Coronavirus: l’Indulgenza plenaria del Papa

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2020-03-28

Ieri alle 18, abbiamo visto un Uomo solo, in una piazza San Pietro deserta, invocare Dio. E’ stata una immagine che si prestava a molte suggestioni. Mi piace pensare che il Papa, di fronte all’ostia consacrata, stesse riflettendo, stesse cercando di amare un Dio molto diverso da quello che una mente umana possa solo lontanamente …

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Ieri alle 18, abbiamo visto un Uomo solo, in una piazza San Pietro deserta, invocare Dio. E’ stata una immagine che si prestava a molte suggestioni. Mi piace pensare che il Papa, di fronte all’ostia consacrata, stesse riflettendo, stesse cercando di amare un Dio molto diverso da quello che una mente umana possa solo lontanamente concepire.. Dio non è “buono” nel senso di noi umani. Ama mettere alla prova il Suo popolo. Nel Padre Nostro, Papa Francesco diceva che era sbagliato dire “non c’indurre in tentazione” ma che si doveva tradurre invece “non lasciarmi cadere nella tentazione”:perché è l’Uomo a cadere, non è Lui che ci butta nella tentazione per poi vedere come siamo caduti. Un Padre non fa questo, un buon Padre aiuta ad alzarci subito. E’ Satana quello cattivo, quello che ci induce in tentazione

papa francesco urbi et orbi indulgenza plenaria coronavirus 1

Ma è proprio vero? Nel Vangelo è scritto molto diversamente. La traduzione (se non mi ricordo male il greco) suona come “non metterci alla prova”. Nel libro di Giobbe, Dio lo mette alla prova, gioca, in modo crudele, con lui, per una scommessa con Satana. Giobbe non ha fatto nulla di male, è un uomo pio, eppure tutti i possibili mali si abbattono su di lui. Solo quando Giobbe arriva allo stremo, anzi al di là dello stremo, solo allora Dio si rivela e mostra la Sua potenza. Nel Vangelo è descritto come Gesù sia stato messo alla prova con tre tentazioni. Dostoevskij nei fratelli Karamazov. le descrive in modo mirabile. Sono un vero “miracolo” perché sono la chiave per capire la natura più profonda di noi uomini e “la storia avvenire del mondo e dell’umanità”. Se uno dovesse indicare quali siano gli indizi che ci possano indicare la natura divina di Gesù, questi sono proprio le tentazioni nel deserto e la grande prova-tentazione della Sua Crocefissione. Quale Uomo avrebbe potuto, anche lontanamente, immaginare un Dio soggetto alle tentazioni, esattamente come noi, e che si fa crocefiggere per mostrare la Sua potenza? E un Dio che manda alla morte di croce il proprio Figlio può essere “buono” come lo intendiamo noi?


La prima tentazione di Gesù (ma anche per tutti noi uomini) è quella di barattare la nostra libertà con la sicurezza. Siamo sempre pronti a genufletterci per il pane terreno, per avere il nostro cuore tranquillo. Essere liberi determina “tormenti” e “timore e spavento” nei nostri cuori. Ci sentiamo (forse siamo) troppo deboli per poter godere della libertà di scelta. Preferiremmo inchinarci ed adorare chi ci libera dalla responsabilità di scegliere, chi ci garantisca una tranquilla vita da schiavi. Facendo questa scelta forse avremmo il pane, forse avremmo pure una vita tranquilla, ma vivremmo da tiepidi, e Dio vomita i tiepidi come detto nella lettera ai Laodicesi. Siamo così fragili e così deboli, sappiamo che dobbiamo perseguire “vertute e canoscenza”, che siamo fatti per il “folle volo” ma non abbiamo le forze, non abbiamo il coraggio per fare ciò che il Cuore ci dice di fare.

La seconda tentazione è la tentazione del “miracolo” – da “Lui” rifiutata soprattutto sulla Croce- che appare “nei momenti tremendi della vita”, quando “l’uomo va in cerca dei miracoli”. Brecht diceva “sventurata la terra che ha bisogno di eroi”. Vogliamo il miracolo, il deus ex machina per uscire dalle tribolazioni della vita. E’ una scorciatoia che non ci è, purtroppo, concessa. Il nostro destino è combattere, anche soccombere, ma mai arrenderci. L’aiuto di Dio non arriva come nei film della Disney. I Suoi obiettivi sono ignoti a noi uomini. Infine, l’ultima tentazione è quella dell’“autorità”. Pensare di avere la chiave di lettura di tutto, che si possa garantire “la pace a tutti”, l’“unione universale”, l’“universale felicità degli uomini” solo con il buon governo umano. E’ una tragica fallacia. E’ un’altra scorciatoia che, purtroppo, non esiste. Non non siamo depositari della Verità. Non c’è il Bianco e Nero. Non possiamo giudicare gli altri. Non riusciamo neanche a giudicare noi stessi. E la più grossa bestemmia che possiamo fare è proprio credere di poterci sostituire a Dio.

papa francesco urbi et orbi indulgenza plenaria coronavirus 2

Sono tutti discorsi scomodi. Non danno sicurezza. L’idea che Dio ci sottoponga a prove su prove per farci crescere è veramente inquietante. Dostoevskij, nei Fratelli Karamazov, fa capire che anche la Chiesa ufficiale preferisce dare una immagine di Dio diversa, quella di un Dio “buono”. Il Papa nel suo Pontificato ha spesso parlato di una natura buona, della saggezza di Dio che porterebbe pace ed amore sulla Terra ma che è combattuta dalla sapienza “demoniaca”dell’Uomo. Adamo scegliendo il frutto dell’albero della conoscenza ha alterato il disegno divino e ha cancellato la possibilità di una vita “tranquilla” nel Paradiso Terrestre. E’ una interpretazione però che non corrisponde né a quanto scritto nel Vangelo e né a quello che sperimentiamo ogni giorno nella nostra vita. Ecco penso che ieri, in Piazza San Pietro, il Papa, come Gesù nell’orto del Getsemani, abbia chiesto a Dio di risparmiare questa prova all’Umanità, di allontanare l’amaro calice, ma come Gesù abbia concluso con “Tuttavia non sia fatta la mia, ma la Tua Volontà”. A mio parere, quello di ieri è stato il momento più alto e più spirituale del pontificato di Papa Francesco. In quel momento, ha brillato in noi.

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