Mariana Mazzucato: chi è l'economista chiamata da Conte per lavorare sul contrasto agli effetti del Coronavirus

Gli economisti
È lo stesso piano di investimenti che Yanis Varoufakis teorizzava, prima di prestare la sua competenza di economista come ministro del governo greco:
Varoufakisviene spesso accusato di essere un ministro troppo accademico e non abbastanza “politico” e concreto. Niente di più lontano dalla realtà. Ciò di cui oggi abbiamo bisogno sono proprio i politici in grado di coniugare delle prospettive di ampio respiro con gli strumenti di intervento nel breve periodo. Varoufakis lavora dal 2010 a quella che chiama una «modesta proposta per l’Europa», un piano di investimenti che ponga fine alle divergenze competitive che impediscono di uscire dall’attuale crisi. Se fosse stato ascoltato 5 anni fa, non saremmo di nuovo nei guai con i vari possibili “exit” dei prossimi anni (e non solo quello greco!). La sua proposta mirava alla creazione di denaro da destinare all’attività produttiva. L’idea era favorire una crescita trainata dalla Banca europea degli investimenti attraverso l’emissione di bond destinati all’investimento produttivo — con la Bce pronta ad acquistare quei bond, che avendo un rating tripla A sarebbero stati molto meno rischiosi dei bond nazionali. Finalmente l’Europa ha approvato un piano importante di quantitative easing, ma questo non basta, perché occorre dare una direzione al nuovo denaro creato, per evitare che finisca soltanto nelle casse delle banche le quali non necessariamente prestano denaro all’economia reale.
Ma il problema, spiegava all’epoca la Mazzucato, è la Germania:
Purtroppo, sino a quando la Germania non ammetterà che le differenze tra paesi forti e paesi deboli sono dovute ai mancati investimenti strategici,finché non smetterà di proporre unicamente tagli ai bilanci nazionali, sarà difficile articolare una vera soluzione. Per quante riforme strutturali si possano architettare, l’Europa non andrà da nessuna parte se non inizierà a programmare un futuro nuovo. Un futuro nel quale sia il settore pubblico che quello privato spendono di più nelle aree che favoriscono la crescita di breve e lungo termine. Proprio come su scala nazionale la Germania fa con il suo programma energiewende, che cerca di ottenere una vera trasformazione verde basata su nuove tecnologie e nuovi modelli di consumo e distribuzione. Insomma l’Europa dovrebbe fare come la Germania fa e non come la Germania predica ai Paesi europei in difficoltà. La «stagnazione secolare» non è affatto inevitabile, è un prodotto degli investimenti che decidiamo di fare o non fare. È ora di cambiare direzione, progettare, e creare, un progetto veramente comune.
Nel 2016 rilasciò un’intervista sulle battaglie furbe di Matteo Renzi:
Matteo Renzi continua a chiedere a Bruxelles più flessibilità sul deficit. È la battaglia giusta?
«In principio sì. Ma bisogna capire come la flessibilità verrebbe utilizzata. Abbassare le tasse sulle imprese o il cuneo fiscale non stimola gli investimenti: le aziende investono quando vedono opportunità di crescita, che sono trainate dalla spesa pubblica. Renzi ha fatto riforme simboliche, come il Jobs Act, ma non ha scommesso sui fattori che fanno aumentare la produttività, come capitale umano e innovazione. La riforma della pubblica amministrazione è fatta di tagli, non ragiona su come renderla più efficace e smart. Intanto la Cassa depositi, a differenza della tedesca KfW, investe per sostenere imprese in difficoltà e non su settori d’avanguardia, come le energie alternative».