Ocean Viking: il nuovo umanesimo non è lasciare 82 persone a bagnomaria finché l’Europa non decide dove metterle

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-09-12

Eccola arrivata la discontinuità: sugli 82 migranti a bordo della Ocean Viking il Governo Conte gioca la sua partita nel punto esatto dove l’aveva lasciata Salvini. I migranti sbarcheranno solo se gli stati europei si faranno avanti per accoglierli. Nel frattempo dall’inizio di questa nuova “crisi” ne sono sbarcati già 169, senza dover aspettare Bruxelles

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L’8 settembre scorso la nave Ocean Viking ha tratto in salvo 50 persone al largo delle coste della Libia. La nave operata da SOS Mediterranee e Medici Senza Frontiere è in attesa che venga assegnato un porto sicuro per sbarcare le 84 persone (il giorno successivo vennero imbarcati i 34 migranti provenienti dalla Josefa) che si trovano a bordo. Ieri una donna incinta al nono mese e suo marito sono stati trasferiti a Malta, una misura precauzionale per potenziali complicanze che potrebbero insorgere durante un parto a bordo.

La Ocean Viking è ancora in attesa di un porto sicuro

A bordo rimangono 82 persone, tra cui 18 minori (uno è un bambino di un anno) e una donna incinta. Malta, scrive il giornalista Sergio Scandura su Twitter, ha detto di no alla richiesta di sbarco. L’Italia invece, che da qualche giorno ha inaugurato la stagione gloriosa del nuovo umanesimo del Conte bis, prende tempo. Per far sbarcare i migranti a bordo della Ocean Viking il governo vuole prima chiudere la trattativa con l’Unione Europea. Perché anche se Salvini non è più ministro dell’Interno la stagione delle trattative sulla pelle dei migranti non sembra essersi conclusa.

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Magari al Viminale non c’è più un ministro che twitta di chiudere i porti. Ma la sostanza non è cambiata. Basta prendere ad esempio il comunicato di Palazzo Chigi dopo il vertice sui migranti convocato da Conte. Alla riunione hanno partecipato Luigi Di Maio e Dario Franceschini e i tre ministri competenti: Luciana Lamorgese (Interni), Lorenzo Guerini (Difesa) e Paola De Micheli (Infrastrutture). La nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri è questa: «quanto alla vicenda della Ocean Viking si è registrata una forte adesione europea al meccanismo di redistribuzione già attivato nelle scorse ore dall’Italia. Risulta già un’adesione di diversi Stati membri che consentirà un’adeguata e sollecita soluzione».

La strategia attendista del Conte bis

Da parte sua la Commissione, che ha ricevuto ieri la richiesta di coordinare la ripartizione dei migranti, fa sapere che c’è già un numero di Paesi si sono impegnati ad accogliere le persone, una volta che saranno sbarcate dalla nave di nave di Sos Mediterranee e Medici senza frontiere. Esattamente lo stesso copione di quando al Ministero c’era Salvini che chiudeva i porti e teneva a mollo migranti o la Guardia Costiera per avere qualcosa con cui trattare con l’Unione Europea.

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È evidente che il Governo italiano non ha alcuna intenzione di muoversi prima di avere la certezza che il patto sul «Temporary predictive riallocation program» che dovrebbe essere sottoscritto il 23 settembre prossimo tra  Italia, Malta, Germania e Francia diventi operativo. Che non significa che Conte vuole aspettare il 23 settembre per far sbarcare i migranti ma che evidentemente ci sono ancora alcune manovre diplomatiche da fare e dettagli che devono essere messi a punto. Intanto però l’Italia fa sapere che fino a che la UE non avrà concluso la procedura per la redistribuzione non ci sarà alcuno sbarco. La differenza col passato è che la cosa viene raccontata in maniera positiva, non appena verrà ultimata la procedura allora verranno fatti sbarcare. Ma la sostanza non cambia. E non cambiano nemmeno i problemi sul tappeto, uno su tutti il regolamento di Dublino che prevede che prima di poter redistribuire i migranti (su base volontaria) questi debbano essere fatti sbarcare e identificate. Ed infatti anche ora la condizione per la redistribuzione è lo sbarco, in Italia.

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E allora perché non farli sbarcare subito. Non ci si fida dei partner europei? Da una situazione del genere non se ne esce in tempi brevi e quindi ben venga l’accordo se questo è l’unico modo per far sbarcare quei poveracci. Ma non è questo il nuovo umanesimo che molti si aspettavano. Nessuno vuole “l’invasione di migranti” (perché non esiste) e sappiamo che i tempi per una modifica del regolamento di Dublino sono necessariamente lunghi (anche perché la nuova Commissione si deve ancora insediare). Al tempo stesso non possiamo certo pensare che questa sia la soluzione ottimale per i nuovi casi che si presenteranno nei prossimi giorni o mesi. Al solito ricordiamo che ieri – dati ufficiali del Ministero – sono sbarcate in Italia 58 persone, il 9 settembre 66, il giorno prima 45. Come mai invece per quelli a bordo di una nave di una ONG si continua con questo ridicolo e crudele palleggio? È questa la discontinuità che tutti aspettavano? Anche se il Ministero non ha emanato uno specifico divieto di avvicinamento, cosa succederebbe se la nave facesse rotta su Lampedusa? Non c’è alcun bisogno di arrivare ad un nuovo “scontro”, si facciano sbarcare i migranti e si inizi a lavorare, seriamente, su una riforma del regolamento di Dublino.

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