Provenzano e la rivolta sociale al Sud da fermare con il reddito di cittadinanza

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-28

Il ministro del Sud chiede di estendere il reddito di cittadinanza per fermare la possibile rivolta sociale nel Mezzogiorno e immagina una patrimoniale per mettere a posto i conti

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Il ministro del Sud Giuseppe Provenzano rilascia un’intervista a Repubblica in cui chiede di estendere il reddito di cittadinanza per fermare la possibile rivolta sociale nel Mezzogiorno e immagina una patrimoniale per mettere a posto i conti:

«Con il Cura Italia abbiamo fatto molto, in pochi giorni la manovra di un anno. Ma ora dobbiamo mettere i soldi nelle tasche degli italiani a cui fin qui non siamo arrivati. Questa è la priorità del decreto di aprile. Così come va assicurata liquidità al sistema delle imprese per tenerlo in vita, bisogna tenere in vita la società. Liquidità anche per le famiglie, per chi ha perso il lavoro e non ha tutele».

Altrimenti cosa può succedere?
«In gioco c’è l’ossatura della democrazia. La polveriera sociale rimanda a una grande questione democratica. Viviamo giorni in cui per stato di necessità molte libertà sono compresse. Per ritrovarle dopo, dobbiamo affrontare le disuguaglianze anche nel momento dell’emergenza. Siamo entrati in questa crisi essendo già il Paese più diseguale d’Europa».

Pensa all’estensione del reddito di cittadinanza?
«Volevamo migliorarlo già prima del coronavirus, adesso diventa indispensabile. Rivedendo i vincoli patrimoniali, chi ha una casa familiare o dei risparmi in banca che non vuole intaccare oggi non può accedervi. Rafforzando il sostegno alle famiglie numerose. Rendendolo compatibile con il lavoro, per integrare il reddito se necessario. All’economia di sopravvivenza che non è solo al Sud, ma coinvolge anche autonomi, partite Iva proletarizzate, piccoli professionisti, occorre offrire una garanzia nella legalità».

provenzano reddito di cittadinanza

Di che cifra stiamo parlando?
«Per chi ha perso il lavoro dev’essere una cifra equa rispetto alla cassa integrazione: 1000-1100 euro al mese. In tutti gli altri casi dev’essere un compenso che garantisca la dignità. Bisogna creare lavoro buono con gli investimenti. Ma in attesa che questo avvenga la società va accompagnata. Nell’emergenza, servono misure universali e immediate di
sostegno al reddito».

Di quanti miliardi parliamo?
«Non do numeri, ne parleremo nel governo, coi ministri competenti. Ma le risorse vanno trovate». Che sta succedendo nel Mezzogiorno? «Ricevo migliaia di lettere di persone disperate. Alcune sono strazianti come quelle di chi vive la tragedia sanitaria. Vanno stigmatizzati gli assalti ai supermercati, ma bisogna anche dire che molti allo stremo si rivolgono proprio alle forze dell’ordine, ai sindaci, alle istituzioni insomma. Ora conta superare l’emergenza sanitaria, sconfiggere l’epidemia. Per questo bisogna stare a casa. Ma chi è a casa deve poter mangiare».

Ecco le risorse: la patrimoniale.
«Ripeto, la parola d’ordine è: progressività. Quando sono nato io, nel 1982, l’aliquota più bassa era al 18 per cento e la più alta al 65. Oggi quella forbice si è ridotta e ha messo in ginocchio il ceto medio. Le formule per realizzare un fisco davvero progressivo possono essere inedite, ma l’obiettivo dev’essere chiaro: salvare il ceto medio. Sennò la polveriera esplode».

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