La riapertura della Lombardia il 4 maggio

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-04-16

L’iniziativa della Regione Lombardia arriva sotto il peso di una recessione economica senza precedenti recenti: un miliardo 857 milioni di spesa mancante nel solo marzo, annunciava ieri la Confcommercio di Milano, Monza e Lodi. È il 31,1% della spesa mensile delle famiglie. Ma c’è lo stesso chi trova pericolosa la decisione

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La Regione Lombardia ieri ha annunciato di voler riaprire nel suo territorio dal 4 maggio, seguendo la regola delle 4D (distanziamento, dispositivi, digitalizzazione e diagnosi). Il presidente della Regione Attilio Fontana l’ha detto in un video sui social, sottolineando che la chiave sono le “quattro D”. E ha precisato: “Distanza (almeno un metro di sicurezza tra le persone); Dispositivi (obbligo di utilizzare le protezione per tutti); Digitalizzazione (smart working obbligatorio per tutti coloro che possono) e Diagnosi (test sierologici, grazie alla ricerca del San Matteo di Pavia)”.

La riapertura della Lombardia il 4 maggio

L’annuncio di Fontana è arrivato proprio nel giorno in cui la Guardia di Finanza si è presentata al Pirellone per le tre delibere della Regione Lombardia e la strage degli anziani al Pio Albergo Trivulzio e nelle altre RSA. Ma questo può essere semplicemente una coincidenza. Non lo è invece il rischio che la curva dei contagi torni a salire ma pure che, di pari passo con le riaperture, viaggiano altre questioni ancora tutte da ri-organizzare. Spiega oggi Il Fatto:

La prima è il trasporto pubblico. Ovvero i treni dei pendolari, le metropolitane delle grandi città,gli autobus che collegano i comuni delle province. Bisognerà limitare l’affluenza, per garantire le distanze. Anche per questo la ministra dei Trasporti Paola De Micheli ieri ha detto che “non possiamo più immaginare che milioni di persone si muovano tra le 7.30 e le 8.00 del mattino”.

Il tema della “turnazione” sarà uno dei pilastri della ripartenza: perché permetterà al contempo di non affollare fabbriche e uffici e di distribuire su più fasce orarie l’affluenza dei lavoratori su strade e ferrovie. Gli interventi allo studio riguardano le tratte, il numero delle corse ma anche la rimodulazione degli spazi interni ai mezzi di trasporto: in un normale autobus da 54 posti, secondo le prime stime, si potrà viaggiare al massimo in 22.

L’iniziativa della Regione Lombardia arriva sotto il peso di una recessione economica senza precedenti recenti: un miliardo 857 milioni di spesa mancante nel solo marzo, annunciava ieri la Confcommercio di Milano, Monza e Lodi. È il 31,1% della spesa mensile delle famiglie. Ma c’è lo stesso chi trova pericolosa la decisione: . «La Lombardia è il pilota di quanto accadrà nelle altre regioni – sottolinea Ranieri Guerra, direttore generale aggiunto dell’Oms – e dovrà essere estremamente cauta e valutare con estrema attenzione la quantificazione del rischio per renderlo pari a zero».

Ma c’è chi dice no alla riapertura il 4 maggio in Lombardia

Ma c’è chi dice esplicitamente che Fontana sbaglia. Pier Luigi Lopalco, epidemiologo e professore di igiene all’università di Pisa oltre che consulente della Regione Puglia per l’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19, a colloquio con il Giampiero Calapà sul Fatto t eme che tutti gli sforzi degli italiani “possano essere vanificati da scelte dettate da logiche che non tengano conto della gravità della pandemia”.

Professore, i decessi quotidiani in Italia sono ancora troppi (578 ieri).I dati continuano a essere emergenziali, ma i numeri delle aziende aperte in deroga, proprio nel “Nord-focolaio”e nelle zone più colpite, cominciano a essere consistenti: 20 mila in Lombardia, altrettante in Veneto ed Emilia-Romagna. Troppa fretta?
I dati che ancora leggiamo rispetto alla situazione della Lombardia sono tutt’al tro che confortanti. La circolazione del nuovo coronavirus è ancora importante e riaprire di più in quella zona industriale vorrebbe dire sovraccaricare Milano che ne è il fulcro. Non capisco se coloro che decidono si rendano ben conto di che cosa questo significhi. Rispetto al pre-lockdown risultava dalle celle telefoniche ancora un 40% di mobilità qualche giorno fa, non possono essere solo operatori sanitari…Aumentare questa percentuale di movimenti è molto rischioso. Perché i conseguenti contatti sociali potrebbero generare altri focolai.

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Che scenario si aprirebbe?
S’immagina dopo le aperture dover richiudere? Psicologicamente ed economicamente oltre che a livello sanitario sarebbe il disastro totale. Danni incommensurabili.

Quindi?
Finché non ritorniamo ad avere il controllo della situazione, e certamente in Lombardia non ce l’hanno, non possiamo ripartire. La Lombardia è la regione che ha avuto la fasedi proliferazione più importante della pandemia in Italia.

Dopo la fuga in avanti però il Pirellone ha frenato, specialmente in seguito alle critiche arrivate dal governo. “Il viceministro Buffagni ha evidentemente male interpretato tutto quello che noi diciamo. Noi non ci permettiamo di parlare di attività produttive, che sono una questione di esclusiva competenza del governo centrale. Parliamo di una graduale ripresa delle attività ordinarie”,  ha affermato Fontana a Stasera Italia su Rete4. “Una graduale ripresa che dovrà essere concordata con il governo. Io faccio parte della cabina di regia che deve provvedere alla riapertura e fare le scelte necessarie per ripartire – ha concluso – Credo che sia giusto iniziare a pensare come ci si dovrà attrezzare a convivere con questo virus”.

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