Il retroscena di Bechis su Marco Travaglio che costringe Di Maio ad accettare Conte

di Mario Neri

Pubblicato il 2019-09-09

Franco Bechis sul Tempo racconta oggi in un retroscena che Marco Travaglio e i parlamentari del MoVimento 5 Stelle avrebbero convinto Beppe Grillo a costringere Luigi Di Maio ad accettare Giuseppe Conte come perno della trattativa con il Partito Democratico sul governo. E questo avrebbe portato al siluramento di alcuni ministri cari ai grillini e …

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Franco Bechis sul Tempo racconta oggi in un retroscena che Marco Travaglio e i parlamentari del MoVimento 5 Stelle avrebbero convinto Beppe Grillo a costringere Luigi Di Maio ad accettare Giuseppe Conte come perno della trattativa con il Partito Democratico sul governo. E questo avrebbe portato al siluramento di alcuni ministri cari ai grillini e a un presunto squilibrio nella squadra di Palazzo Chigi Il racconto parte dal presupposto che il Partito Democratico fosse talmente in difficoltà nella trattativa perché desideroso di tornare il potere da essere in balia del Capo Politico grillino. E ovviamente dimentica un dato di fatto: ovvero che il M5S fosse a sua volta in grave difficoltà ad andare alle elezioni in primo luogo perché avrebbe dovuto spiegare perché aveva affossato il Conte Bis prima della nascita e in secondo luogo perché i risultati elettorali di tutte le urne dopo il 4 marzo lo avevano dato in calo, con il pericoloso precedente della perdita di milioni di voti alle Europee. Ciò detto, secondo la tesi di Bechis Travaglio e alcuni parlamentari avrebbero convinto Grillo a scendere in campo con video, post sul blog e articoli sul Fatto Quotidiano per sponsorizzare Conte a discapito di Di Maio.

Al generale che comanda le truppe e che sta sul fronte (Di Maio, capo politico per due volte scelto dai militanti su Rousseau) si spara dunque alla schiena indebolendolo nel momento più delicato della trattativa. Una follia. Che culmina in un vero e proprio colpo di cannone. Sicuramente Travaglio, ma anche qualcuno di quei fronti interni sopra citati chiama Beppe Grillo e fa pressing perché intervenga a fermare il gioco al rialzo di Di Maio e consegni le redini della trattativa al premier Conte. Cosa che Grillo farà, prima in maniera un po’ confusa con un video e poi in modo più diretto con un intervento pubblicato non a caso sul Fatto quotidiano, dove prende in giro i 20 punti ribattezzandoli “della Standa” e dice stop a qualsiasi trattativa grillina sulle poltrone.

Il pezzo di Grillo sui punti della Standa è uscito sul Fatto il 2 settembre. Nell’editoriale di Bechis non manca di far bella figura anche l’eroico Di Battista, come al solito sacrificatosi per il bene del MoVimento 5 Stelle (ma chi sarà la fonte di Bechis, eh?):

Il colpo di cannone colpisce alla schiena il capo politico del M5s che fin lì aveva lavorato per tenere insieme con difficoltà lo stato maggiore del movimento. Perfino Alessandro Di Battista, il più scettico verso il varo di un governo rossogiallo. Di Maio lo aveva incontrato, gli aveva chiesto di non schierarsi pubblicamente contro questo tentativo e perfino la disponibilità ad entrare nel nuovo esecutivo proprio per rappresentare il segno carnale di un movimento che non abdicava alla propria identità e che pur costituendo un governo con il Pd ne avrebbe controllato ogni passo. Di Battista un po’ per amicizia, un po’ perché capiva le difficoltà di Di Maio, non si è messo contro e non ha detto no nemmeno alla seconda ipotesi. Però quando il giorno successivo Stefano Patuanelli lo ha chiamato per dirgli “Il Pd sostiene che se entri tu nella squadra, loro sono obbligati a inserirvi Maria Elena Boschi”, Di Battista ha scritto un sms a Di Maio per tirarsi fuori: “A questo prezzo francamente non posso”.

Grazie a questo gioco di squadra la trattativa per il governo ha visto il PD portare a casa i ministeri chiave. Bechis chiude indicando ancora il colpevole Travaglio:

Ora personalmente non ho particolare simpatia per Di Maio. E non gli ho più rivolto la parola da quando un mattino mi assalì per una vignetta di Osho che non gli era andata a genio. Oggettivamente però di questa mini disfatta non è responsabile. Nessun generale potrebbe vincere una battaglia se le sue truppe invece di avere fucili spianati verso il nemico, seminano trappole dove fare cadere chi le guida. Cari parlamentari e (in parte) militanti grillini, la prossima volta se come capo politico volete scegliervi Travaglio, fatelo su Rousseau senza barare, no?

E pensare che persino per Barbara Lezzi si tratta di fantapolitica

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