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Perché la quarantena dell’Italia per i paesi Extra UE potrebbe non servire a niente

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-07-01

Oggi, per esempio, un cittadino europeo che arriva da uno dei 15 paesi che rientrano nella lista potrebbe tornare nel suo paese e da lì passare le frontiere ed arrivare in Italia, aggirando così il sistema

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Mentre l’Unione Europea riapre le frontiere a 15 Paesi, Cina compresa (soggetta alla conferma della reciprocità) escludendo Usa, Russia e Brasile, l’Italia mantiene in vigore la quarantena per i cittadini provenienti dai Paesi extra Schengen. Ma la decisione potrebbe risultare inutile se non si ripristinano i controlli alle frontiere.

Perché la quarantena dell’Italia per i paesi Extra UE potrebbe non servire a niente

La decisione presa ieri a Bruxelles potrà essere rivista ogni due settimane in base all’andamento dell’epidemia, dettata dal timore di una nuova ondata di contagi, importati da quei Paesi dove il virus corre ancora velocemente. E vede l’Italia cauta: la quarantena prevista dagli arrivi extra Schengen resta in vigore, ha infatti fatto sapere il ministro della Salute, Roberto Speranza spiegando che “la situazione a livello globale resta molto complessa. Dobbiamo evitare che vengano vanificati i sacrifici degli italiani negli ultimi mesi”. Questa decisione avrà ripercussioni sul turismo, anche se non si prevedevano flussi importanti: nessuno arriverà in Italia nelle prossime settimane per passare una vacanza in quarantena. L’Ue ha dato il via libera ad una ristretta lista di paesi terzi. Includendo la Cina ma lasciando la porta chiusa agli Stati Uniti alla luce dei record dei contagi registrati nel Paese negli ultimi giorni. Non senza scatenare l’ira di Trump che ora potrebbe anche far scattare la rappresaglia, chiudendo le frontiere a stelle e strisce agli europei o agendo sui dazi. E con un problema di fondo a cui nessuno pare abbia pensato, segnala oggi Alberto D’Argenio su Repubblica:

Ecco perché la decisione è stata in bilico fino all’ultimo. Decisiva la Spagna, che ha ceduto alla pressione di Francia e Germania — spaventate dall’impasse — e ha votato in favore della lista. A quel punto non era più possibile costruire una minoranza di blocco capace di stopparla e l’Italia, all’ultimo minuto, ha sciolto la riserva e si è accodata alla maggioranza votando a  favore. Si sono astenute, ma vale come un “no”, Austria, Bulgaria, Polonia, Portogallo e Cipro.

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La riapertura delle frontiere per i paesi extra UE (La Repubblica, primo luglio 2020)

Invece  Belgio e Slovenia hanno messo a verbale che applicheranno misure più restrittive. Insomma, sette Paesi in tutto che come l’Italia probabilmente manterranno la quarantena. E non si esclude che la stessa scelta possa arrivare da altre capitali. Il che pone comunque un rischio per Schengen: come faranno i paesi più prudenti a imporre la quarantena agli extra-Ue che sono entrati in un altro punto dell’Unione senza ripristinare i controlli alle frontiere interne?

Per ora fuori, oltre a Usa, Russia e Brasile restano anche India e Israele. Nell’elenco degli ammessi figurano l ‘Algeria, l’Australia, il Canada, la Georgia, il Giappone, il Montenegro, il Marocco, la Nuova Zelanda, il Ruanda, la Serbia, la Corea del sud, la Tailandia, la Tunisia e l’Uruguay, Paesi che al momento non destano particolari preoccupazioni per quanto riguarda i livelli di contagio. Nella lista c’è anche la Cina ma a condizione della reciprocità, dunque che ammetta sul suo suolo i viaggiatori provenienti dall’Ue. E il Regno Unito, ancora considerato Europa. almeno fino alla fine del periodo di transizione sulla Brexit il 31 dicembre. Ma l’evidenza dice che oggi, per esempio, un cittadino europeo che arriva da uno dei 15 paesi che rientrano nella lista potrebbe tornare nel suo paese e da lì passare le frontiere ed arrivare in Italia, aggirando così il sistema.

La regola dei 14 giorni di quarantena

La regola dei 14 giorni di quarantena dovrà essere quindi trovare applicazione attraverso nuovi protocolli a cui dovrà lavorare la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese. Spiega Tommaso Ciriaco su Repubblica:

Resta comunque la difficoltà di garantire il rispetto delle regole, a partire dai quattordici giorni di quarantena. Ci lavora in queste ore il Viminale. Di certo, sarà obbligatorio indicare già nell’aeroporto di partenza extra Ue il domicilio in cui si intende fare la quarantena. Mentre nei casi estremi sarà invece la Protezione civile a individuare un luogo adatto. Vale per i lavoratori e anche per i turisti (un problema – quest’ultimo – soltanto teorico, perché difficilmente qualcuno deciderà di viaggiare in Italia dovendo “sprecare” le prime due settimane in isolamento). Il governo, comunque, resta convinto della necessità di una politica prudenziale, condivisa da diversi altri partner europei. Scavando dietro alla decisione, tra l’altro, si capisce che tutto nasce da un allarme, lanciato nei giorni scorsi da diversi amministratori locali.

E il problema è quello che le regioni fronteggiano per esempio con i cittadini del Bangladesh:

Alcune Regioni, in particolare, segnalano l’approdo sul territorio nazionale di cittadini positivi al Covid, provenienti da zone extra Ue (a cui era consentito l’accesso per comprovate esigenze già previste nel precedente decreto). Si tratta di malati che, dopo le prime analisi, sono risultati in alcuni casi portatori di una carica virale più alta della media attualmente riscontrata tra i positivi  restati in Italia nelle ultime settimane (forse a causa della tempistica diversa con cui si sta diffondendo l’epidemia nelle varie aree del pianeta).

L’alert è stato lanciato ad esempio dall’assessore alla Sanità della Regione Lazio e dal sindaco di Cesena Enzo Lattuca, per alcuni casi di cittadini provenienti dal Bangladesh. Anche grazie a queste segnalazioni Speranza ha deciso di intervenire. «Meglio la prudenza, meglio non sprecare tutti i sacrifici fatti fino ad oggi».

Leggi anche: Lo studio sugli asintomatici di Andrea Crisanti pubblicato su Nature

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