Fact checking
Tutte le bugie (e i soldi dimenticati) su Palazzo Curtatone e Piazza Indipendenza
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2017-08-25
Chi doveva decidere ha lasciato incancrenire la situazione mentre il “braccio operativo” è intervenuto fregandosene dei tempi della politica con un atto di forza che disinteressandosi delle conseguenze. Ma per fortuna stiamo parlando bombole, idranti, belle foto che testimoniano fraternità, alloggi rifiutati e complotti dei movimenti. Così non se ne è accorto nessuno
Il giorno dopo la guerriglia urbana di Piazza Indipendenza scatenata dallo sgombero di un palazzo in cui abitavano rifugiati è il momento di far notare tutte le incogruenze – si fa per dire – che hanno caratterizzato la gestione disastrosa dell’affaire Palazzo Curtatone. Ma a parte tutte le storie ce n’è una più interessante delle altre: perché è successo tutto questo? Per capirci qualcosa bisogna tornare indietro a qualche tempo fa.
Tutte le bugie su Palazzo Curtatone e Piazza Indipendenza
La prima storia che va debunkata è quella di questa fotografia che ieri ha fatto il giro del mondo per testimoniare una presunta concordia e una riappacificazione dopo gli scontri nella piazza. C’è da dire che il poliziotto aveva evidentemente buone intenzioni, visto quello che ha raccontato al Corriere della Sera: «Dopo la prima carica le donne sono tornate nei giardini. Piangevano disperate, temevano di finire in strada e di non riuscire a trovare un’altra sistemazione. Mi sono avvicinato a una di loro e l’ho accarezzata per rassicurarla che le avrebbero trovato un posto dove stare. I miei colleghi, anche se nelle immagini non si vede, hanno fatto lo stesso»
Ma la donna ritratta nello scatto, l’eritrea Genet, ha le idee piuttosto chiare sull’uso della foto: “La usano per mostrare la faccia bella di questa storia, ma la verità è che la polizia ci ha spruzzato l’acqua addosso. Siamo stati buttati via come una scarpa vecchia. Per cinquantacinque anni gli italiani sono stati in Eritrea, ma non gli abbiamo fatto quello che ci state facendo voi italiani. Non abbiamo neanche lo spazio per seppellirci. Avevano detto che ci sono delle strutture, ma i posti sono insufficienti, non sono soluzioni. La trattativa, ieri sera si era interrotta con la promessa che sarebbe ripresa stamane. Abbiamo visto stamattina com’è ripresa, a colpi di idrante”.
Gli idranti usati per le bombole?
Poi ci sono le dichiarazioni di Paola Basilone in due interviste rilasciate al Corriere e a Repubblica Roma. «Dal primo piano sia ieri mattina che due giorni fa hanno iniziato a lanciare bombole del gas piene. È del tutto evidente che in presenza di bombole piene si cerchi di evitare il peggio – l’esplosione appunto – ecco perché l’uso dell’idrante», ha detto la prefetta a Repubblica.
«Quel mezzo è stato usato dalla Questura per evitare che le bombole di butano lanciate dal decimo piano dagli occupanti si incendiassero e scoppiassero. Lo stesso Dipartimento di pubblica sicurezza era informato dell’utilizzo dell’idrante», ha specificato al Corriere. Ma le fotografie e i video delle scene viste a piazza Indipendenza dimostrano (anche se quanto raccontato alla Basilone è evidentemente in parte vero e questo video lo dimostra) anche un utilizzo completamente diverso rispetto a quello dichiarato dalla prefetta.
E i movimenti per la casa che sobillano?
Sempre la prefetta ieri ha rilasciato una dichiarazione alle agenzie di stampa in cui accusava i movimenti per la casa romani di aver “infiltrato” gli occupanti di Piazza Indipendenza e di averli sobillati a rifiutare alloggi: “L’accurata e scrupolosa pianificazione dell’intervento – afferma il prefetto – ha fatto sì che le operazioni si svolgessero in condizioni di assoluta sicurezza, nonostante la prevedibile e decisa opposizione degli occupanti e l’azione di infiltrazione posta in essere dai Movimenti di Lotta per la Casa, che ha indotto gli occupanti accampatisi in piazza Indipendenza a rifiutare sistemazioni alloggiative alternative, determinati a rimanere in strada fino alla manifestazione con corteo indetta dagli stessi Movimenti per sabato prossimo”.
È curioso che questa affermazione, così forte, non sia stata in alcun modo reiterata (e spiegata, e motivata) dalla prefetta nelle due interviste che ha rilasciato ai giornali, che tra l’altro non gliene hanno chiesto conto. Anche perché la frase è incredibile anche per altri motivi, puramente logici: a cosa serve “rimanere in piazza” fino al corteo di sabato se la partecipazione al corteo non è certo riservata soltanto a quelli che sono rimasti (a dormire) in piazza in questi giorni? La verità è che le soluzioni prospettate – se davvero sono state rifiutate, perché in un’intervista a Sky in cui se ne parla la persona che racconta dice di aver accettato ma di aver saputo che altri hanno rifiutato – perché queste non erano state ritenute idonee (perché si dormiva in quattro in una stanza e perché questo avrebbe comportato la divisione dei nuclei familiari).
