Cosa fa un medico notturno con il giubbotto antiproiettile una notte di ferragosto a Roma

di Giovanni Palombo

Pubblicato il 2019-08-14

L’ultima boccata del sigaro è la migliore, la guardo disperdersi nell’ aria e giocare con l’aria afosa di queste notti romane che ne disegna forme buffe con mano incerta di bambino.Il sapore del tabacco resta in bocca , è una sfumatura tra l’amaro ed il dolciastro. Una nota pungente che poi sfuma gradatamente, è il …

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L’ultima boccata del sigaro è la migliore, la guardo disperdersi nell’ aria e giocare con l’aria afosa di queste notti romane che ne disegna forme buffe con mano incerta di bambino.Il sapore del tabacco resta in bocca , è una sfumatura tra l’amaro ed il dolciastro. Una nota pungente che poi sfuma gradatamente, è il mio amato vizio. Si comincia. È una delle tante notti dalla trincea silenziosa della vita di una grande metropoli sempre più confusa e caotica, sempre piu’ attorcigliata su se stessa, alla ricerca di una umanità che c’è ma sta morendo. Siamo in pochi, siamo i soliti, come sempre. Tanti piccoli Rambo che affrontano Roma di notte, che la curano o almeno provano a farlo. Il nostro nemico è il male, sta li’ fuori e ci aspetta ogni notte, manifestandosi nei modi e nelle forme piu’ diverse: dall’ anziano che marcisce in un letto in attesa della morte liberatoria, alla giovane madre che ti guarda con gli occhi sgranati di un bambino mentre prova ad accudire un figlio ed è consapevole di non esserne capace. Iniziano ad arrivare le chiamate e un piccolo drappello di medici si mette in moto: è la routine. Ognuno di noi domani avrà altre storie da raccontare. I mezzi sono pochi e i rischi tanti ma è il sale del nostro vivere, il senso profondo della nostra professione.

Combattiamo tutte le battaglie, anche quelle che sappiamo di perdere perché siamo fatti così, perché è una malattia che ti entra nel sangue da studente e non ti lascia più. Nella mia postazione siamo in due stanotte e facciamo da balia ad un quadrante di Roma che conta più di 200 mila anime. Diciamo che se pensassimo ai numeri, alla logica inevitabile delle proporzioni , dovremmo mollare tutto e scappare a gambe levate. E invece no. Ci immergiamo nella notte, nei festivi, nei Natale e nei Ferragosto senza pensarci ma con la certezza di voler fare il nostro dovere con dignità e decoro. O almeno ci proviamo. Le nostre storie potrebbero essere la spina dorsale di una fiction televisiva con mille mila puntate. Non ci sono draghi da sconfiggere né troni da guadagnare ma solo calcoli renali e polmoniti. Vado, la prima missione è arrivata, le coordinate mi sono state date, il mio nemico è ignoto. Mi armo, cioè prendo la mia borsa, consunta da migliaia di notti e milioni di storie, e metto in moto. La chiamata è semplice, o almeno così sembra, è una colica renale. Va bene dai, è una cosa banale, penso tra me, mi ci vorrà poco.

L’ indirizzo è una via sperduta ai confini dell’agro romano, la Casilina profondissima. Il navigatore si è arreso e provo a chiedere aiuto. Ci sono due ragazze alla fermata dell’ autobus, accosto e provo a domandare. Caspita è pure molto carina, tiro giu’ il vetro e lei mette la testa dentro. Chiedo se conosce la strada e lei sorride e mi dice: “30 euro!”. Cerco di scusarmi per l’ incomprensione, non è quello che cerco, mi serve la strada. Si avvicina l’ altra ragazza con fare risoluto, tira via la sua amica e prende il suo posto. Cerco di spiegare a lei, magari parla meglio la lingua. Si incazza, fa una smorfia spazientita e poi mi urla sul muso: “30 euro o baffanculo!”. Morale, nessuna delle due parlava uno straccio di italiano (e pure sulle parolacce avevano da migliorare). Sorrido e me ne vado ma non posso fare a meno di pensare a quelle due giovanissime ragazze, venute da chissà dove, in mano a chissà chi, messe a vendersi per un mozzico di pane, su una strada sperduta in mezzo ai cumuli di immondizia. “Pasolini me fa ‘ na pippa!” – penso mentre vado via. Arrivo alla colica, finalmente. Quel poveraccio strilla come una partoriente e si lamenta del tempo di attesa.

