La lunga e tortuosa storia dell’asse tra i 5 stelle e Putin

di Maurizio Stefanini

Pubblicato il 2018-11-22

Esattamente come la Lega, anche il M5S non nasce filo-russo. Fino a tutto il 2013 Putin e la Russia erano davvero lontani dall’orizzonte del Movimento: “uno che fa affari oscuri, che discrimina i gay, che uccide la democrazia sul web”. Cosa è successo dopo? Chi è stato l’artefice del “cambiamento”?

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Come dimostra l’accordo appena firmato tra Lega Giovani e la Giovane Guardia del partito Russia Unita di Putin, resta il partito di Salvini una sponda privilegiata del Cremlino in Italia. “Stop alle sanzioni alla Russia”, “lotta al terrorismo di matrice islamica” e “difesa delle tradizioni e identità” sono i tre capisaldi attorno ai quali si dovrebbe aggregare una sorta di internazionale giovanile sovranista a partire da un incontro in agenda a Milano per marzo. Ma anche i Cinque Stelle, altra anima del governo giallo-verde, hanno una tradizione filo-Putin ormai consolidata.

L’asse tra i 5 stelle e Putin

In verità, esattamente come la Lega, anche il M5S non nasce filo-russo. Perito giudiziario ausiliario per le procure di Milano, Brescia e Palermo, ideatore e direttore del primo master in giornalismo investigativo per l’Università di Urbino, insegnante alla University of California, Nicola Biondo è stato dall’aprile 2013 al luglio del 2014 direttore dell’ufficio comunicazione M5S alla Camera dei deputati. Sviluppatore informatico, Marco Canestrari dal 2007 al 2010 ha lavorato presso Casaleggio Associati, occupandosi per il blog di Beppe Grillo, della comunicazione con i meetup locali, della produzione di contenuti multimediali e dell’organizzazione dei V-Day del 2007 e del 2008. Entrambi sono usciti dal MoVimento sbattendo la porta, e ne hanno poi raccontato altarini e retroscena nel libro Supernova I segreti, le bugie e i tradimenti del MoVimento 5 Stelle: storia vera di una nuova casta che si pretendeva anticasta. E sono appunto loro a scrivere che “fino al 2014, in coincidenza con la guerra in Ucraina, la Russia e Putin erano fuori dagli interessi del Movimento. Anzi, peggio. Putin veniva definito uno ‘zar dagli affari oscuri”. “C’era una volta , prima dello sbarco in Parlamento, il Movimento che esaltava i movimenti di contestazione americani, elevava a suo nume Julian Assange, eleggeva come icona dell’informazione il nemico pubblico numero uno di Putin, Anna Politkovskaja, e le proteste laiche e libertarie delle Pussy Riot; guardava infine con simpatia ai proclami della primavera araba”. Sono sempre loro a ricordare che “quando Vladimir Putin arriva in Italia, fresco dell’approvazione della prima legge ‘ammazza blog’, l’accoglienza del Movimento è gelida: ‘Noi chiediamo che il governo venga a riferire in aula al più presto sugli oscuri affari con lo zar russo’ recita una nota del gruppo alla Camera. Fino a tutto il 2013 Putin e la Russia erano davvero lontani dall’orizzonte del Movimento: uno che fa affari oscuri, che discrimina i gay, che uccide la democrazia sul web”. “Cosa significa Unione Europea se Putin annuncia l’intervento armato in Ucraina e noi non facciamo niente?”, chiede angosciato nel marzo 2014 Roberto Fico. “ Cosa significa Unione Europea se a pochi chilometri da noi la Russia sta per invadere l’Ucraina e non riusciamo a muovere neanche un passo diplomatico? E a cosa serve l’Italia all’interno dell’Unione Europea se è schiava degli accordi sul gas proprio con Putin?”.

