L’attacco dei renziani a Battisti in FS e la guerra delle nomine nelle società partecipate

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-10-13

A breve arriverà l’infornata di primavera, con la scadenza naturale dei vertici di Eni, Enel, Leonardo, Poste, Terna ed Enav . E quasi tutti i manager, da Descalzi a Profumo, già tremano

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L’interrogazione parlamentare su Gianfranco Battisti e le Ferrovie dello Stato presentata da Italia Viva è l’antipasto della guerra delle nomine prossima ventura. I giallorossi si preparano a una stagione da 400 nomine nelle società partecipate dello Stato e c’è da scommettere che tra renziani, PD e M5S ci sarà da litigare. Ettore Livini e Giovanna Vitale su Repubblica spiegano che la mossa costituisce il preludio alla guerra nelle FS allo scopo di indebolire l’ad insediato dal governo gialloverde per tentare il contro-ribaltone al vertice della società. Il Ceo di Ferrovie non sembra però essere l’unico bersaglio di Renzi.

Nel mirino, per ragioni analoghe, sarebbe finita anche l’Agenzia delle Entrate: uno dei tre enti fiscali, insieme a Dogane e Demanio, i cui direttori vanno confermati o rinnovati dal Tesoro (così come spoil system impone) entro 90 giorni dalla fiducia al governo. L’intento sarebbe di riportare in sella Ernesto Maria Ruffini, il tecnico renziano pure lui a suo tempo cacciato dai legastellati.

È un elenco sterminato quello dei cda scaduti, rimasti impantanati nella crisi del Conte Uno. Si va da Sogin, la società incaricata dello smantellamento dei siti nucleari, a Sace, il braccio armato di Cdp per il sostegno agli investimenti italiani all’estero, fino ai vari satelliti della medesima Cassa: Investimenti e Immobiliare. Senza dimenticare Inps e Inail. Ma se per quasi tutti l’attesa è ancora lunga — decisiva sarà l’assegnazione delle deleghe ai sottosegretari, da cui dipenderanno gli equilibri in vari board — la trattativa della maggioranza (rallentata dalla legge di bilancio) si sta ora concentrando su Invitalia, la controllata del Mef deputata ad attrarre investimenti stranieri.

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Da: Marco Leonardi su FB

Il cda è scaduto a fine settembre e finora il M5S non ha mai nascosto di voler sostituire lo storico ad, Domenico Arcuri, in carica dal 2007. Il premier però non sente ragioni, intende mantenerlo al suo posto, tanto da aver ingaggiato un duro braccio di ferro con Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli, il ministro dello Sviluppo da cui la conferma dipende. E sembra proprio che sia sul punto di riuscirci, grazie alla sponda del Pd. Più definita la partita per le tre Autorità in regime di prorogatio. Il Garante della Privacy, reclamato dai grillini, dovrebbe essere l’attuale segretario generale Giuseppe Busìa, altro uomo vicino a Conte. L’AgCom toccherebbe quindi al Pd, che vorrebbe indicare il deputato Antonello Giacomelli, sul quale tuttavia pesa l’ostilità dei grillini, contrari ad affidare l’incarico a un parlamentare.

E poi ci sono l’ANAC e soprattutto l’infornata di primavera, con la scadenza naturale dei vertici di Eni, Enel, Leonardo, Poste, Terna ed Enav . E quasi tutti i manager, da Descalzi a Profumo, già tremano.

Leggi anche: Gnam gnam: le 400 nomine nelle società partecipate che aspettano il governo M5S-PD

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