Il crollo del ponte Morandi e il complotto della demolizione controllata

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-08-16

Dopo la tragedia di Genova poteva mancare il false flag e il complotto della massoneria? Ovviamente no. E per gradire abbiamo anche Manlio Di Stefano che denuncia “l’intreccio di potere che ha permesso tutto questo”, vale a dire la partecipazione azionaria della famiglia Benettoni in alcuni gruppi editoriali

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Non ci è voluto poi molto, agli ingegneri laureati di fresco all’Università della Strada, per scoprire cosa è davvero accaduto a Genova. Mentre i Vigili del Fuoco stanno ancora scavando tra le macerie alla ricerca dei dispersi ed è salito a 39 il numero delle vittime accertate del crollo del viadotto della A10 sul Polcevera c’è chi si dedica all’ignobile arte del complotto e della dietrologia spiccia. C’è chi non ha atteso nemmeno che si posasse la polvere. Altri invece hanno scelto un approccio più meditato, basato su calcoli numerici totalmente arbitrari, coincidenze sospette e vecchie teorie del complotto riciclate per l’occasione.

Ponte Morandi e la bufala della demolizione controllata con l’esplosivo rubato

La realtà del resto è notoriamente molto semplice. Ogni evento è riconducibile, per analogia, ad un altro. Ecco così che il crollo del Ponte Morandi è subito messo in connessione con l’incidente sulla A 14 a Bologna causato dall’esplosione di un camion cisterna che ha provocato il cedimento di una porzione di viadotto. La tesi, tutta da dimostrare ma non è un grosso problema in questi casi, è che la regia sia una sola.

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Tutto parte dalla notizia della scomparsa di 300 kg di esplosivo a Grado (Friuli Venezia Giulia) il 4 agosto. Il materiale in realtà è poi stato ritrovato il 10 agosto ma questa notizia evidentemente deve essere stata considerata poco interessante.

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C’è infatti chi ritiene che l’esplosivo sia stato utilizzato prima a Bologna e poi a Genova. Siccome i calcoli ingegneristici sono estremamente semplici in questi casi i nostri esperti ritengono ne siano stati usati solo 200 kg in tutto. Ne restano altri cento misteriosamente “pronti all’uso”.

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Sono diversi gli esperti di complotti che hanno denunciato che il crollo è dovuto ad una “demolizione controllata”, un termine che evoca gli scenari della grande cospirazione dell’11 settembre. Secondo alcuni truthers infatti il World Trade Center non è collassato a causa dell’impatto con i due aerei pilotati dai jihadisti ma in virtù di cariche esplosive sapientemente piazzate sulla struttura.

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In poche parole è l’ennesimo (precisamente il numero 1.790.274.780) false flag scoperto da quando esiste Internet. Un noto esperto ligure spiega che è in atto uno scontro tra “due logge mondialiste” e che la Liguria si configura come “spartiacque per le forze antagoniste al potere”. Insomma i poteri occulti hanno deciso che il ponte doveva crollare. E così è stato.

Sono stati i massoni!

C’è pure un video che “spiega” come il disastro di Genova non sia stato causato da un eventuale cedimento strutturale ma da cariche esplosive piazzate nei giorni precedenti. Lo dicono alcuni non meglio precisati testimoni che per ovvi motivi preferiscono rimanere anonimi.

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Quando la realtà supera la fantasia

Ma chi è stato a far crollare il ponte? Tutti gli esperti, che si spera si recheranno prontamente in Procura a sporgere denuncia, sono concordi. La responsabilità è della Massoneria. Lo dicono i numeri, la cabala e il simbolismo.

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Del resto molti si sono accorti come i piloni del viadotto formassero in maniera inequivocabile un compasso massonico.

La firma quindi è evidente a tutti coloro che “sanno leggere” i pixel e le informazioni che riescono a trapelare.

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C’è però ancora poca chiarezza sul metodo usato. Armi ad energia diretta, esplosivo oppure microonde? Un utente ritiene siano state utilizzate tutte e tre (non è chiaro in quale sequenza).

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In fondo «sappiamo come nei primi 900 già Tesla faceva tremare interi ponti con la tecnica della risonanza… figuriamoci oggi con armi come h.a.a.r.p. ed affini» scrivono su Facebook. Ma una volta identificate le cause manca ancora da scoprire il movente. Eccolo:

La famiglia benetton è da anni in grave crisi finanziaria… la famiglia benetton è principale azionista della società ATLANTIA … che detiene il 100% del capitale sociale de “AUTOSTRADE PER L’ITALIA S.P.A.” che è la responsabile del ponte in questione…

Ora 3 maggio 2018 la società autostrade avvisa che l’appalto per la ricostruzione del ponte … che ammonta a 20.159.000 € è in scadenza l’11 giugno 2018

In buona sostanza la società Atlantia, che da giorni sta sprofondando in borsa bruciando miliardi di capitalizzazione, avrebbe inscenato “l’incidente” per risparmiare 20 milioni di euro.

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Non c’è da stare allegri: si è aperta una fase “incredibile” che porterà “kaos”.

Il sottosegretario che ha scoperto il complotto dei poteri forti e dei giornaloni

Ma non ci sono solo anonimi e sconosciuti indagatori dell’incubo sulle tracce dei mandati. Anche il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano (M5S) non rinuncia a fornire una spiegazione per l’accaduto. Nel difendere la decisione del governo Conte di revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia prima ancora che la Magistratura abbia accertato la dinamica dei fatti Di Stefano spiega su Facebook come sia «bastato scavare un po’ per capire alcune dinamiche perverse». Quali? Quelle che dalla privatizzazione delle tratte autostradali in un’eterna ghirlanda brillante hanno portato al crollo.

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Di Stefano rivela infatti che «la holding di famiglia Benetton ha quote di alcuni dei principali gruppi editoriali italiani, Edizione srl controllata dai Benetton detiene infatti il 5,1% di Rcs MediaGroup (Corriere della Sera), il 2,24% di Caltagirone Editore (il Messaggero, il Gazzettino, il Mattino, Leggo) e il 2,00% di Il Sole 24 Ore SpA». Cosa c’entra la partecipazione azionaria di Edizione Srl in alcuni gruppi editoriali con il crollo del viadotto? Nulla. Anzi, un bel nulla di niente. Che Benetton attraverso Atlantia controlli Autostrade per l’Italia è un fatto noto, e nessun giornale lo ha mai taciuto. Non si comprende quindi il nesso tra il Corriere della Sera e il crollo del viadotto Polcevera. A meno che non si voglia pensare che i Benetton abbiano usato le loro quote azionarie per condizionare il lavoro giornalistico di quelle testate. Ma per poterlo dire servirebbero delle prove, e le cifre dell’azionariato non lo sono. Non deve però sorprendere che il MoVimento 5 Stelle attacchi i giornali, lo ha sempre fatto.

Leggi sull’argomento: Il vero problema delle autostrade italiane (che il governo dovrebbe risolvere invece di fare propaganda)

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