spiegazione ricorda molto da vicino quella dell’abusivismo di necessità, usato per difendere chi commette abusi edilizi per costruirsi una casa da chi magari lo fa per mettere su un albergo fronte mare. Naturalmente il ministro del Lavoro si guarda bene dal dire quali possono essere i motivi che hanno portato un contribuente ad essere in debito con il fisco. Sicuramente ci sono casi di persone che non sono riuscite a pagare le tasse, ma nella marea di coloro che hanno un contenzioso aperto ci sono anche molti che le tasse hanno deciso di non pagarle. Il risultato è che lo Stato cancella il dovuto a tutti coloro che rientrano nella soglia.

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Per Di Maio però il condono è solo quello che “aiuta i furbetti”. Come fare a distinguerli? «Si mette un tetto», spiega il ministro. Come se mettere una soglia massima fosse la garanzia che tutti quelli che hanno un debito entro il milione di euro (come da proposta del sottosegretario Massimo Bitonci) siano “evasori per necessità”. Ed a proposito di tetto ieri Di Maio ha dichiarato che secondo lui «il condono tombale è quando tu prendi quelli che hanno fatto i soldi qui li hanno portati in un paradiso fiscale e li portano qui oppure se tu dici che prendi quelli che hanno evaso un milione di euro o due milioni di euro e gli dici adesso ti accordi per 100 mila euro». Quindi se il sottosegretario all’Economia del governo di cui fa parte Di Maio propone di stabilire un tetto ad un milione di euro (con tre aliquote al 25%, 10% e 6%) e propone anche una procedura di voluntary disclosure per fare emerge capitali nascosti al Fisco allora – secondo la definizione di Di Maio – la “pace fiscale” è proprio un condono tombale.

La “pace fiscale” secondo Matteo Salvini

È venuta poi la volta del ministro dell’Interno. Qual è la differenza tra condono e pace fiscale per Matteo Salvini? A fine giugno Salvini spiegava che l’idea era quella di rottamare le cartelle esattoriali sotto i 100mila euro. Ma come abbiamo visto nei giorni scorsi il suo compagno di partito Bitonci ha decuplicato quella cifra. Motivo per cui ieri il leader del Carroccio si è guardato bene dal parlare di cifre. Salvini ha invece fatto ricorso alla retorica leghista dei “milioni di italiani che”. A volte sono i milioni di italiani che non arrivano a fine mese (da contrapporre ai migranti invasori). In questo caso sono i milioni di italiani che per qualche caso fortuito non hanno potuto pagare le tasse (versus i riccastri con villa in Sardegna):

per me la forma non è sostanza, a me interessa che milioni di italiani che hanno fatto la dichiarazione dei redditi continuo a chiarire questo, non è quello che non ha mai fatto la dichiarazione dei redditi sconosciuto al fisco otto ville in Sardegna. Ci sono milioni di italiani che hanno fatto la dichiarazione dei redditi e poi non sono riusciti a pagare tutto il dovuto perché si sono ammalati perché sono rimasti incinti, perché si sono rotti una gamba, perché il negozio ha chiuso.

Naturalmente è possibile e non si può escludere a priori che anche tra questi italiani onesti e perseguitati ci siano molti che non hanno pagato le tasse perché non volevano, come fare a distinguere i buoni sfurtunati dai cattivi con otto ville in Sardegna? La soluzione di Salvini è semplicissima. Laddove pochi minuti prima Di Maio aveva dichiarato che “quelli il Fisco li conosce già” l’altro vicepremier ha detto: «Li andiamo a convocare come fanno in Svizzera. Uno per uno: “Lei ha un debito di 40mila euro che con le sanzioni è arrivato a 60mila e non me li darà mai. Quanti me ne può dare e perché non ha pagato?”». Curiosamente Salvini non parla della soglia da un milione di euro, perché i telespettatori possono vedere un debito da 40mila euro come poca cosa, frutto magari di circostanze sfortunate.

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Ci sarà quindi una verifica puntuale? Allora a quel punto sarà facile stanare i veri evasori. Non sembra che le cose andranno così perché secondo Salvini la verifica si svolgerà in maniera diversa. Basta controllare «se hanno la cartella esattoriale, non hanno il conto corrente, sono costretti a lavorare in nero non possono avere dipendenti e non pagano le tasse non penso che uno lo faccia perché gode ad essere un fantasma». Il che di nuovo non esclude che chi rientra in questa categoria non l’abbia fatto proprio per mettere da parte in nero i soldi in attesa che arrivi un governo che faccia un condono. Magari come quello fatto da Berlusconi nel 2002 (con la Lega Nord al governo) che ha lasciato in pace molti “furbetti” che si sono limitati a pagare la prima rata. Anche loro potranno beneficiare della pace fiscale? In un’intervista al Messaggero il sottosegretario Bitonci è stato molto più esplicito dei due leader. Alla domanda sulla pace fiscale l’ex sindaco di Padova ha risposto: «Sì, e sarà la più ampia possibile. Molto simile a quella del 2002».

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