«Ma la riapertura della Lombardia l’ha decisa Fontana o Salvini?»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-16

Il sospetto nel governo è che dietro la mossa di Fontana ci sia la regia di un Matteo Salvini interessato a strumentalizzare le «buone notizie dalla Lombardia». Ma Palazzo Chigi non si espone. Il sindaco di Milano sì

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Dopo l’annuncio sulla riapertura della Lombardia il 4 maggio Monica Guerzoni sul Corriere della Sera spiega come ha preso Palazzo Chigi la decisione di Attilio Fontana:

Il sospetto nel governo è che dietro la mossa di Fontana ci sia la regia di un Matteo Salvini interessato a strumentalizzare le «buone notizie dalla Lombardia». In diretta Facebook l’ex vicepremier si è rallegrato che il presidente della Regione abbia chiesto al governo di «chiuderla con le chiusure» e ha pesato con la sua bilancia i «soldi veri» in arrivo per il personale sanitario: «Esattamente il doppio di quelli messi a disposizione dal governo».

Ecco, su questo piano Conte si rifiuta di scendere. Basta polemiche, ripete il premier, che ha chiesto ai ministri di evitare la contrapposizione con Fontana e la Lega. «Salvini denuncia che non arrivano mascherine da Roma, quando basta andare sul sito della Protezione civile per vedere che ne sono arrivate milioni — rivendica un esponente del governo – Alzano polveroni per nascondere i loro problemi».

Con la strage da coronavirus nelle case di riposo e il Pd che in consiglio regionale chiede il commissariamento per la gestione sanitaria, la situazione in Lombardia è esplosiva. Anche per questo, al vertice del governo la cautela prevale. Sottovoce c’è chi accusa Fontana di voler «depistare» dalle inchieste buttando la palla in tribuna, ma nessuno a Palazzo Chigi e dintorni ha interesse ad arrivare al tutti contro tutti.

riapertura lombardia 4 maggio

Meno timido invece sembra essere il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che nell’intervista rilasciata a Piero Colaprico su Repubblica lo dice chiaro e tondo:

Sindaco Sala, la Regione dice che si riparte il 4 maggio… Parla di 4 D. Distanza, dispositivi e cioè mascherine, digitalizzazione e diagnosi…
«L’ha deciso la Regione o Salvini? Stanno passando dal terrore sul numero dei contagi di due giorni fa al liberi tutti. Un po’ più di equilibrio non guasterebbe. Guardi, io non sono contrario a rimettere in moto l’economia, perché alla fine si parla di lavoro per tanta gente. Ma devono essere fornite le garanzie adeguate per chi andrà a lavorare. Quello del 4D è uno slogan senza contenuto. Nella D di dispositivi varranno anche i foulard o le sciarpe, come da loro precedente ordinanza?».

Ma in che situazione siamo a Milano?
«Il discorso sarebbe lunghissimo, provo a riassumere. Nel weekend di Pasqua oltre il 95 % dei controlli dimostra che chi era in movimento poteva farlo. C’è molta autodisciplina e io stesso ogni giorno sono ispirato dalla determinazione e generosità dei milanesi. C’è un volontariato che commuove, così come abbiamo un personale sanitario che dimostra il suo valore. Ma ogni giorno, nei bollettini, dicono che a Milano non stiamo messi bene. Ora, con quale criterio ci viene detto questo? Ma quali dati ci vengono forniti? E come li controllo?».

E quindi?
«Non è mai stato fatto, per dire, un campione rappresentativo della popolazione da analizzare per definire quale è il reale trend del contagio e come i contagiati abbiamo reagito. Si passa da 3.000 a 8.000 tamponi al giorno nell’intera regione. Cioè, una confusione tremenda. Certo, Regione Lombardia, a partire da Codogno, si è trovata in una situazione difficilissima da gestire, però da qualche tempo mi sembra che stiano tirando avanti alla giornata. Giriamola come vogliamo, ma la gestione sanitaria in Veneto e Emilia-Romagna è stata diversa. Non lo dicono solo i numeri, purtroppo drammatici, dei decessi in Lombardia, ma anche quelli relativi a mascherine, tamponi, test sierologici a disposizione della popolazione».

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