Quali sono le cure per il Coronavirus?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-02-13

Una cura contro il coronavirus non c’è ancora, si stanno invece sperimentando diversi farmaci antivirali ma l’efficacia di queste terapie è ancora tutta da valutare. Diverso invece il caso di chi propone di utilizzare rimedi “alterantivi” come aglio, olio e omeopatia (o sterco di vacca)

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Il sintomo principale dell’infodemia di coronavirus è la diffusione incontrollata di notizie circa l’esistenza di un vaccino “quasi pronto” oppure alle cure per combattere l’infezione da COVID-19. La realtà dei fatti, pura e semplice, è che un vaccino è ancora di là da venire e non è affatto detto che possa arrivare a breve. Per quanto riguarda le cure non esistono al momento terapie specifiche. Ciò che si fa è curare i sintomi della malattia (terapia di supporto) in modo da favorire la guarigione dei pazienti.

Quali farmaci si stanno usando contro COVID-19 e perché

Le linee guida dell’OMS consigliano in questo senso di ricorrere all’ossigeno-terapia, alla somministrazione di fluidi e l’uso empirico di antibiotici per trattare eventuali co-infezioni batteriche. Di pari passo si sta naturalmente cercando di capire quale cura o quale terapia sperimentale possa essere maggiormente efficace. Ad esempio allo Spallanzani, dove sono ricoverati i due turisti cinesi risultati positivi al test molecolare sul coronavirus, i pazienti vengono curati con due farmaci antivirali: il lopinavir/ritonavir e il remdesivir. Come spiegava il sito di Federfarma si tratta di due farmaci indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come i più promettenti sulla base dei dati disponibili. Il lopinavir/ritonavir è un antivirale comunemente utilizzato per la infezione da HIV che mostra attività antivirale anche sui coronavirus mentre il remdesivir è un antivirale già utilizzato per la Malattia da Virus Ebola, ed è potenzialmente attivo contro l’infezione da nuovo coronavirus.

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Altri farmaci che potrebbero essere utilizzati per combattere l’infezione da COVID-19 sono – scrive l’Istituto Superiore di Sanità –  la clorochina, un farmaco antimalarico è in uso da oltre 70 anni, che recentemente la Commissione Sanitaria Nazionale Cinese lo ha indicato tra quelli che hanno un’attività in vitro contro il nuovo coronavirus su cui proseguiranno i test. Tra i primi studi a verificarne l’attività antiretrovirale, nella fattispecie contro l’Hiv, uno è stato eseguito da ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità coordinati dal dott. Andrea Savarino. Altri due farmaci che hanno già mostrato un’attività contro il virus in test in vitro (quindi al momento non sugli esseri umani) sono l’umifenovir e il darunavir: il primo è un antinfluenzale, mentre il secondo è un farmaco anti Hiv già in uso da diversi anni. Per quanto riguarda Darunavir, remdesivir e clorochina si tratta di tre farmaci che fanno parte della cosiddetta “cura cinese” contro il Coronavirus (essendo stati sperimentati dall’Università di Zhejiang).

Esiste un farmaco che cura l’infezione da coronavirus COVID-19?

E proprio le autorità sanitarie cinesi hanno annunciato che i pazienti guariti e dimessi dagli ospedali cinesi dopo avere contratto l’infezione da nuovo coronavirus sono saliti a 5.911, secondo il dato – aggiornato alla serata di ieri, 12 febbraio – diffuso oggi dalla National Health Commission (Nhc). Ogni giorno dal 7 febbraio sono usciti dalle strutture sanitarie, dopo essersi ripresi da COVID-19, circa 500 malati, ha sottolineato Guo Yanhong, funzionaria Nhc. Un’analisi preliminare condotta su 597 pazienti, dimessi dopo un ricovero medio di una decina di giorni – ha riferito – ha permesso di rilevare che circa il 90% dei guariti presentava sintomi lievi, mentre il 10% era in condizioni gravi o critiche. «Anche i pazienti gravi e in condizioni critiche possono essere curati e dimessi dall’ospedale dopo un attento trattamento», ha rassicurato Guo. «L’aumento del numero di pazienti infettati dal nuovo coronavirus e guariti è un segnale positivo», ha evidenziato, perché indica che «gli attuali trattamenti stanno ottenendo risultati».  È importante notare che la maggior parte dei pazienti guariti, secondo le autorità cinesi, presentava sintomi lievi.

