Lo studio sugli asintomatici di Andrea Crisanti pubblicato su Nature

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-06-30

Secondo lo studio non risultano differenze significative di carica virale tra sintomatici e asintomatici, suggerendo la potenziale contagiosità anche di chi contrae il virus con scarsi sintomi o nessuno. Questo risultato implica che, potenzialmente, anche le infezioni asintomatiche o paucisintomatiche potrebbero contribuire alla trasmissione di SARS-CoV-2

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È stato pubblicato su Nature lo studio “Suppression of a Sars-CoV-2 outbreak in the Italian municipality of Vo'” a firma di Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina Molecolare dell’Università di Padova e del laboratorio di Microbiologia e virologia dell’Azienda Ospedale/Università di Padova e la dott.ssa Ilaria Dorigatti, del Mrc Centre for Global Infectious Disease Analysis dell’Imperial College di Londra.

Lo studio sugli asintomatici di Andrea Crisanti pubblicato su Nature

Lo studio ha ispirato le azioni di sorveglianza implementate nella Regione Veneto e si è concentrato su uno dei primi focolai in Italia, comune di residenza anche del primo deceduto italiano. “La prima indagine, condotta all’inizio dell’isolamento della città – spiega il professor Crisanti – rivela una prevalenza di infezione del 2,6% (intervallo di confidenza del 95% (CI) 2,1-3,3%). La seconda indagine, eseguita alla fine del blocco, evidenza una prevalenza dell’1,2% (95% CI 0,8-1,8%). In particolare, il 42,5% (95% CI 31,5-54,6%) delle infezioni confermate da Sars-CoV-2 ed identificate nelle due indagini sono asintomatiche, ovvero non presentano sintomi al momento del test con tampone, né li hanno sviluppati in seguito. L’intervallo seriale medio è di 7,2 giorni (95% CI 5,9-9,6). Particolarmente interessante è ciò che emerge dallo studio sull’infezione da Covid-19 nei bambini. I bambini sembrano ammalarsi di meno e con pochi sintomi, dimostrando una certa resistenza al virus. A Vo’ su un campione di 234 bambini da 1 a 10 anni nessuno è risultato positivo al tampone, anche se spesso hanno convissuto con genitori infetti”.

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Il lavoro, spiegano gli autori, “fa luce sulla frequenza dell’infezione asintomatica da Sars-CoV-2” e sulla “relativa infettività (misurata dalla carica virale), e fornisce nuovi spunti sulla sua dinamica di trasmissione e sull’efficacia delle misure di controllo messe in atto nel cluster di Vo’: il monitoraggio dell’infezione con tamponi esteso a tutta la popolazione, l’isolamento domiciliare per i positivi (inclusi asintomatici o paucisintomatici), il distanziamento sociale e l’uso di dispositivi di protezione individuale – è la conclusione – sono risultati altamente efficaci nel sopprimere la trasmissione di Sars-CoV-2”. Secondo lo studio non risultano differenze significative di carica virale tra sintomatici e asintomatici, suggerendo la potenziale contagiosità anche di chi contrae il virus con scarsi sintomi o nessuno.

Coronavirus: gli asintomatici infettano come i sintomatici

Questo risultato implica che, potenzialmente, anche le infezioni asintomatiche o paucisintomatiche potrebbero contribuire alla trasmissione di SARS-CoV-2. “Il dato sugli asintomatici è il risultato chiave dello studio – dice il prof Enrico Lavezzo, docente del Dipartimento di medicina Molecolare dell’Università di Padova – Facendo una fotografia della popolazione di Vo’ abbiamo osservato che circa la metà delle persone positive al tampone erano asintomatiche al momento del test, mentre una parte di esse avrebbe sviluppato i sintomi nei giorni successivi. Questo ci dice che se abbiamo un certo numero di persone sintomatiche che troviamo positive in un determinato momento, ce ne dobbiamo aspettare altrettante asintomatiche, piu’ difficili da individuare e isolare. E dato che la carica virale è comparabile nei due gruppi, è evidente come anche gli asintomatici possano contribuire alle catene di trasmissione, come abbiamo anche appreso da alcuni racconti di cittadini di Vo'”.

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Coronavirus: i contagi invisibili

Il 21 febbraio 2020 – ricostruiscono i ricercatori – un residente del comune di Vo’, una piccola cittadina di circa 3.200 abitanti in provincia di Padova, muore di polmonite a causa di un’infezione da Sars-CoV-2. Si tratta del primo decesso di Covid-19 registrato in Italia dopo la comparsa del nuovo coronavirus nella megalopoli cinese di Wuhan, nella provincia di Hubei. Le autorità regionali impongono prontamente l’isolamento dell’intero comune per 14 giorni. Informazioni sulla demografia, la presentazione clinica, il ricovero ospedaliero, la rete di contatti e la presenza dell’infezione vengono raccolte effettuando tamponi nasofaringei sull’85,9% e sul 71,5% della popolazione di Vo’ in due punti temporali consecutivi. “La prima indagine, condotta all’inizio dell’isolamento della città – spiega Crisanti – rivela una prevalenza di infezione del 2,6% (intervallo di confidenza-Ci del 95%, 2,1-3,3%). La seconda indagine, eseguita alla fine del blocco, evidenza una prevalenza dell’1,2% (95% Ci, 0,8-1,8%). In particolare, il 42,5% (95% Ci, 31,5-54,6%) delle infezioni confermate da Sars-CoV-2 e identificate nelle due indagini sono asintomatiche, ovvero non presentano sintomi al momento del test con tampone, né li hanno sviluppati in seguito.

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