Avrei voluto rispondere che mica è colpa mia se hai deciso di vivere in culo alla luna! Mentre aspetto che il farmaco inizi a fare effetto arriva un’ altra chiamata, è un TSO. Trattamento sanitario obbligatorio, c’è qualcuno che ha “svalvolato”, che “ha dato de matto”, e bisogna andare alla svelta. All’ arrivo trovo l’ira di Dio : vigili, carabinieri, pompieri, ambulanza. Tutti fermi ad aspettare me. Devo decidere io se il malato “lo dobbiamo incartare” e portarcelo via a forza, o se si può gestire diversamente ed in modo meno traumatico (per lui e anche per noi). La scena è surreale, i lampeggianti squarciano la notte intorno ad una casetta bassa e semi isolata. Una di quelle costruzioni abusive cresciute come funghi in periferia, costruite a cazzo, messe a caso, senza una logica senza un criterio. Sembra che la disposizione delle case voglia rappresentare il caos delle nostre vite, la provvisorietà dei nostri tempi. Il carabiniere mi “rende edotto” sulla situazione che ho davanti : si tratta di un vecchietto classe 1929 , che ha caricato due fucili a pallettoni e sta aspettando che i Tedeschi provino a prenderlo. Sono le 4 di notte di un fottuto Ferragosto romano e il nonnetto s’è fissato con la Seconda Guerra Mondiale ? Non è serata!!

Avviso il collega che qui sarà lunga , lui “smadonna” perche’ ha girato come una trottola ed ha bisogno di un caffè e di una pisciata. Concordiamo di trovarci sulla Tiburtina in quel bar sempre illuminato, ritrovo di sbandati e nottambuli, di loschi e mignotte. “Dotto’, ce deve anna’ a parla’ lei col nonnetto , perche’ qui s’ è fatta ‘na certa !” – sbotta un ambulanziere. “Ma guarda questo” – penso, e lo odio in modo subitaneo e viscerale. E va bene, vediamo cosa ne esce e faccio per avvicinarmi alla casa. Un vigile mi rincorre con un coso in mano, è un giubbotto antiproiettile. “Dotto’, mettite questo che non sia mai avesse caricato a pallettoni per il cinghiale!” Eh, ora sì che sto tranquillo!! Me lo infilo, mi manca l’aria ma sarà la paura, me lo immaginavo pure più pesante e invece no, può andare. Sono quasi figo, fingo un contegno ma ho paura, ho tre figli a casa e vorrei tornarci, di un bel necrologio o di un titolo sui giornali l’ indomani, non saprei che farmene. Faccio l’unico gesto scaramantico che posso fare e mi avvicino pensando che : ” so’ pure biondo, vedi tu se mi dovesse prendere per un tedesco veramente!”

Come mi accosto, il nonnetto si alza e intima l’alt! Ho lo stomaco in gola e di fare l’eroe nessuna voglia ma, sarà che in quei momenti si tira fuori il massimo delle proprie capacità, decido di rivolgermi al vecchietto in inglese. Ma no inglese inglese, diciamo l’inglese de Quarticciolo, di Alberto Sordi, una roba così alla “spaghetto , tu me provochi ed io me te magno!” È inutile che mi guardate così, io a scuola ho studiato il francese, di più non potevo fare! Mi qualifico come un soldato americano e gli chiedo se ha visto se i tedeschi sono scappati perché Roma è liberata. (Lo so, meriterei l’ inferno, ma la guerra è guerra!). Il nonnetto molla il fucile sul muretto e mi abbraccia sciogliendosi in un pianto dirotto. Nella sua mente era ritornato ad una situazione traumatica e stressantissima, magari li aveva aspettati davvero i tedeschi imboscato dietro a un muretto….chi lo sa ? Lo rinfranco e lo stendo con un sedativo, la polizia prende i fucili e noi tutti togliamo le tende, felici di non doverci caricare il nonnetto che ora è Amilcare e magari gli diamo pure due stecche di cioccolata e le sigarette.

(Va bene, le sigarette meglio di no! Uffa che pesantezza, eh!). Il mio collega ha appena finito con una prostituta nigeriana che aveva una emorragia imponente a causa di un aborto fatto male, male, male. Pure lui ha dovuto fare i salti mortali ma alla fine l’ ha convinta ad andare in Pronto Soccorso. Dai, siamo una bella coppia, Starscky ed Hutch della Garbatella!! ( anche se è’ piu’ facile che ci prendano per Stanlio ed Olio, ma mi rovinate tutto il romanticismo!). Il caffè è pronto e il cesso è libero…e, come si dice a Roma :”se beccamo alla prossima , magari te pija no sturbo, no?”. Ciao.

foto copertina via instagram

Leggi sull’argomento: A che punto è la Crisi di Ferragosto

 

 

 

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