Perché Tiziano Renzi e Laura Bovoli sono agli arresti domiciliari

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-02-19

L’accusa di false fatturazioni e bancarotta fraudolenta. E il rischio di inquinamento delle prove individuato dal giudice. Secondo una testimonianza il padre dell’ex premier potrebbe aver addirittura fatto cancellare alcuni dati da un pc per il timore delle indagini

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Tiziano RenziLaura Bovoli, genitori di Matteo Renzi, sono agli arresti domiciliari con l’accusa di false fatturazioni e bancarotta fraudolenta. L’accusa è di aver svuotato le casse di tre cooperative — «Delivery», «Marmodiv» ed «Europe service» — provocandone il fallimento. Si tratta di aziende collegate alla «Eventi 6», la società di marketing della famiglia già finita sotto inchiesta. La Delivery è fallita nel 2015, mentre per la Marmodiv la Procura nei mesi scorsi ha chiesto il fallimento.

Perché Tiziano Renzi e Laura Bovoli sono agli arresti domiciliari

Il Fatto Quotidiano svela oggi un dettaglio inedito sulla vicenda che spiega perché i genitori di Renzi sono agli arresti domiciliari: secondo una testimonianza il padre dell’ex premier potrebbe aver addirittura fatto cancellare alcuni dati da un pc per il timore delle indagini. Un tentativo di inquinamento delle prove che è tra le tre motivazioni per le misure cautelari. Secondo l’accusa i genitori di Renzi hanno evitato di adempiere agli oneri previdenziali: “le cooperative –scrive il gip –(…) sono state costituite essenzialmente per consentire alla s.r.l. ‘Chil Post’/‘Eventi6’(…) di avere a disposizione lavoratori dipendenti senza dover sopportare i costi relativi all’adempimento di oneri previdenziali ed erariali, tutti spostati in capo alle cooperative stesse”.

Tra gli indagati ci sono Mariano Massone, ritenuto amministratore di fatto della “Delivery Service” e finito anch’egli ai domiciliari, e Roberto Bargilli,detto “Billi”, nel cda della stessa società, noto per essere l’autista delle primarie del 2012 di Matteo Renzi. La procura ha chiesto l’arresto dei coniugi Renzi per il timore di inquinamento delle prove e anche per la reiterazione del reato. Il giudice ha ritenuto fondato il sospetto secondo cui le cooperative «non hanno alcuna vita sociale, ma vengono costituite soltanto come schermo per altri affari».

L’ordinanza accoglie la loro tesi secondo cui «avendo gli stessi rivestito ruoli di amministratori di fatto e avendo gli stessi agito tramite “uomini di fiducia” non è possibile ritenere sufficiente una misura quale il divieto di esercitare uffici diretti di persone giuridiche ed imprese atteso che essa consentirebbe di impedire agli indagati di rivestire solo cariche formali, lasciandoli invece liberi di agire con condotte assai più subdole e pericolose perché di più difficile accertamento».

Il pericolo di inquinamento delle prove e la cartella “Lalla”

A parlare è stato, tra gli altri, Antonello Gabelli, uno dei dipendenti della società: «Venivano create aziende, prevalentemente sotto forma di cooperative, al solo fine di raggruppare i lavoratori o i mezzi. Tali realtà societarie venivano distinte dalla società “capofila” ossia Eventi6, Chill, Mail Service, One Posted Eukos. Tali società sono quelle che nel tempo hanno intrattenuto concretamente i rapporti con i clienti, come ad esempio Carrefour, Conad, Euronics e altri. Per tale ragione queste società capofila non avevano direttamente alle dipendenze i distributori, se non per qualche periodo che io ricordi, ma tendenzialmente Mariano Massone, Giovanna Gambino, Tiziano Renzi e Laura Bovoli creavano società cooperative al fine di svolgere il lavoro operativo, concentrando tutte le criticità su queste e lasciando “pulite” le menzionate società capofila».

Di particolare importanza, racconta oggi il Corriere della Sera in un articolo a firma di Fiorenza Sarzanini, i documenti archiviati nella cartella “Lalla”: : «La cartella ed il soprannome Lalla sono certamente riconducibili a Laura Bovoli atteso che proprio nella cartella “Lalla” è stata rinvenuta la sua carta di identità.Nella cartella sono stati rinvenuti numerosissimi documenti riferibili alla cooperativa “Europe Service”, in particolare la lista soci, modelli F24 relativi alla cooperativa per il pagamento dell’Irap e del premio Inail, il file denominato Logo Euro pe nuovo nel quale è riprodotto il logo della Europe Service Cooperativa identico al quello riportato su alcune fatture acquisite presso la sede della Eventi 6 il file denominato “dati per la costituzione”, copia dei contratti della Cooperativa Europe Service, nonché contratti di lavoro».

Il tentativo di cancellare le prove

Agli atti, racconta oggi Il Fatto, c’è anche la testimonianza di  Silvia Gabrielleschi, la quale ha parlato “delle sovrapposizioni di soggetti che operavano per ‘Mar modiv’ e per la ‘Eventi6’ confermando la ipotesi che le due strutture societarie venissero utilizzate in modo unitario”.

La Gabrielleschi è la stessa citata in una denuncia depositata il 26 ottobre 2018 da Alessandro Maiorano, che più volte ai pm ha denunciato, senza risultato, l’ex premier. ALLA FINANZA di Prato, Maiorano ha spiegato che la Gabrielleschi gli disse che “prima della perquisizione avvenuta a ottobre 2017 presso la ‘Marmodiv’, Tiziano Renzi sapeva già dell’arrivo dei finanzieri e si premunì contattando un tecnico informatico suo amico al fine di formattare i computer, contenenti le fatture per operazioni ed assegni collegati alle suddette fatture, riportanti firme false”.

Repubblica invece racconta di un caso limite, quello di Mohammad Nazir, titolare di una ditta individuale per la spedizione di materiale propagandistico. Ha emesso fatture per circa 40.000 euro, tra il 2016 e il 2017, in favore di Marmodiv. Gli investigatori hanno scoperto che: 1) all’indirizzo della sede della ditta, a Cesano Maderno, c’è un’abitazione; 2) la ditta non ha mai lavorato con la Marmodiv; 3) il signor Mohammed Nazir non risulta all’anagrafe. Ancor più paradossale la storia di Isajiad Amir, titolare di una ditta a Castiglione delle Stiviere. «Disconosco la fattura da 15.000 euro che mi mostrate — ha trasecolato davanti ai finanzieri — valuterò l’opportunità di denunciare chi ha utilizzato il nome della mia impresa per prestazioni che non ho mai effettuato».

Leggi sull’argomento: Il senatore Dessì sfotte i genitori di Renzi: «Due insieme, è record»

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