Pensioni e quota 100, un buco da 8 miliardi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-10-13

Ci sarà un buco perché i contributi versati dai giovani non basteranno a pagare gli assegni di chi si ritirerà dal lavoro

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Con la riforma delle pensioni a quota 100 ci sono altri costi per 8 miliardi oltre a quelli preventivati dal governo nel DEF. Ci sarà un buco perché i contributi versati dai giovani non basteranno a pagare gli assegni di chi si ritirerà dal lavoro. Mentre, come abbiamo già scritto, le aziende sembrano orientate ad assumere al massimo 4 giovani ogni 10 over 62 che se ne vanno. La Stampa spiega oggi in un articolo di Paolo Baroni che la riforma gialloverde aprirà un buco nei conti che la Ragioneria dello Stato non ha quantificato, perché si è limitata a calcolare il costo dei nuovi assegni depurati del prelievo Irpef, e che nemmeno l’Ufficio parlamentare di bilancio ha segnalato come possibile ulteriore fattore di criticità.

Gli 8 miliardi di cui si parla corrispondono infatti esclusivamente ai maggiori costi legati a 400mila pensioni in più da pagare a fronte di una media di 22-23mila euro per i lavoratori dipendenti del comparto privato e di 28-29mila per il settore pubblico. Nulla si dice del buco che si verrebbe a creare alla voce entrate venendo a mancare il prelievo contributivo e fiscale su una quota tanto significativa di lavoratori.

E’ vero che il ministro del Lavoro Luigi Di Maio si aspetta che per ogni uscita le aziende, a partire da quelle pubbliche, assumano due giovani. Ma nemmeno un tasso di sostituzione alla pari, uno contro uno, appare realistico ed in grado di chiudere questa falla che sfiora gli 8 miliardi raddoppiando di fatto il costo di «Quota 100».

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L’effetto quota 100 (La Stampa, 13 ottobre 2018)

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Le aziende sembrano infatti orientate ad assumere al massimo 4 giovani ogni 10 «over 62» che se ne vanno. Il che fa innanzitutto cadere uno degli argomenti sbandierati negli ultimi tempi da Di Maio e da Salvini, ovvero che in questo modo si possono creare 400mila posti di lavoro in più. Al massimo, con un cambio 1 a 1, riusciremo infatti a mantenere gli attuali livelli occupazionali, e certo non si potrà dire che l’occupazione aumenta. Stando alle previsioni delle aziende di Stato, aziende forti, che hanno in programma importanti piani di sviluppo, il tasso di sostituzione sarà al massimo attorno al 40%, con 4 nuovi assunti ogni 10. Col risultato che avremo sì 160mila nuovi occupati, e questo contribuirà certamente ad alleviare la disoccupazione giovanile, ma di contro altri 240mila posti andranno persi.

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