russia putin lega m5s

Eppure, come spiegano sempre Biondo e Canestrari, “nel giro di un anno dalle parole di Fico, Putin passerà da essere l’uomo nero della politica mondiale allo statista di riferimento per il Movimento cinque stelle”. Come nasce questo abbraccio “tra un movimento che genericamente si dice anti-autoritario e a favore della democrazia diretta e uno dei regimi più agli antipodi da questi principi”? Gli stessi Biondo e Canestrari descrivono una sorta di colpo di fulmine tra Alessandro Di Battista e Sergei Zheleznyak: un imprenditore proveniente dal mondo della comunicazione e della pubblicità già deputato putiniano del 2007, che nel 2012 a 42 anni diventa vice-presidente della Duma e come tale promuove una serie di leggi che limitano pesantemente la libertà di espressione, trasformando la Russia dalla democrazia caotica e corrotta che si era ancora manifestata al voto del 2011 in un autoritarismo appena mascherato. È quella che al Cremlino definiscono “democrazia sovrana”, in attesa che Orbán lanci l’etichetta di “democrazia illiberale”. Secondo un’analisi dell’Atlantic Council, sarebbe stato invece Davide Casaleggio in persona a decidere la svolta filo-russa nella primavera del 2015. Però anche secondo Biondo e Canestrari, “’Putin è uno che tira, il suo nome produce traffico sulla rete’, raccontano dal quartier generale della Casaleggio, la task-force che spesso rimbalza e fa da cassa di risonanza dei due principali network putiniani, Russia Today e Sputnik”. Riferiscono anche di quel che dice un senatore Pentastellato, sul grave isolamento internazionale del MoVimento alle sue origini: “siamo andati a bussare a tutte le porte. Gli unici che ci hanno aperto sono stati i Russi, ecco perché oggi siamo la loro prima scelta in Italia. Ma fino a quanto può durare? E quale sarà il prezzo da pagare?”

 

Da leggere: Travaglio e Salvini che non conosce Putin

 

Il colpo di fulmine di Di Battista e Di Stefano

Di Battista come vice-presidente della Commissione Esteri della Camera è effettivamente uno dei tre personaggi chiave per intessere rapporti col Cremlino, assieme al capogruppo Cinque Stelle alla Commissione Esteri della Camera Manlio Di Stefano e al capogruppo dei Cinque Stelle al Senato Vito Petrocelli. Ma sarebbe stato Casaleggio a monitorare da vicino il processo.
Nel giugno del 2014 Biondo e Canestrari segnalano una primissima avvisaglia, quando la deputata Marta Grande denuncia l’esistenza di campi di concentramento in Ucraina allestiti dal governo di Kiev per torturare i russi, e addirittura casi di cannibalismo, con foto di soldati ucraini che mangiano i corpi di soldati russi. In realtà la parlamentare grillina è inciampata in una fake news particolarmente marchiana, basata sulle foto di un film di fantascienza del 2008. Ma potrebbe essere considerato folklore, del tipo di quello di cui gli eletti grillino hanno sempre dato abbondanti saggi di propria spontanea iniziativa Un segnale di inizio ufficiale del feeling è invece nell’aprile del 2015, quando RT trasmette un’intervista a Grillo in cui l’Italia è descritta come un Paese “in cattive acque” e alla vigilia di un golpe, sullo sfondo di immagini che mostrano violente dimostrazioni anti-governative. Nel giugno del 2015 i Cinque Stelle lanciano una campagna contro le sanzioni alla Russia. L’8 giugno sul blog di Grillo Di Stefano accusa l’Occidente di aver fatto in Ucraina un colpo di Stato per installarvi la base da cui lanciare l’”assalto finale alla Russia”. Il 29 luglio sempre sul blog di Grillo nell’annunciare una “delegazione di pace dei Cinque Stelle in Russia e in Crimea” ancora Di Stefano avverte che l’Europa sta venendo trascinata dall’Occidente in una crociata pericolosa contro la Russia. Nel novembre del 2016 un’analisi di BuzzFeed sostiene che ormai i siti di area Cinque Stelle ripetono sistematicamente i principali motivi di propaganda putiniana di RT o Sputnik.. Come ricorda lo studio dell’Atlantic Council, “per esempio, Sputnik è diventata una delle fonti preferite di storie pubblicate da Tze Tze ”: sito controllato dalla Casaleggio Associati e all’epoca uno dei maggior siti orbitanti nella galassia pentastellata, con 1,2 milioni di followers (anche se in seguito è stato degradato a sito di cucina). Assolutamente intossicato di propaganda putiniana appare anche L’Antidiplomatico, il cui direttore Alessandro Bianchi è indicato come vicino a Di Battista e secondo alcune fonti sarebbe stato anche assunto come consulente dell’Ufficio Legislativo dei Cinque Stelle alla Camera.

