Le due lettere di Malagò al CIO: «Punite l’Italia»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-09-13

Le due lettere inviate da Malagò al CIO per chiedere una punizione per l’Italia dopo la riforma del governo Lega-M5S. La difesa del presidente del CONI in una conferenza stampa. E l’attacco di Di Battista: «Alto tradimento nei confronti dello sport e degli sportivi»

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Due lettere di Giovanni Malagò inviate al Comitato Internazionale Olimpico (CIO) per contrastare la riforma varata dall’ex governo che con la creazione della società Sport e Salute ha sottratto al Coni la gestione dei fondi destinati allo sport mettono in subbuglio il settore italiano.  A raccontare la vicenda è il quotidiano Repubblica in un articolo a firma di Marco Mensurati.

Le due lettere di Malagò al CIO: «Punite l’Italia»

Secondo il racconto il Coni ha inviato a Losanna due lettere il 30 e il 31 luglio scorso. La prima è la più formale ed è indirizzata direttamente al presidente del Cio Thomas Bach. “Dear president, dear Thomas -si legge nel documento- vorrei informarla che il governo italiano approverà nei prossimi giorni un decreto legge non in linea con la Carta olimpica…”. Malagò spiega, poi, in che modo, secondo il Coni, Sport e Salute, la società creata dal precedente governo nella quale è confluita la cassa dello sport italiano, interferisca con l’attività del Coni e con la sua autonomia. “Prima di tutto – si legge nella missiva secondo quanto riporta Repubblica- il decreto legge definisce il ruolo del Coni come limitato alla gestione delle attività olimpiche (…) e questa definizione è contraria all’articolo 27 della carta olimpica che parla invece di sviluppo e promozione sia dello sport di alto livello sia dello sport per tutti”. In secondo luogo, sempre secondo Malagò, la riforma contrasta anche con il paragrafo 5 dei principi fondamentali della carta olimpica, secondo cui “le organizzazioni sportive aderenti al movimento olimpico devono essere politicamente neutrali”.

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Una delle lettere di Malagò al CIO (La Repubblica, 13 settembre 2019)

La seconda lettera (di carattere riservato) è indirizzata sempre a Losanna ma stavolta all’attenzione di James Macleod, il responsabile del Cio per le relazioni con i Comitati nazionali. “Dear James, oltre a quanto scritto al presidente ieri, vorrei sottolineare alcuni altri aspetti…”, è l’incipit. Tra questi aspetti, riporta Repubblica, Malagò sottolinea un punto preciso dell’articolo 27, il nove. Ovvero quello che “stabilisce che il comitato esecutivo del Cio può assumere le decisioni più appropriate per proteggere il movimento olimpico (…) tra cui la sospensione o il ritiro del riconoscimento del Noc (comitato olimpico nazionale) nel caso in cui una legge o anche ogni altro atto del governo sia di ostacolo all’attività o alla libera espressione del Noc stesso”. Insomma, ricostruisce Repubblica, è stato proprio Malagò a indicare al Cio di prendere in ostaggio la partecipazione olimpica dell’Italia a Tokyo 2020, nonché l’organizzazione delle Olimpiadi de 2026, pur di ostacolare la riforma Giorgetti-Valente.

La riforma dello sport del governo Lega-M5S e la risposta di Malagò

Con la Legge di Bilancio 2019 il governo ha trasformato la vecchia Coni Servizi in Sport e Salute in una società per azioni controllata al 100% dal Mef che gestisce al posto del CONI i 428 milioni destinati dal governo allo sport. Al Coni soltanto 40 milioni. Ad agosto il Senato ha approvato in via definitiva la legge delega con i termini della riforma dello sport. A volere la legge gli ex sottosegretari alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti (Lega) e Simone Valente (M5S). L’ad di Sport e Salute è Rocco Sabelli, ex ad di Alitalia. Con la riforma il Coni deve limitarsi a gestire l’attività sportiva di vertice ma non distribuisce più i fondi pubblici alle federazioni né è più titolare del patrimonio impiantistico (ad esempio l’Olimpico di Roma). Per il Coni, la riforma viola il punto 5 dei principi fondamentali dell’Olimpismo sull’autonomia dello sport e l’articolo 27 della Carta olimpica sullo sport di base, limitando i comitati regionali a enti di pura rappresentanza. Ma mette anche in pericolo la riconferma di Malagò visto lo rende potenzialmente ineleggibile per un terzo mandato.

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La legge delega sullo sport (La Repubblica, 13 settembre 2019)

Dopo la pubblicazione dell’articolo di Repubblica sono arrivate le prime reazioni dello sport italiano. Il presidente della Federtennis, Angelo Binaghi, con l’AdnKronos ha definito sconcertanti le lettere di Malagò. Il quale ha convocato una conferenza stampa per difendersi: “Le mie lettere al Cio? Era indispensabile e doveroso farlo. Se non avessi evidenziato situazioni normative che sono sotto gli occhi di tutti, da membro Cio sarei stato sanzionato, in modo anche grave. Ci sono 9 articoli della carta olimpica che confermano che il mio comportamento è stato doveroso e corretto. Ero obbligato a farlo”. E su Binaghi: “Mi auguro che la Sport e Salute che sta parlando ora con Angelo Binaghi per le fideiussioni alla Fit per gli Atp Finals di Torino, non sia la stessa che adesso si sta occupando dei contributi pubblici alle federazioni. Altrimenti sarebbe il primo grave conflitto di interesse”.

Di Battista accusa Malagò di alto tradimento

La Lega ha chiesto le sue dimissioni mentre Mario Pescante, membro onorario del CIO, lo ha difeso.  “Le due lettere le ho viste e rilette, non c’è alcuna richiesta da parte del presidente del Coni Malago‘ di punire l’Italia”, ha detto invece all’AGI Ivo Ferriani, membro dell’Esecutivo del Comitato Olimpico Internazionale e uno dei tre italiani del massimo organo sportivo mondiale assieme a Franco Carraro e a Giovanni Malagò. “Su queste due lettere non c’è alcuna richiesta di sanzione nei confronti dell’Italia ma la posizione del presidente Malagò, secondo cui ci sono situazioni in Italia dove la Carta olimpica potrebbe essere infranta. Il CIO ha il compito di verificare e osservare, quindi eventualmente di giudicare”.

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All’attacco di Malagò è invece andato, con l’AdnKronos, Alessandro Di Battista, che da qualche tempo lo indica – lo ha fatto anche nell’intervista rilasciata ieri a Diritto e Rovescio – come componente di un non meglio precisato “Deep State” che comprenderebbe anche Caltagirone e altri: “Innanzitutto se Malagò avesse studiato di più, conoscerebbe la differenza tra decreto legge e legge delega. Ma qui il problema non è la sua impreparazione, quanto il suo alto tradimento nei confronti dello sport e degli sportivi. Il funzionario pubblico Malagò mentre pubblicamente terrorizzava gli atleti italiani dicendogli che probabilmente non avrebbero partecipato alle prossime Olimpiadi, segretamente scriveva al Cio chiedendo di punire l’Italia e di escluderla da Tokyo 2020. Il Coni è un ente pubblico non un organo da deviare per fini lobbistici e clientelari di Malagò. In qualsiasi paese civile il governo pretenderebbe le immediate dimissioni”.

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