Opinioni
La Penny Wirton, una luce in mezzo a tante ombre
Vincenzo Vespri 18/12/2019
Come probabilmente ultimo atto del mio impegno nel gruppo di lavoro di Valditara ho partecipato all’ “Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura”. Tra i partecipanti il Prof Eraldo Affinati, fondatore della Penny Wirton, una associazione finalizzata all’insegnamento dell’italiano a stranieri. Rende il nome dal protagonista di un bel romanzo di Silvio […]
Come probabilmente ultimo atto del mio impegno nel gruppo di lavoro di Valditara ho partecipato all’ “Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura”. Tra i partecipanti il Prof Eraldo Affinati, fondatore della Penny Wirton, una associazione finalizzata all’insegnamento dell’italiano a stranieri. Rende il nome dal protagonista di un bel romanzo di Silvio d’Arzo (Penny Wirton e sua madre) che narra la storia di un percorso parallelo di crescita di un giovane (Penny) e di un adulto (sua madre). Questa attività si basa sul volontariato e mia moglie, il giovedì, insegna a immigrati (giovani e meno giovani). Mia moglie ha coinvolto anche i suoi studenti che svolgono in questo modo l’attività di alternanza scuola-lavoro. L’attività e molto semplice ed informale: intorno a un tavolino si siedono due ragazzi italiani e uno straniero e cercano di comunicare fra loro. Questa attività è molto formativa per gli studenti: non solo capiscono che insegnare è difficile ma anche si rendono conto che l’immigrato è una persona e non solo un “ problema” da cercare d’ignorar più o menoe. Ogni immigrato ha una storia, generalmente non banale. Ad esempio, mia moglie attualmente segue una giovane moldava, laureata in fisica nel suo paese che fa la badante da noi. Capire perché i migranti hanno lasciato la loro terra è moto istruttivo. Pertanto, appena mia moglie ha saputo della presenza del mitico Affinati mi ha chiesto di contattarlo in quache modo per poterlo invitare alla sua scuola. Purtroppo mi è sfuggito… Se mi continuano a invitare all’Osservatorio cercherò di intercettarlo.
Acune osservazioni. La prima è che è stato assolutamente giusto coinvolgere l’Università in questo Osservatorio. Mia moglie dice che sia loro (insegnanti delle scuole primarie e secondarie) che noi (prof universitari) facciamo parte dello stesso sistema di formazione e noi universitari dovremmo scendere dal nostro piedistallo sia per il bene della Scuola in generale che per il nostro. Lo scorso anno mi costrinse a partecipare come membro di commissione del concorso dei dirigenti scolastici (compito molto impegnativo e malissimo pagato, circa un euro all’ora, peggio dei raccoglitori di pomodoro) quando era corsa la voce che nessun magistrato/professore universitario toscano (gli unici che poytevano coprire il ruolo di Presidente della commissione toscana) aveva dato la sua disponibilità a parteciparvi. Adesso, analogamente, era esaltata dal lavoro di questo Osservatorio ed era interessata a contattare Affinati per avere dritte e consigli per migliorare il lavoro suo e dei suoi studenti. La seconda osservazione è che la stragrande parte dei partecipanti a questo Osservatorio erano professori che svolgevano in modo entusiastico una meritoria attività di volontariato. La mia impressione è che c’erano, purtroppo, anche professionisti dell’immigrazione. Mi spiego meglio: Sciascia diceva che i magistrati in Sicilia si divedevano in due categorie: quelli che combattevano la mafia davvero rischiando la vita e quelli che usavano la lotta alla mafia della categoria precedente per fare carriera (questa ultima categoria, lui la chiamava professionisti dell’Antimafia). Analogamente ho avuto l’impressione che alcuni (molto pochi, per fortuna) accentuassero eccessivamente gli aspetti divisivi politici e fossero decisamente più interessati ad apparire piuttosto che a fare. Ovviamente posso sbagliare, ma come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.
L’ultima osservazione è che queste attività sono solo gocce di acqua nell’oceano di cose da fare. E’ di oggi la notizia che questo anno ben 117 mila italiani (quasi sempre dotati di alto titolo di studio) sono emigrati all’estero. Gli stranieri che arrivano qui sono quasi sempre senza titolo di studio e quindi inadatti ad inserirsi in una società della conoscenza come è la società moderna. Quindi hanno spesso davanti a sé un futuro oscuro, fatto di mensa per i poveri e di piccoli furti. Eppure, nonostante questo, sono ottimista. In modo irragionevole, ma sono ottimista. Forse perché sono rimasto affascinato dalla grande bellezza di Roma: la mia camera d’albergo dava sulla facciata illuminata di Santa Maria Maggiore regalandomi una visione celestiale. La mattina dopo sono passato a San Pietro a Vincoli a vedere il Mosè di Michelangelo e in Santa Maria Maggiore ho ammirato, nella cappella Paolina, la luna galileiana dipinta dal Cigoli: la prima rappresentazione della Luna come appariva dal Telescopio recentemente introdotto da Galileo Galilei quindi satellite pieno di monti e valli e non astro incorruttibile (come voleva Aristotele) e, pertanto, non simbolo della purezza della Madonna (come voleva la Chiesa). Ma forse, non è stata la bellezza della Città Eterna a rendermi fiducioso. E’ stata invece la bellezza ancora più fulgente dell’anima dei volontari che sottraggono tempo alle loro famiglie per aiutare i migranti. Se c’è volontariato, se c’è partecipazione, se c’è solidarietà, la speranza di un mondo migliore non può morire. Quindi W la Penny Wirton e W tutte le associazioni/iniziative simili.
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