«Luigi Di Maio sta facendo sforzi sovrumani per impedire l’appoggio del PD»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-03-15

Marco Travaglio spiega che il leader M5S non ha la maggioranza e che per costruirla deve trattare. Ma non lo sta facendo

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Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano di oggi spiega che l’allegro concetto di democrazia di Luigi Di Maio sta di fatto impedendo qualsiasi ipotesi di alleanza o appoggio del Partito Democratico al governo dei 5 Stelle:

L’ha scritto ieri Curzio Maltese sul Fatto: siccome la soluzione più ragionevole sarebbe un appoggio di quel che resta del centrosinistra a un governo 5Stelle, è molto probabile che il Pd farà di tutto per evitarla. Mava dettoche anche Luigi Di Maio sta facendo sforzi sovrumani per complicarla o impedirla. Infatti continua a ripetere che sul programma non si tratta perché l’hanno scelto gli elettori; sui ministri non si tratta perché li hanno scelti gli elettori; e ovviamente non si tratta neppure sul premier (lui), perché l’hanno scelto gli elettori.

Dimentica sempre di precisare: i suoi elettori. Che sono tanti. Ma non tutti. Arrivare primi (come lista) con il 32,7% significa partire favoriti per l’incarico di formare un governo (anche se Mattarella potrebbe iniziare col centrodestra, cioè con la prima coalizione, sempre che non si sfasci nel frattempo). Ma non conferisce il diritto divino di fare un governo con i voti altrui, per giunta gratis. È vero che l’ammucchiata centrodestra-Pd la vogliono solo i due trombati del 4 marzo, cioè B. e Renzi, terrorizzati dalle rispettive ininfluenze e soprattutto da nuove elezioni. E un governo Lega-M5S non conviene né a Salvini né a Di Maio, ormai concorrenti e alternativi.

luigi di maio stampa estera

Ecco perché la maggioranza andrebbe costruita in un altro modo:

Se Di Maio vuole i voti del Pd derenzizzato e di LeU, glieli chieda. Poi vada a parlare con Martina e Grasso su un’offerta chiara, realistica, generosa e rispettosa della democrazia parlamentare (che non si regge su maggioranze relative, ma assolute).

Proprio quello che non fece il Pd nel 2013, quando pareggiò col M5S: si pappò le presidenze delle due Camere, designò Bersani come premier, stese un programma e una lista di ministri, poi pretese che i 5 Stelle sostenessero al Senato il suo governo di minoranza. Risultato: il famoso e disastroso incontro in streaming. Quella di Bersani e Letta era una proposta che Crimi e Lombardi non solo potevano,ma dovevano rifiutare.

Leggi sull’argomento: Quando Marco Travaglio spiegava la storia dell’inciucio M5S-PD

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