Perché Zingaretti ha fatto il tampone “senza sintomi”

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-08

Da presidente della Regione Lazio, da settimane segue da vicino la situazione sanitaria e – come spiegano i suoi collaboratori – «da un mese va ogni mattina allo Spallanzani», centro di eccellenza romano per le malattie infettive, e luogo di ricovero dei primi ammalati di Coronavirus

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Quando è uscita la notizia della positività di Nicola Zingaretti al Coronavirus SARS-COV-2 e a COVID-19 in molti si sono chiesti, e lo hanno rumorosamente chiesto allo stesso segretario PD nei commenti al video in cui la annunciava perché si fosse sottoposto al test del tampone senza sintomi.

Perché Zingaretti ha fatto il tampone senza sintomi

La risposta la fornisce oggi Il Giornale in un articolo a firma di Laura Cesaretti, nel quale si spiega in primo luogo che in realtà il presidente della Regione Lazio aveva avvertito i primi sintomi: qualche linea di febbre, mal di testa, occhi arrossati. Quando li ha comunicati ai medici è stato subito sottoposto al controllo:

Anche perché, da presidente della Regione Lazio, da settimane segue da vicino la situazione sanitaria e – come spiegano i suoi collaboratori – «da un mese va ogni mattina allo Spallanzani», centro di eccellenza romano per le malattie infettive, e luogo di ricovero dei primi ammalati di Coronavirus. Quindi il rischio di contagio c’era, e il tampone lo ha confermato.

nicola zingaretti coronavirus 3

Così, da ieri, Zingaretti è in isolamento nella sua casa del quartiere Mazzini di Roma, insieme alla moglie e alle due figlie (ma in stanze diverse). Ieri ha anche rifiutato tutte le (numerose) richieste di interviste, per evitare spettacolarizzazioni. E l’annuncio del suo contagio sparge inevitabilmente il panico nella politica italiana, dove moltissimi sono stati a stretto contatto con lui. Il suo staff viene immediatamente sottoposto a controlli, e così tutti coloro che nelle ultime 48 ore sono stati a tu per tu con lui.

In quarantena sono finiti anche dieci giornalisti di Porta a Porta, trasmissione che ha ospitato il segretario PD nei giorni scorsi. Repubblica invece scrive che  è quasi impossibile indagare con successo sul link epidemiologico del suo coronavirus: troppi i potenziali contatti a rischio per conoscere davvero la strada percorsa dal contagio.

L’aperitivo a Milano, otto giorni prima? Forse, anche se i ragazzi con cui brindava erano stati controllati con cura (ma gli asintomatici, si sa, sfuggono loro malgrado a ogni segnalazione). Oppure quell’incontro a Palazzo Chigi, con altri governatori e le parti sociali? Possibile. E i cento incroci al partito, minuti spesi con ministri e parlamentari e assessori e medici? Senza dimenticare le visite all’ospedale Spallanzani, trincea romana contro il virus, per verificare come ci si prepara alla resistenza.

In quegli stessi minuti la Asl aveva già finito di contattare le persone più vicine al leader. Sottoponendo a controllo quelli che lo avevano incrociato non di sfuggita nelle ultime quarantotto ore. Alcuni ministri, tutta la giunta regionale, i membri dello staff e alcuni della segreteria dem, quelli che coordinano l’emergenza coronavirus nel Lazio. Negli ultimi due giorni, infine, il leader aveva anche incontrato la stampa al Nazareno. Anche se Bruno Vespa dice di non rientrare tra i contatti a rischio,  la Rai potrebbe chiedere al giornalista di non entrare negli studi di viale Mazzini per alcuni giorni. E di registrare la puntata collegato da casa.

Leggi anche: Coronavirus: l’aperitivo a Milano di Zingaretti e altri motivi per cui dovreste starvene a casa

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