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Nel corso del 2016, d’altronde, il pellegrinaggio dei Cinque Stelle a Mosca è diventato altrettanto intenso che non quello dei dirigenti del Pci nei tempi d’oro dell’Urss. Il 25 marzo del 2016 il sito di Russia Unita annuncia per il giorno dopo l’incontro tra una delegazione di Cinque Stelle guidata da Di Battista appunto con Zheleznyak e con Robert Shlegel, presidente della Commissione Esteri del Presidium del Consiglio Generale di Russia Unita. Il giorno dopo Di Stefano è l’unico italiano a parlare al congresso di Russia Unita. Definisce la Rivoluzione Ucraina “un colpo di Stato appoggiato dall’Occidente”. Dice che “attraverso i media si alimenta una russofobia crescente per giustificare l’ingresso di nuovi Stati in Europa e nella Nato. Montenegro, Georgia e Ucraina ne sono un esempio”. Chiede una stretta cooperazione di intelligence tra Italia e Russia in chiave antiterrorismo, oltre a una revoca delle sanzioni. Anticipando la linea del governo giallo-verde, auspica anche una stretta cooperazione tra Roma e Mosca anche per risolvere le crisi in Medio Oriente e in Nord Africa. “I russi hanno un ottimo apparato di intelligence, hanno esperienza e sono disposti a collaborare”, concorda Di Battista: linea da lui ribadita in un discorso in Parlamento il 3 agosto. E il 4 agosto i Cinque Stelle presentano una proposta di legge per esigere che l’adesione dell’Italia alla Nato sia soggetta a voto parlamentare ogni due anni. Questa linea anti-Nato tocca il parossismo dopo il 14 ottobre, in concomitanza con l’annuncio che 140 militari italiani parteciperanno al nuovo gruppo di battaglia della Nato in Lettonia. Di Stefano dice che per evitare di essere coinvolta in una guerra termonucleare contro la Russia l’Italia deve discutere la propria partecipazione alla Nato (). Il governo giallo-verde è ancora da venire, ma già su questa vicenda lettone si registra una clamorosa convergenza tra Cinque Stelle e Lega: divisi in teoria da tante cose, ma uniti da un amore per Putin evidentemente più forte delle differenze. Sarebbe proprio “tra ottobre e novembre 2016” che secondo Biondo e Canestrari negli uffici del gruppo parlamentare Di Battista pronuncerebbe la frase fatidica: “che ne dite di farci dare una mano per la campagna sul referendum costituzionale dall’ambasciatore russo? Con tutto quello che stiamo facendo per loro…”. E in effetti è proprio dall’ottobre del 2016 che i media putiniani si scatenano contro il referendum costituzionale voluto da Renzi. Il 30 ottobre, in particolare, RT in inglese e altri siti a essa vicini o da essa ispirati presentano le immagini di una dimostrazione per il sì a Roma come una manifestazione per il no: i Cinque Stelle rilanciano e il governo presenta una protesta diplomatica ufficiale. Il 14 novembre una delegazione di Cinque Stelle guidata da Petrocelli va a spiegare la campagna per il no a Mosca, con una conferenza stampa. E il 23 marzo 2017 i Cinque Stelle pubblicano un Libro a 5 Stelle dei Cittadini per l’Europa che chiede sia la fine delle sanzioni alla Russia che la cancellazione dei programmi di comunicazione Ue tacciati di propaganda “anti-russa” e “pro-euro”. Gran finale: il 5 aprile 2017 sulla Piattaforma Rousseau è approvato un programma di politica estera che chiede una partnership strategica tra Italia e Russia e sostiene che i programmi occidentali di promozione della democrazia hanno creato caos, terrorismo e destabilizzazione” distruggendo “Paesi come Iraq, Somalia, ex-Jugoslavia, Afghanistan, Libia, Ucraina e Siria”.

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