La vera storia della metà dei ristoranti etnici “fuori legge” e le ispezioni di Luigi Di Maio

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-06-17

Di Maio annuncia ispezioni negli esercizi commerciali gestiti da cinesi e pakistani. I NAS fanno un controllo su circa 400 ristoranti etnici e si scopre che quasi la metà è fuori norma. Ma cosa succederebbe se Di Maio andasse a controllare anche negli esercizi commerciali e nei ristoranti italiani?

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Qualche giorno fa Luigi Di Maio s’era svegliato sovranista e così il MoVimento 5 Stelle aveva annunciato guerra dura senza paura ai negozi di cinesi e pakistani. Negozi e ristoranti “etnici” sono da sempre nel mirino del governo del Cambiamento. Al solito nel governo giallo-verde era stato Matteo Salvini a dare il La già qualche mese fa quando aveva definito i negozi etnici un «ricettacolo di spacciatori, di gente che beve fino alle tre di notte, che pisciano e cagano». E che alla Lega non piacciano certi negozi, guarda caso proprio quelli gestiti da stranieri, lo dimostrano le ordinanze anti-kebab dell’ex sindaco di Padova (oggi sottosegretario al MEF).

Le ispezioni dei NAS sui ristoranti etnici

In attesa dei controlli promessi da Di Maio i giornali e le agenzie hanno iniziato a battere le notizie sulle irregolarità riscontrate da recenti ispezioni dei NAS su ristoranti e negozi “etnici”. Scrive ad esempio il Sole 24 Ore che la metà dei ristoranti etnici è irregolare. Si tratta per la verità di un dato non assoluto ma relativo al numero di esercizi controllati (poco più di 400). La domanda però è un’altra: significa che hanno ragione Di Maio e Salvini e che i vari ristoranti “etnici” sono quasi tutti gestiti da personaggi senza scrupoli che non rispettano le più basilari norme igieniche? Ad una prima lettura della notizia sembrerebbe proprio così.

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Ma come sempre accade in quei casi in cui si concentra l’attenzione su una parte del fenomeno (i ristoranti gestiti da stranieri) ci si dimentica di quello che succede nel mondo della ristorazione. Affrontare il problema in questo modo – su base etnica – rischia di creare una pericolosa macchia cieca. Perché la realtà non è come nella vignetta di Ghisberto.

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Prima differenza: i NAS eseguono controlli ed ispezioni su tutti gli esercizi commerciali, a prescindere dalla nazionalità e dall’identità etnica del gestore. Seconda differenza: quando i NAS controllano negozi italiani spesso e volentieri emergono importanti irregolarità. Lo stesso naturalmente vale anche per quanto riguarda i controlli dell’ispettorato del lavoro. Pensare che si possano fare verifiche “su base etnica” oltre ad essere razzista è anche un modo per prendere in giro gli italiani (sia i lavoratori che i consumatori).

Ma davvero solo i ristoranti etnici non rispettano le norme igienico-sanitarie?

Ed è questo il dato importante che va ricordato. Lo fa ad esempio su Facebook Lorenzo Biagiarelli che ricorda un dato fondamentale della notizia di questi giorni: quasi il 50% dei ristoranti etnici è risultato irregolare perché i controlli di questi giorni erano concentrati solo su quel tipo di esercizi commerciali. Il lettore però è portato a credere che i ristoranti italiani siano sicuri (e per la maggior parte lo sono, così come i ristoranti etnici) solo perché la notizia non li menziona.

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Ma il dato è diverso. Nel 2018 i Carabinieri dei NAS hanno ispezionato 11.954 esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti (su circa 23mila), con 5.245 strutture irregolari, pari al 44%Quotidiano Sanità riporta che complessivamente sono stati sanzionati 5.062 titolari di bar e ristoranti, con oltre 7,6 milioni di euro di violazioni amministrative pecuniarie; mentre sono stati denunciati 571 gestori per reati di frode in commercio e detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione, eseguendo il sequestro di oltre 11 tonnellate di alimenti non idonei al consumo umano. Pensare che questi siano unicamente i locali gestiti da stranieri significa non voler vedere la realtà.

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Fonte

Nel 2017 i NAS hanno svolto controlli e ispezioni su circa 15mila esercizi commerciali. Di questi seimila erano ristoranti o attività nell’ambito della ristorazione. Sono state rilevate complessivamente  2.425 non conformità. Si tratta complessivamente di una minoranza di esercizi all’interno della quale si trovano sia ristoranti italiani che “etnici”. Nel 2015 a Roma i NAS hanno rilevato che la metà degli esercizi oggetto di controlli presentava delle irregolarità. E a violare le regole non erano solo i ristoranti “etnici”  (categoria che comprende ad esempio anche quelli di lusso specializzati in sushi) ma anche locali italiani. Nel 2017 ispezioni nella Riviera Romagnola hanno rilevato diversi casi di difformità alle norme in materia della tutela della salute. Nel 2014 una maxi operazione condotta su tutto il territorio nazionale ha portato alla scoperta di irregolarità in oltre il 50% delle strutture ispezionate (ovvero mille tra ristoranti, pizzerie, bar e tavole calde).

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Nell’occasione il Ministero della Salute aveva riassunto in una nota stampa le scoperte più eclatanti. L’elenco è quello riportato qui sopra e si nota come la maggior parte delle infrazioni riportate riguardi sostanzialmente esercizi made in Italy. Il che è anche sensato dal punto di vista logico visto che i ristoranti etnici, seppur in aumento, non sono la maggioranza dei locali dove si possono consumare cibi e bevante. Le irregolarità sono diffuse, e i NAS controllano qualsiasi ristorante (qualche tempo fa andarono pure in uno dei ristoranti dello chef Cannavacciuolo). Ed è giusto così: perché l’obiettivo è far rispettare da tutti le regole, e la cittadinanza italiana notoriamente non impedisce di commettere frodi o altri reati. Nel 2018 i controlli svolti dall’Ispettorato nazionale del lavoro hanno rilevato che due aziende su tre sono irregolari con lavoratori completamente “in nero” o contributi evasi. Il problema insomma è diffuso su tutto il Paese, non solo nei negozi di cinesi o pakistani o nei ristoranti etnici. Certo, prendersela con gli stranieri è più facile.

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