Il medico notturno e quel semaforo rosso che fa la differenza tra la vita e la morte

di Giovanni Palombo

Pubblicato il 2019-08-16

La notte è femmina sensuale e maliarda, ti avvolge, ti scalda, ti seduce e ti fotte. Tutto in una volta. Provateci voi ad uscire di notte per le strade di Roma, tutto cambia, tutto è diverso, magico. I palazzoni imponenti sembrano isole galleggianti nel mare del nulla, forme geometriche che si rincorrono a formare una scogliera …

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La notte è femmina sensuale e maliarda, ti avvolge, ti scalda, ti seduce e ti fotte. Tutto in una volta. Provateci voi ad uscire di notte per le strade di Roma, tutto cambia, tutto è diverso, magico.
I palazzoni imponenti sembrano isole galleggianti nel mare del nulla, forme geometriche che si rincorrono a formare una scogliera su cui si infrangono i sogni di una umanità’ dolente, precaria, vessata e pure incazzata. Uomini e donne che di giorno faticano a mettere insieme il pranzo con la cena, vecchiette con quattro soldi di pensione che stentano ad arrivare alla fine del mese. Io scivolo nella notte, la prendo per i fianchi e la faccio mia. È adrenalina, è droga, è vita. Ci sono cose che è difficile raccontare, emozioni che non trovano parole per essere descritte. Amo le tenebre in modo viscerale, quello che prima era timore oggi è sfida. Una sfida senza senso e senza vincitori. Un amplesso che si consuma senza bisogno di sfiorarsi.

La chiamata è arrivata, tocca a me uscire. Fuori fa meno cinque, meno sei, non so, ma chi se ne fotte. Detesto stare chiuso in questo buco di culo, voglio l’ aria. Ho bisogno di respirare. Vado, è un ragazzino con una reazione allergica, ha un nodo in gola e fatica a respirare. Tecnicamente si chiama spasmo laringeo, è una urgenza ma ai genitori pesa il culo e non vogliono uscire di casa perché fa freddo. Li chiamo e mentre taglio la notte con il bisturi, a mente faccio l’inventario di quello che ho dietro per poterlo aiutare. Cortisone, antistaminico, broncodilatatore: c’ètutto, tranne il tempo. Il tempo è davvero poco ed è buffo pensare che un semaforo rosso possa fare la differenza tra la vita e la morte. (ma ci pensate: un semaforo! Un accrocco che nemmeno sai chi ce lo ha piantato lì, scandisce immutabili arcobaleni di rotture di coglioni. È per sua intrinseca natura dispettoso e fuori luogo). Non ho né sirene né lampeggianti, scivolo sulla strada come quelli che vanno a fare le vasche al centro commerciale: niente di più, niente di meno. Certi sabati sera sul Lungotevere ho desiderato di avere l’ elicottero, mentre ero incolonnato accanto a milioni di ragazzini che uscivano a divertirsi. “Ma ‘ndo’ cazzo andate, tutti insieme, che pare la processione del santo patrono?” Sono i riti collettivi, le transumanze di chi cerca la felicità e il divertimento.
Ascoltateli i discorsi , ascoltateli con attenzione, noterete che la felicità, il divertimento, la fica è sempre ALTROVE.

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L’altrove non è un luogo, non è un posto definito, è un buco nero nell’ universo  ci mangia i sogni e ci nutre di illusioni. L’altrove è altro da noi, non c’è un cazzo da fare! Si scopa in Grecia, si beve in Messico, ci si droga a Miami (che poi è un posto pessimo, con zanzare stirpe diretta del conte Dracula dalla Transilvania). È complicato far capire le cose alle persone che non ti vogliono stare a sentire, è come suonare una batteria sfondata, non ne cavi niente. Corro. (Ormai ho più multe che capelli! NO, non sono pelato, mi faccio la boccia, ma è una scelta !! “nnamo, su!). I lampioni li vedo schizzare via uno ad uno, li brucio come non ci fosse un domani. Rischio la mia vita per un ragazzino con i genitori idioti, mi incazzo. Mi capita spesso, specie quando la stupidità di chi non ascolta prevale. Dott Google è il medico dei saccenti, di chi legge quattro frasi e capisce solo quello che vuole e rompe le palle a chi cerca di fare il suo lavoro. Anni di studi buttati al cesso. L’ascensore è rotto e il piano è il settimo. Porca zozza, tutte a me stasera! Faccio le scale quattro a quattro, ho la lingua per terra e un fiatone che te lo dico a fare? (Dovrei smettere di fumare, ma sticazzi!).

Entro in casa e trovo il ragazzino seduto davanti alla finestra aperta. Ha fame d’ aria e non riesce a respirare. Le sue labbra sono viola e il mio cuore batte a seimila. Non gli chiedo neanche come si chiama e mentre gli apro la bocca preparo le mie armi. La gola è serrata. La saturazione dell’ ossigeno è in crollo verticale e inizio a sudare freddo. La vita di quel cazzo di ragazzino è nelle mie mani (oltre che in quelle del semaforo), nelle mie capacità tecniche. Una responsabilità enorme, per una paga da schifo. A causa di un destino beffardo e assassino, i sogni di un ragazzino, la sua vita, l’uomo che sarà domani, sono legati ai miei. Inietto, inietto, inietto tutto quello che ho. Intanto lui si è pisciato addosso e sta per perdere conoscenza. Sono attimi, secondi che dividono la vita dalla morte. Mi serve ossigeno che, però, non ho. No, no, no, non puoi crepare così, non è giusto!’. Gli mollo due schiaffi. Il padre mi guarda ed io lo fulmino. Capiscono, finalmente, che non è la solita asmetta a cui sono abituati. Deo gratias! Chiamo l’ambulanza ma ci vogliono 10 minuti. Troppi. Lo stendo a terra in mezzo al suo piscio, la madre accorre con uno straccio. Ti preoccupi per il tappeto buono?

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Raddoppio le dosi; sono un automa ma ho il cuore in gola. Sono attimi, di una lunghezza infinita, se non li vivi non puoi renderti conto. Ad un tratto il piccolo sputa, tossisce, farfuglia e a me sembrano i suoni più aggraziati del mondo. Si sta riprendendo ed io con lui. Respira! Grazie Signore di avermi fatto strumento di vita nelle tue mani, stanotte. È vero, dico le parolacce ma sono profondamente credente. Non sono un baciapile ma ho un bel rapporto con il Padreterno: me lo scarrozzo in giro in tutte le cose che faccio. Spesso se ne sta in silenzio, guarda e giudica (pure Lui ha le sue manie di grandezza) ma in alcuni momenti della vita, quando meno te lo aspetti, mi dice qualcosa di bello, di profondo, di risolutivo. Cazzo, non parla…ma quando parla, fa i buchi! Gli voglio bene, a modo mio, mi aiuta ad essere migliore. Migliore , non in relazione agli altri, ma rispetto all’ io che ero ieri. Lo so è un concetto difficile da spiegare e poi ho finito i sigari e mi sono meritato il caffè. Lo nominerò spesso il caffè, è un amico, anche lui è nero come la notte e come il mio umore di questi tempi. Lei se ne è andata , è stato un massacro a cui non ero pronto. Forse ve lo racconterò, forse no. (Sta di fatto che due etti di fatti vostri, neanche a parlarne, eh?).

Se beccamo !

foto di copertina via

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