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I porti chiusi umanitari di Paola Taverna

Giovanni Drogo 13/09/2019

Ieri la senatrice M5S Paola Taverna era tutta pervasa da questo nuovo umanesimo che ha preso a spirare nella maggioranza. Infatti ha ribadito che i porti italiani “rimangono chiusi”, esattamente come quando c’erano Salvini e Toninelli. Con un doveroso distinguo: ora ci saranno tutte le garanzie umanitarie del caso. Deve essere per questo che gli 82 della Ocean Viking non sono ancora sbarcati. Li si vuole difendere da un Paese che si riempie troppo la bocca di umanità

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«I porti italiani rimarranno chiusi ma con tutte le garanzie umanitarie!». La vicepresidente del Senato Paola Taverna ha le idee molto chiare su come dovranno essere gestiti d’ora in poi gli sbarchi dei migranti tratti in salvo dalle ONG. Perché come sappiamo è solo per coloro che vengono salvati dalle organizzazioni non governative che l’Italia chiude i porti. Nei confronti di quelli che arrivano con gli sbarchi fantasma il Governo, precedente e presente, non sembra poi così interessato a prendere provvedimenti.

Ma quali sono le garanzie umanitarie dei porti chiusi?

C’è però un problema che la senatrice Taverna, che ha votato per i due Decreti sicurezza e quindi dovrebbe saperlo, non comprende. I porti italiani sono aperti. Lo sono perché di fatto è impossibile chiuderli. Quello che è successo in questi mesi in cui il suo partito ha sostenuto il governo con Salvini (votando pure per l’immunità al ministro sul caso Diciotti) è che il titolare del Viminale e il collega Toninelli si limitavano a non indicare il place of safety per consentire lo sbarco. Poi, dopo l’approvazione del Decreto Sicurezza bis Salvini emanava divieti specifici per impedire a specifiche imbarcazioni di avvicinarsi alle acque territoriali italiane. Un provvedimento tipicamente umanitario che di solito si riserva alle navi da guerra di una nazione ostile.

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Ma la Taverna si spinge ancora più un là e ci fa sapere che i porti italiani «rimarranno chiusi finché non diventeranno PORTI EUROPEI, cioè finché in Europa non si troverà un accordo definitivo – e speriamo avvenga entro fine mese – sulle regole di accoglienza». Ovviamente questo non significa che diventeranno porti europei, perché come sa benissimo la senatrice la gestione dei confini esterni dell’Unione e dei flussi migratori sono materie di esclusiva competenza nazionale. Gli accordi europei, quando arriveranno, potranno solo tamponare un problema che è molto più grande e che richiede una revisione dei trattati. Nel frattempo però, ci fa sapere, chi avesse la disgrazia di trovarsi in mezzo al mare, troverà i porti chiusi.  Ma è sbagliato: dopo lo sbarco si può ragionare sul ricollocamento, ma continuare a dire che i porti sono chiusi è sbagliato. E decisamente poco “umanitario”. Quindi scrivere che “rimarranno chiusi” è una balla. Quando la Taverna parla di “garanzie umanitarie” sembra fare il verso a vari Salvini e Toninelli quando dicevano che donne e bambini sarebbero potuti sempre sbarcare, ma gli altri no.

Quello che Paola Taverna non dice sui porti chiusi

Continua la senatrice pentastellata: «il Paese di approdo non sarà più quello del porto sicuro di prima accoglienza ma la nazione dove i migranti verranno ricollocati, tassativamente entro un mese dallo scalo iniziale, e secondo quote predefinite». Quello che la Taverna sta dicendo, giocando un po’ con le parole approdo, scalo, porto sicuro è che con i nuovi accordi non si considererà il paese dove sbarcano i migranti (per forza di cose l’Italia ma anche Grecia e Spagna) quello dove dovranno essere processate le richieste. Sarà invece il paese dove, dopo essere sbarcati e quindi approdati, i migranti saranno ricollocati. Il che, per inciso, è in contrasto con l’attuale Regolamento di Dublino.

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Non sfuggirà che fare tutti questi bei giochi di parole mentre in mezzo al mare ci sono 82 persone (tra loro una donna incinta e un bambino di un anno) non è un bel segno di discontinuità. Certo, la senatrice del M5S si augura che «la nave Ocean Viking sia l’ultimo caso che l’Europa si trovi a gestire in maniera emergenziale e volontaristica, con lunghe ed estenuanti trattative per la ricollocazione dei migranti». Le lunghe ed estenuanti trattative sono quelle che ha condotto il governo sostenuto dal M5S negli ultimi 15 mesi. E che sta conducendo in questi giorni. E non lasciatevi ingannare: sono estenuanti per chi sta a bordo delle navi non per chi fa politica sulla pelle dei migranti. Anche perché il ricollocamento e la redistribuzione dei richiedenti asilo su base volontaria esiste già almeno dal 2015 quando l’Unione Europea diede il via al piano per il ricollocamento dei richiedenti asilo. Dal 2015 a maggio 2019 l’Italia ha ricevuto dalla UE 950.8 milioni di euro di aiuti (515.9 milioni dal Asylum, Migration and Integration Fund) per affrontare l’emergenza.

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Quello che serve, ma non arriverà certo entro fine mese, è un sistema su quote obbligatorie. Sappiamo già chi si oppone: i paesi del Gruppo di Visegrad, grandi amici ed alleati di Matteo Salvini. È importante anche capire di quali e quante persone stiamo parlando. Stiamo parlando di chi presenta la richiesta di asilo. A giugno 2019 in Italia sono state presentate 2.764 richieste. In tutta l’Unione Europea invece le domande sono state 49.700. Ma l’importante è che i porti rimangano chiusi, con umanità. Speriamo che Paola Taverna ci spieghi cosa significa, perché al momento sembra una chiusura abbastanza disumana.

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