La verità che manca sulla morte di Vakhtang Enukidze al CPR di Gradisca

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-01-26

Il 14 gennaio Vakhtang Enukidze, georgiano di 38 anni, da metà dicembre ospite del centro per rimpatri di Gradisca, a metà strada tra Trieste e Udine, si azzuffa con un altro ospite del centro. Gli agenti di polizia intervengono a sedare la rissa e, secondo testimonianze adesso al vaglio della procura di Gorizia, sono protagonisti …

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Il 14 gennaio Vakhtang Enukidze, georgiano di 38 anni, da metà dicembre ospite del centro per rimpatri di Gradisca, a metà strada tra Trieste e Udine, si azzuffa con un altro ospite del centro. Gli agenti di polizia intervengono a sedare la rissa e, secondo testimonianze adesso al vaglio della procura di Gorizia, sono protagonisti di violenze nei confronti del georgiano. Enukidze viene anche arrestato per lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Due giorni dopo torna al centro. Chi lo ha visto lo ricorda “in condizioni pessime, incapace di stare in piedi”. Nella notte tra venerdì 17 e sabato 18 Enukidze si sente male e muore. La procura apre un fascicolo, a carico di ignoti, per omicidio volontario. Luigi Manconi su Repubblica oggi chiede verità sulla sua morte:

Mi è capitato, per una serie di vicende legate alla mia vita politica, di incontrare nel 2013 il capo della polizia, Alessandro Pansa, insieme ai familiari di Federico Aldrovandi, dopo la sentenza di Cassazione che aveva confermato la condanna dei suoi assassini in divisa. E, ancora, nel 2017, Ilaria Cucchi e io fummo ricevuti dal comandante generale dell’Arma dei carabinieri, Tullio Del Sette. In entrambe le circostanze (e in altre ancora) ho ascoltato parole — che avvertivo come sincere — di partecipazione al lutto, di solidarietà per le vittime e talvolta anche di riflessione che poteva apparire autocritica. Ma sempre ho avvertito questo clima di irreparabile ritardo, di dissipazione di tempo che corrispondeva, fatalmente, a una crisi di fiducia e a uno scialo di sofferenza.

vakhtang enukidze cpr gradisca

E questo perenne differimento è, appunto, il risultato di una incapacità cronica ad accettare che lo Stato, attraverso i suoi apparati e i suoi uomini, possa sbagliare, anche delittuosamente. Possa tradire il suo mandato e diventare nemico dei suoi cittadini e di coloro, come il migrante georgiano, che nemmeno sono cittadini italiani e che solo per questo sono destinati ad avere meno tutela e meno protezione, anche dopo la morte. Il garantismo è un valore universale perché, tra l’altro, non è classista. Io riesco a essere garantista, sia pure talvolta faticosamente, persino nei confronti di Matteo Salvini, anche perché voglio esserlo e lo sono nei confronti dei poliziotti e dei carabinieri e di Vakhtang Enukidze.

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