Economia
Pensioni, quota 100 da febbraio 2019
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2018-10-16
Non è stata ancora confermata la possibilità di scontare uno o due anni di contribuzione figurativa, mentre si rimanderà a norme secondarie l’attuazione dei fondi di solidarietà con cui le imprese potranno, volontariamente, finanziare le contribuzioni mancanti per le uscite di lavoratori senior
Sarà possibile andare in pensione con 62 anni di età e 38 di contributi a partire da febbraio 2019. La misura inserita nella legge di Bilancio prevede la possibilità (e non l’obbligo) di lasciare il lavoro con 62 anni e 38 di contributi, due requisiti sotto i quali non è possibile scendere. Esclusa la possibilità di andare in pensione soltanto con l’età contributiva, la cosiddetta Quota 41 che costa 8 miliardi. Secondo il governo maggiori pensionamenti permetterebbero alle imprese di assumere grazie al turn-over più giovani: una teoria però contraddetta da molti economisti e anche dalle aziende partecipate dallo Stato, che la scorsa settimana hanno incontrato a Palazzo Chigi membri del governo, che probabilmente non hanno capito ciò che gli è stato detto.
Per adesso comunque la combinazione minima è 62 anni e 38 di contributi. Al crescere dell’età però il requisito contributivo dovrebbe rimanere bloccato a 38, così da avere quota 101 fino a 104. Il Sole 24 Ore specifica le ulteriori particolarità delle norme:
Non è stata ancora confermata la possibilità di scontare uno o due anni di contribuzione figurativa, mentre si rimanderà a norme secondarie l’attuazione dei fondi di solidarietà con cui le imprese potranno, volontariamente, finanziare le contribuzioni mancanti per le uscite di lavoratori senior. Resta in campo l’ipotesi, poi, di un parziale divieto di cumulo tra reddito da lavoro e pensione ma solo per i primi due anni dopo il ritiro.
Le nuove anzianità potrebbero essere anticipate da una “pace contributiva” a maglie larghe (come già scritto dal Sole24Ore), vale a dire la possibilità di rimborsare in cinque anni senza interessi e more i mancati versamenti negli anni dopo il 1996. Secondo fonti vicine al dossier la massa di mancati pagamenti aggredibile è di alcune decine di miliardi. Questo “condono” potrebbe arrivare con il decreto fiscale, al più tardi con un emendamento da inserire in Parlamento.