Le sciocchezze di Andrea Romano sulle banche a Porta a Porta

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-01-05

L’onorevole ex Scelta Civica ora del PD ha inanellato una serie di castronerie a Porta a Porta che rinverdiscono il ricordo di quelle di Di Maio. Mentre la Meloni…

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Ieri a Porta a Porta è andato in scena un fantastico confronto tra Andrea Romano, eletto in Scelta Civica e poi passato al Partito Democratico, e Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia. Chi ha apprezzato la bella figura fatta da Luigi Di Maio da Lilli Gruber in occasione della mozione di sfiducia nei confronti di Maria Elena Boschi non potrà non apprezzare quanto il parlamentare democratico insieme alla Giorgia hanno affermato nel corso della puntata. Vediamo una parte del duetto:

Andrea Romano e il decreto sull popolari di next-quotidiano
Romano comincia affermando che le Popolari sono state riformate qualche mese fa, e che “hanno dato origine” al problema poi risolto dal Salvabanche. Continua dicendo che la riforma delle Popolari voluta dal governo Renzi serviva a una maggiore trasparenza per gli istituti di credito. Poi afferma: «Nel passaggio tra vecchie popolari e nuove popolari questi crolli sono stati dovuti anche a responsabilità che devono essere accertate». Nell’ordine:
1. La riforma delle Popolari voluta dal governo Renzi a gennaio – con la conversione del voto capitario, che Romano non nomina mai – riguardava un cambio della governance per Ubi, Banco Popolare, Banca Popolare di Milano e Banca Popolare dell’Emilia Romagna, le valtellinesi Credito Valtellinese e Banca Popolare di Sondrio, Banca Etruria, che sono tutte quotate in Borsa. In più, tocca anche la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, oltre alla Popolare di Bari. Come i più arguti di voi avranno già notato, delle quattro banche salvate dal Salvabanche soltanto una (Banca Etruria) era toccata dal decreto di Renzi (le altre sono Banca Marche, Carichieti e Cariferrara). Le altre non rispettavano i requisiti minimi di patrimonio: in una parola, erano troppo piccole.
2. I “crolli” di cui parla Andrea Romano – in realtà il governo che lui vota tutti i giorni in parlamento ha approvato una risoluzione per le vecchie banche – sono invece stati provocati dal “credito allegro” nei confronti di clienti non meritevoli e dall’aumento delle sofferenze (ovvero dei crediti più o meno inesigibili); le ispezioni di Banca d’Italia hanno rivelato problemi di governance e di credito nelle banche poi risolte fin dalla fine del 2012. Il decreto sulle Popolari di Renzi non c’entra niente o quasi.
La Meloni, che come sapete non è tra le nostre politiche preferite, discute invece a Porta a Porta degli effetti del decreto Salvabanche e parla di «un miliardo e sette per le bad bank, si stima che venderanno le sofferenze e ci faranno un miliardo e mezzo. Ma se ci facessero di più il guadagno a chi andrebbe? Alle banche». La Meloni confonde la bad bank con i non performing loans e sbaglia quando dice che andrebbero le banche (perché le banche non comprerebbero i crediti in sofferenza di altre banche, specialmente perché ne hanno già abbastanza di propri…), ma il punto che solleva è corretto: la sua è  la stessa domanda che si è fatto qualche tempo fa Alessandro Graziani sul Sole 24 Ore.

Nel caso delle quattro banche italiane, Governo-BankitaliaUe hanno invece dettagliato in 18 centesimi il valore medio degli Npl conferiti alla bad bank. Valore che si confronta con una media di 40 centesimi dello stock in portafoglio alle banche italiane. Chi ha determinato quel valore così «scontato»? E’ vero che sarebbe stata la Ue a pretenderlo, invocando una valutazione da immediato realizzo su cui sono pronti a tuffarsi hedge fund che intravedono lauti guadagni? Se la valutazione fosse stata più alta, anche se non in linea con la media delle banche italiane, quel plusvalore avrebbe permesso un indennizzo ai detentori di obbligazioni subordinate delle quattro banche italiane? O magari, come sembra sia stato concesso agli investitori portoghesi, una immediata conversione dei bond in azioni della bad bank?
Domande che riguardano valori di rilievo. Basti pensare che il valore nominale complessivo dei crediti in sofferenza trasferiti alla bad bank unica italiana è di 8,5 miliardi, mentre il valore di conferimento voluto dalla Ue è di 1,5 miliardi (ovvero 18 centesimi per ogni euro di credito). Con una valutazione del 20% in più (1,8 miliardi, ovvero 21,6 centesimi, ovvero circa la metà del valore medio contabilizzato dalla media delle banche italiane), sarebbero emersi 300 milioni in più che in qualche modo potevano andare a compensare le perdite subite dai detentori di bond subordinati, acquistati quando ancora non erano in vigore le nuove regole europee.