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Il totale dei pazienti guariti (in verde) rispetto a quelli infetti (in arancione) Fonte: John Hopkins University

Stando a quanto riferisce Bloomberg in Cina dal 23 gennaio sono in corso 77 trial clinici per trovare una cura a COVID-19. Le varie sperimentazioni attualmente in corso comprendono studi sull’efficacia del remdesivir (prodotto dalla Gilead) sulla Kaletra (un farmaco sperimentale anti HIV di AbbVie Inc) ma anche su rimedi tradizionali fitoterapici cinesi. Insomma non si vuole lasciare nulla di intentato ma al momento è decisamente presto per dire che un farmaco sta davvero funzionando. Anche perché per quanto riguarda i trial sul remdesivir riguardano 761 pazienti (solo al 66% dei quali verrà somministrato il farmaco) mentre non è chiaro quanti pazienti accederanno alle terapie sperimentali con Kaletra. Per il momento una delle conseguenze visibili di questa corsa alla cura è l’aumento dei prezzi delle azioni delle case farmaceutiche coinvolte nella produzione delle medicine utilizzate nei trial clinici.

Aglio, olio e sterco di vacca: le false cure per COVID-19

Si torna così all’infodemia, ovvero all’epidemia di informazioni, spesso false, incorrette o fuorvianti, riguardo l’epidemia di Coronavirus. Come è immaginabile circolano numerose fake news riguardo cure più o meno miracolose. I principali social network hanno attivato dei meccanismi per fare in modo che gli utenti vengano indirizzati verso fonti di informazione affidabili. Ad esempio il Ministero della Salute ha attivato un accordo con Twitter per far comparire come primo risultato delle ricerche sul coronavirus un messaggio che invita a consultare il profilo Twitter ufficiale del Ministero.

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha una pagina dove risponde ad alcune delle principali bufale di pseudomedicina a proposito di COVID-19. Ad esempio si spiega che gli asciugamani elettrici non hanno alcuna efficacia nell’uccidere il coronavirus né tanto meno dovrebbero essere usate le lampade a raggi UV. Se da un lato è vero che soluzioni a base alcolica sono in grado di disinfettare le superfici e uccidere il virus non è altrettanto vero che fare lo stesso sul proprio corpo possa portare qualche vantaggio dal punto di vista medico. Altri rimedi “casalinghi” che non funzionano sono: utilizzare il collutorio, utilizzare prodotti a base di aglio, ungersi con olio di sesamo o effettuare frequenti lavaggi con spray nasali a base di acqua di mare.

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Dal momento che il coronavirus è un virus, ricorrere agli antibiotici, specialmente quando “autoprescritti”, è inutile per trattare COVID-19. Diverso invece è se gli antibiotici vengono utilizzati per curare eventuali infezioni batteriche secondarie. Si potrebbe pensare che queste informazioni sbagliate vengano diffuse da utenti poco accorti. Ma non è vero. Secondo uno dei leader del partito nazionalista cui appartiene il premier indiano Narendra Modi per curare l’infezione del nuovo coronavirus si può ricorrere ad un rimedio molto semplice: lo sterco di vacca.

Può sembrare l’apice dell’assurdità ma qualche tempo fa una nota del governo indiano ha consigliato ai cittadini di prevenire l’infezione da coronavirus facendo ricorso all’omeopatia, a pratiche ayurvediche e unani come l’utilizzo di granuli di Arsenicum Album oppure preparati a base di erbe da assumere sia come profilassi per evitare il contagio sia in caso di febbre o altri sintomi.

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