La Crusca boccia Meloni in italiano: “Il Presidente è un ritorno al passato”

di Asia Buconi

Pubblicato il 2022-11-02

A tornare sul dibattito maschile/femminile in riferimento a Meloni è stata l’Accademia della Crusca attraverso il presidente Claudio Marazzini

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A tornare sul discussissimo dibattito maschile/femminile in riferimento alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata ieri l’Accademia della Crusca attraverso il presidente Claudio Marazzini, che si è espresso sulla questione in un’intervista per il Corriere della Sera. Secondo Marazzini “non c’è dubbio che l’articolo migliore per chiamare Giorgia Meloni sia il femminile”, ribadendo così la correttezza della forma “la Presidente”.

Il linguista ha spiegato: “L’Accademia della Crusca ha sempre usato il femminile, e questo vale per qualsiasi tipo di presidente nel caso sia donna. La scelta del maschile è un ritorno al passato perché risponde a un’ideologia conservatrice. Detto questo non è scientificamente dimostrabile che ogni ritorno al passato sia di per sé qualcosa di negativo. Inoltre mi chiedo come mai coloro che hanno sostenuto con più forza la battaglia della declinazione al femminile non abbiano mai saputo esprimere una Presidente del Consiglio donna”.

Il presidente dell’Accademia della Crusca Marazzini: “Femminile porta più coerenza nel sistema lunguistico. La scelta di Meloni è ideologica”

Dal punto di vista grammaticale, Marazzini ha spiegato che “il femminile offre una soluzione che porta coerenza nel sistema linguistico” anche se “per secoli il maschile non marcato (che non è affatto un neutro ma che vale per maschile e femminile) ha funzionato benissimo”. Non è una questione di “grammatica elementare” quella della scelta tra maschile o femminile, ma “ideologica”. Secondo il presidente dell’Accademia della Crusca, dietro la preferenza di Meloni c’è infatti “l’ideologia di un atteggiamento ‘conservatore'” dato che “il ‘maschile non marcato’ è sicuramente più antico delle rivendicazioni del linguaggio di genere”.

Tentando di spiegare cosa vi sia all’origine della volontà di essere chiamata al maschile di Giorgia Meloni (e di chi ne sotiene la scelta), Marazzini ha detto: “La conservazione di un uso linguistico del passato può essere dettata dal desiderio di prendere le distanze dai movimenti femministi, o può essere legata ad abitudini generazionali, se si ha una certa età. Non si rischia un ritorno indietro di decenni? Senza dubbio l’atteggiamento che abbiamo definito ‘conservatore’ cerca di collegarsi al passato e rifiuta le novità in cui non crede”.

Interrogato poi su quale debba essere il modo in cui i parlamentari e i giornalisti dovrebbero rivolgersi a Meloni, Marazzini ha concluso: “A mio giudizio, ognuno di loro dovrebbe usare la forma che ritiene più vicina alla propria scelta ideologica. Quindi ci sarà chi userà il femminile, chi il maschile. Mi sembra molto semplice. Quanto ai giornalisti, credo sia possibile che il direttore di un giornale imponga la scelta, perché ogni giornale ha in genere una propria linea politica ben definita. Naturalmente, se il giornale ospita un’intervista, con il virgolettato, dovrà rispettare la scelta linguistica dell’intervistato”.

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