Gli alloggi rifiutati…
Ci sono poi altre spiegazioni per il rifiuto degli alloggi che curiosamente non hanno avuto la stessa fortuna mediatica di alcune. Nella serata di mercoledì, racconta il Fatto, l’agenzia AdnKronos ha rilanciato le informazioni di “fonti del dipartimento Politiche sociali”, dove si parla di “un clima di forte intimidazione” fra i rifugiati e si racconta che “a oltre 60 persone gli operatori della Sala Operativa Sociale hanno proposto una soluzione in strutture nell’area di Torre Maura, ma dopo aver inizialmente accettato l’opzione, l’hanno rifiutata in seguito a intimidazioni ricevute da altri ex occupanti o comunque persone presenti all’esterno”.
C’è poi la questione dello “sgombero a sorpresa”, che è una vera e propria bufala. Il decreto di sequestro preventivo di Palazzo Curtatone risale al dicembre 2015; a questo è seguita una sequela di solleciti formali e decine di riunioni del Comitato per l’ordine e la sicurezza si sono svolte, durante i quattro anni di occupazione, sull’argomento. E se il comune piange, il ministero non ride. Scrive oggi Sara Menafra sul Messaggero: “In queste ore il Campidoglio fa sapere che palazzo Valentini non ha mai spiegato con chiarezza quante fossero le persone a rischio: «Nessuno ci aveva segnalato che all’interno del palazzo c’erano 37 bambini», ripetono. Di certo, dopo mesi di programmazione,neppure gli uffici comunali avevano raccolto maggiori informazioni e il piano di accoglienza era praticamente tutto da fare”.
La delibera e i soldi spariti
Ma l’intervista più interessante non è quella a Paola Basilone, ma quella che Carlo Bonini firma per Repubblica al capo della polizia Franco Gabrielli. Dopo aver discusso delle frasi dell funzionario di polizia Gabrielli attacca decisamente la politica, ma senza fare nomi e cognomi.
«Due anni fa, da prefetto di Roma, insieme all’allora commissario straordinario Tronca, avevamo stabilito una road map per trovare soluzioni alle occupazioni abusive. E questo perché il tema delle occupazioni non si risolve con gli sgomberi ma trovando soluzioni alternative».
Quindi?
«Quindi è accaduto che non ho più avuto contezza di cosa sia accaduto di quel lavoro fatto insieme a Tronca. Era previsto da un delibera un impegno di spesa di oltre 130 milioni per implementare quelle soluzioni alle occupazioni abusive. Qualcuno sa dirmi che fine ha fatto quel lavoro, e se e come sono stati impegnati quei fondi?».
A cosa si riferisce il capo della Polizia? A una delibera del commissario Tronca approvata a due mesi dalle elezioni politiche che consisteva nell’attuazione del piano regionale di attuazione dell’emergenza abitativa licenziato da Zingaretti. La delibera individuava 16 immobili da sgomberare, tra i quali c’era anche Palazzo Curtatone: Via Carlo Felice 69; Viale del Policlinico n. 137; Via delle Province 196; Via Gian Maria Volontè 9; Via Tiburtina 1099; Via Tiburtina n. 1064; Via Prenestina 944; Via Collatina 385; Via Tuscolana; Viale del Caravaggio n. 105/107; Via dell’Impruneta 51; Via di Torrevecchia 156; Via Cardinal Capranica ex Scuola G. Calabria; Via Curtatone 3; Via Tor dé Schiavi 101; Via Arrigo Cavaglieri n. 6/8.
Cosa è successo alla delibera Tronca?
Nella delibera della Regione si stanziavano anche risorse per utilizzare 1200 alloggi da destinare in parti uguali alle famiglie nelle graduatorie per una casa popolare 2000 e 2012, agli aventi diritto all’assistenza alloggiativa nei residence, attualmente in chiusura, e a quanti vivevano nelle occupazioni “entro la data del 31 dicembre 2013” (Palazzo Curtatone era stato occupato nel 2013). La delibera Tronca ricevette molte critiche da parte dei movimenti per il diritto all’abitare romani, perché trasformava “il piano per l’emergenza abitativa (della Regione) in una questione di ordine pubblico” (in effetti, con il senno di poi, quanto accaduto a Palazzo Curtatone lo conferma).
La Regione infatti aveva anche stanziato nella sua delibera 18 la somma di 197 milioni di euro per tamponare (non risolvere) l’emergenza abitativa, stanziando anche da subito la somma di 40 milioni di euro per consentire alla giunta Raggi, nel frattempo arrivata in carica, di intervenire da subito con progetti condivisi con via della Pisana. Soltanto una piccola parte – e qui si può rispondere alla domanda di Gabrielli – è stata impegnata. Ma nel frattempo il ministero si è mosso lo stesso per sgomberare. Ecco quindi cosa è successo a Piazza Indipendenza: è successo che chi doveva decidere (la politica: Comune e Regione) ha lasciato incancrenire la situazione mentre il “braccio operativo” è intervenuto fregandosene dei tempi della politica con un atto di forza che è servito a restituire il palazzo ai proprietari, disinteressandosi delle conseguenze. Ma per fortuna che stiamo parlando bombole, idranti, belle foto che testimoniano fraternità, alloggi rifiutati e complotti dei movimenti. Così nessuno si accorge che il re è nudo.