L’etichetta d’origine di pasta, riso e formaggi che scompare dal primo aprile

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-02-23

L’Italia ha chiesto una proroga insieme a Francia e Finlandia. Altri paesi pronti a sostenere la linea

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L’Italia ha chiesto all’Ue una proroga a fine 2021 per l’etichetta d’origine degli alimenti.  Il primo aprile, spiega oggi La Stampa, scade la sperimentazione concessa dall’Unione Europea di utilizzare questo strumento, su richiesta dei consumatori, in attesa di una decisione definitiva da parte di Bruxelles. Senza un nuovo intervento nazionale o comunitario entrerà in vigore una normativa comunitaria più blanda; per questo venerdì scorso Roma ha notificato a Bruxelles lo schema di decreto che proroga fino al 31 dicembre 2021 l’obbligo per latte e formaggi. Anche Francia e Finlandia hanno chiesto la proroga. E Spagna, Portogallo, Grecia, Romania, Polonia sono pronte a sostenere questa linea.

Per la ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, la Commissione deve fare «scelte coraggiose sull’origine a livello europeo. Vogliamo che in Europa si affermi l’obbligo di indicare l’origine delle materie prime per tutti gli alimenti e siamo convinti che la Commissione con la strategia Farm to Fork del Green Deal saprà dare risposte». L’Italia, comunque, non «vuole passi indietro» e per questo a livello nazionale si va verso la conferma dell’obbligo non solo per i prodotti lattiero caseari, ma anche per riso, derivati del pomodoro e pasta. E proprio sulla pasta è arrivata la presa di posizione degli industriali: i consumatori continueranno a trovare sulle confezioni le informazioni sull’origine della materia prima.

Per Riccardo Felicetti, il presidente di Union Food, «a prescindere da qualunque quadro normativo in materia non cambierà la nostra trasparenza nel far sapere al consumatore da dove arriva il grano utilizzato per fare la pasta». Nei giorni scorsi era stato Luigi Scordamaglia, consigliere delegato della fondazione Filiera Italia, a lanciare l’allarme: «Se un prodotto non ha alcun richiamo all’italianità non c’è obbligo di indicare l’origine della materia prima ma così si penalizzano gli alimenti 100% Made in Italy, è un passo indietro inaccettabile con conseguenze pesanti sia per l’intera filiera agroalimentare italiana che per i nostri consumatori».

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Ma anche le organizzazioni agricole sono in pressing per difendere la sperimentazione italiana, magari allargandola ad altri Stati. La Coldiretti, ad esempio, nei mesi scorsi ha lanciato una campagna europea che ha raccolto 1,1 milioni di firme in sette paesi dell’Unione per riconoscere l’obbligo di indicare l’origine delle materie prime in etichetta. Quella petizione è servita al governo francese, supportato da Italia, Spagna Portogallo e Grecia, per porre la questione al consiglio dei ministri agricoli che si è svolto prima di Natale.

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