Quando la ministra Nunzia Catalfo voleva uscire dall’euro

di dipocheparole

Pubblicato il 2019-09-04

Nunzia Catalfo è la nuova ministra del Lavoro del governo Conte Bis e non si può non festeggiare la sua nomina andando a pescare cosa diceva nel 2014, quando il MoVimento 5 Stelle raccolse le firme per un referendum consultivo per uscire dall’euro (tecnicamente parlando, una stronzata megagalattica anche per i noeuro). All’epoca, come testimonia …

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Nunzia Catalfo è la nuova ministra del Lavoro del governo Conte Bis e non si può non festeggiare la sua nomina andando a pescare cosa diceva nel 2014, quando il MoVimento 5 Stelle raccolse le firme per un referendum consultivo per uscire dall’euro (tecnicamente parlando, una stronzata megagalattica anche per i noeuro). All’epoca, come testimonia questo screenshot, tra le entusiaste della propostona c’era anche colei che oggi è diventata ministro del Lavoro.

nunzia catalfo

La Catalfo pubblicava anche un video di Beppe Grillo che veniva a firmare per il referendum consultivo proposto dal M5S. Che alla fine raccolse le firme per una proposta che non venne mai votata né calendarizzata, come del resto immaginavano anche i proponenti.

All’epoca spiegammo perché la proposta era tecnicamente una sciocchezza in qualunque modo la si pensi sulla moneta unica:

Immaginiamo uno scenario ipotetico in cui il M5S e la Lega riescono a far approvare la modifica costituzionale dell’articolo 75 proposta dalla Lega, che renderebbe possibile uscire dall’euro ed eventualmente anche dall’Unione europea. Se i sondaggi dovessero riportare una maggioranza stabile per la permanenza nell’euro, sui mercati non succederebbe nulla. Se invece gli italiani si indirizzassero secondo i desiderata di M5S, Lega ed altri partiti favorevoli all’uscita, le cose andrebbero molto diversamente. Un esempio l’abbiamo avuto con il referendum per l’indipendenza della Scozia. Durante la campagna elettorale i mercati entravano in fibrillazione appena i sondaggi davano il “sì” in rimonta, sebbene non abbia mai scavalcato chiaramente i “no”. E lì non si parlava neppure di “uscita dalla sterlina” visto che, almeno nelle intenzioni del governo scozzese, il nuovo paese avrebbe mantenuto la moneta del Regno Unito.

Nel caso italiano, invece, è facilmente prevedibile che i capitali fuggirebbero all’estero al primo sentore di una possibile vittoria degli eurexit. E quando parliamo di “capitali”, non ci limitiamo a quelli mossi dai grandi gruppi finanziari, ma anche ai risparmi dei lavoratori e dei pensionati. Se l’Italia uscisse dall’euro la nostra nuova moneta si svaluterebbe consistentemente nei confronti della valuta europea. Chi riuscisse a mantenere i risparmi denominati in euro, quindi, guadagnerebbe in poco tempo il 20 o 30 per cento. L’operazione è estremamente semplice: basta vendere Bot e Btp e comprare titoli di stato tedeschi. Non va inoltre esclusa la possibilità di un’irrazionale corsa agli sportelli per prelevare i contanti e chiudere i conti. Per entrambi i casi, il disastro sarebbe pressoché sicuro.

nunzia catalfo

Lo spread tornerebbe a colpire i titoli di debito italiani, i tassi di interesse schizzerebbero alle stelle e il governo troverebbe deserte le aste, con conseguente difficoltà nell’erogare stipendi e servizi (anche se va detto che il Tesoro ha sinora accumulato ingenti riserve che potrebbero essere usate per tamponare la situazione). Le banche e i bancomat dovrebbero essere chiusi per evitare prelievi di massa, mentre il governo con un decreto d’urgenza dovrebbe bloccare anche i movimenti di capitali. È difficile immaginare una campagna referendaria serena in un clima emergenziale come questo. Probabilmente la gente terrorizzata si sposterebbe nuovamente verso il “no”, ma nel frattempo il paese avrebbe pagato un prezzo salato.

Giustamente, su Twitter c’è anche chi ricorda che la Catalfo non era sola:

HT: Danilo Tarzanelli su Twitter

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