Perché Casaleggio all’ONU è uno scandalo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-09-29

Annalisa Cuzzocrea lo spiega su Repubblica: multato dal garante per violazioni della privacy, per il “governo italiano” è un esempio. Di cosa?

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Annalisa Cuzzocrea su Repubblica oggi ci spiega perché Casaleggio all’ONU è uno scandalo. Ieri il Corriere della Sera ha fatto sapere al popolo attraverso il biografo ufficiale del MoVimento 5 Stelle sul quotidiano Emanuele Buzzi che Davide Casaleggio parlerà all’assemblea delle Nazioni Unite di democrazia digitale per una scelta “del governo italiano” (ovvero del ministro degli Esteri Luigi Di Maio?). Il problema

È difficile credere che la scelta sia ricaduta sul manager milanese per i suoi successi. Se non altro perché l’ultima volta che un’authority indipendente ha guardato dentro Rousseau, ci ha trovato una falla non da poco: il 4 aprile del 2019 il Garante della Privacy l’ha multata per 50mila euro perché «le misure adottate (nel voto on line, ndr) lasciano aperti i risultati, per un’ampia finestra temporale ad accessi ed elaborazioni di vario tipo, che vanno dalla mera consultazione a possibili alterazioni o soppressioni».

Nell’ultimo anno, Casaleggio ha investito, ha assunto programmatori, ha sperimentato il voto in blockchain (pur essendo molto lontano dal poterlo applicare), ma nessuno ha potuto verificare che sia davvero così. Perché la sua è una piattaforma proprietaria, con un software proprietario, il contrario di quanto consigliano gli esperti mondiali in quanto a democrazia diretta e cittadinanza digitale. La seconda domanda, ma si vede come tutte siano intrecciate, è: che tipo di imprenditore è Casaleggio? Perché il bilancio della sua prima società, la Casaleggio Associati, è finalmente tornato in utile da quando il Movimento ha vinto le elezioni e ha formato il primo governo con la Lega?

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Poi c’è la classica (e motivata) accusa di conflitto di interessi:

Le imprese che si rivolgono a lui, che finanziano gli studi annuali sull’e-commerce presentati ora — non un tempo — in templi come la fondazione Cariplo a Milano o l’università Luiss a Roma, lo fanno in quanto grande manager o perché leader del principale partito di governo? E come si fa a evitare un pericoloso incrocio di interessi se, ad esempio, a finanziare l’ultimo rapporto sono state il doppio delle società che lo hanno fatto l’anno prima, e se tra queste c’era — solo per fare un esempio — quella Deliveroo che in quei mesi stava tremando per il “decreto rider” annunciato da Luigi Di Maio?

Ma queste cose contano poco per il M5S: per loro il conflitto d’interessi è sempre quello degli altri.

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