Fact checking
La presa in giro di Tria a M5S e Lega
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2018-09-19
Il ministro dell’Economia offre deleghe “svuotate” a Castelli e Garavaglia, che respingono la proposta.
Narra la leggenda che il ministro dell’Economia Giovanni Tria abbia proposto a Massimo Garavaglia della Lega e Laura Castelli del MoVimento 5 Stelle, suoi viceministri ancora senza deleghe, un documento con nessuna competenza specifica. Per questo, racconta oggi La Stampa in un retroscena firmato da Federico Capurso, Amedeo La Mattina e Ilario Lombardo, i due hanno rifiutato tutto e adesso la guerra con il responsabile di via XX Settembre è aperta.
La presa in giro di Tria a M5S e Lega
La questione delle deleghe va avanti da quando è cominciata la partita dei sottosegretari e i viceministri. Prima della sua conclusione la stessa Castelli era finita in un grosso guaio: Nicola Biondo e Marco Canestrari, i due autori di Supernova, libro che racconta il M5S da dentro, avevano dichiarato che la fonte di alcune informazioni su Di Maio e sui grillini era proprio la deputata torinese. Questo aveva fermato la sua corsa verso un ministero, ma poi era arrivata la nomina a viceministro a sancire la “pace” con il M5S.
La Castelli era però rimasta senza deleghe e questo aveva subito causato frizioni con Tria. Ieri, racconta La Stampa, l’epilogo:
Ma i motivi di irritazione dei 5 Stelle nei confronti di Tria non si limitano solo alle priorità politiche della manovra. «Non veniamo presi in considerazione, ci scavalca», si lamentano i responsabili economici del M5S. Ci sono le riunioni al ministero del Tesoro convocate senza avvisare i 5 Stelle. E ci sono le deleghe, che il vice ministro dell’Economia Laura Castelli chiede a Tria da mesi ma che ancora non sono arrivate.
O meglio, una proposta è già finita sulla scrivania di Castelli e del suo omologo leghista Massimo Garavaglia. Ma al suo interno non è menzionata alcuna competenza specifica. In sostanza hanno avuto in regalo una scatola vuota e la reazione è stata durissima: la proposta respinta e i documenti non firmati.
L’attacco di Di Maio a Tria che deve cacciare i soldi
Anche questa vicenda sarebbe quindi alla base dell’attacco di Di Maio a Tria che ieri non ha fatto però tremare il ministero dell’Economia: «Pretendo che il ministro dell’Economia di un governo del cambiamento – dice – trovi i soldi per gli italiani… Gli italiani in difficoltà non possono più aspettare, lo Stato non li può più lasciare soli e un ministro serio i soldi li deve trovare». La «parte» di Tria è restare concentrato sull’obiettivo tecnico della manovra, su quella «quota 1,6» che è la percentuale magica del deficit oltre la quale non intende andare, nonostante le pressioni di 5 Stelle e Lega.
Per questo Tria avrebbe detto a Di Maio nei giorni scorsi che per il reddito di cittadinanza c’è solo un miliardo in più da aggiungere alla dotazione del reddito di inclusione eredità del precedente governo. Questo avrebbe fatto esplodere il viceministro e dato fuoco alle polvere contro via XX Settembre. Che però rimane lì, imperturbabile, in attesa che qualcuno abbia il coraggio di cacciarlo da quella poltrona. Scatenando la tempesta finanziaria perfetta.