La Meloni poi dice che sui prospetti non c’era scritto dei rischi per le obbligazioni. Anche questo è falso:
obbligazioni subordinate prospetto base banca marche
Ma il secondo estratto che vi proponiamo è ancora più divertente. Meloni e Romano a Porta a Porta infatti si impegnano da un certo punto in poi in una divertentissima diatriba sul prestito vitalizio ipotecario:

Andrea Romano e il prestito vitalizio ipotecario di next-quotidiano
La Meloni dice che «a fronte di un piccolo prestito le banche si possono prendere la casa di un anziano alla sua morte» e parla di «anatocismo». Romano la interrompe dicendo «Lei non sa di cosa parla, ma questo è un provvedimento che abbiamo fatto per permettere a tante persone anziane di comprare una casa. Che faccia propaganda anche in questo caso non la capisco, lei era in parlamento quando abbiamo votato questa norma, questo provvedimento serve a permettere a tante persone anziane di comprarsi la casa». Chi ha ragione? Lavoce.info ha pubblicato qualche tempo fa un articolo critico sul prestito vitalizio ipotecario scritto dall’economista Raffaele Lungarella a cui replicò uno dei firmatari della legge Marco Causi con Antonio Misiani (parlamentari PD). Qui, più che le tecnicalità, ci interessa capire come funziona. Dice Lungarella:

Il Pvi è un prodotto finanziario che permette al proprietario, che abbia almeno 60 anni di età, di rendere liquida una parte del valore della sua abitazione, continuando a viverci e a esserne proprietario. Il finanziamento concesso da una banca è garantito da un’ipoteca di primo grado sull’abitazione. Normalmente, l’estinzione del debito (capitale+interessi+spese) avviene con la vendita della casa ipotecata, alla morte del beneficiario del Pvi o mentre è ancora in vita. I suoi eredi ricevono l’eventuale differenza tra il prezzo di vendita della casa e la cifra dovuta alla banca. In ogni caso, qualunque sia l’ammontare del credito maturato, la banca non può pretendere una cifra superiore a quel prezzo né dal beneficiario né dai suoi eredi. L’importo da restituire alla banca cresce nel tempo con una certa velocità, poiché al finanziamento non si applica il divieto dell’anatocismo e, pertanto, interessi e spese sono capitalizzate ogni anno.

Rispondono Causi e Misiani:

Una nuova legge rende più facile e conveniente il finanziamento alle persone anziane con garanzia ipotecaria sulla casa di proprietà, quello che nei paesi anglosassoni è conosciuto come reverse mortgage. La misura non ha obiettivi macroeconomici né sociali, ma di completezza dei mercati: si rende disponibile anche in Italia un particolare contratto finanziario che finora non si era diffuso per difetti di regolazione.

In più, spiega sempre Lungarella, «Un proprietario di 70 anni (età minima richiesta da questa banca) può ottenere il 16 per cento del valore della propria abitazione, cioè una quota relativamente modesta (si raddoppia se l’età è di 80 anni); dopo dieci anni occorre restituire il 170 per cento della cifra ricevuta e dopo venti il 300 per cento: è l’effetto della capitalizzazione degli interessi e delle spese». Ora, voi capite che il fatto che si dia in garanzia la propria abitazione già fa capire che Romano ha detto una cazzata megagalattica sostenendo che la legge serve agli anziani per comprarsi casa (sniff sniff). In più, visto che si riceve il 16% del valore di un’abitazione (e quindi 16mila euro per una casa di centomila) l’onorevole dovrebbe anche spiegarci quali case abbia ultimamente trovato in vendita a 16mila euro (o a 32mila, se la casa dell’anziano vale 200mila euro), perché nel caso tutti ne acquisteremmo un paio giusto per garantirci la vecchiaia. La Meloni sbaglia a considerare la legge come un regalo alle banche, perché è evidente che serve a chi, anziano, può avere necessità di liquidità ad esempio per rimpinguare una magra pensione, e toppa pure sull’anatocismo, ma fa bene a paragonare il meccanismo a quello della vendita della nuda proprietà (anche se qui gli eventuali figli sono tutelati dalla successiva vendita dell’immobile). Ma di certo della legge ha capito più lei che Romano. Il quale, ricordiamolo, è stato eletto in Scelta Civica e poi è passato al PD – no, non perché SC si è disciolta al sole elettorale e passare al PD era l’unico modo per conservare il posto il parlamento: Romano è passato al PD per una pura scelta ideale. Ma sembra incredibile che un parlamentare non conosca gli effetti dei decreti del suo governo e delle leggi che vengono approvate nel suo parlamento. Eppure è così. E la parte divertente della storia è che il PD continua a mandare in televisione personaggi che alla fine sono surclassati, nella dialettica ma anche nel merito, da una come Giorgia Meloni. Così stiamo messi in Italia.

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