Come ti smantello il Jobs Act con il decreto dignità

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-07-03

La stretta sui contratti a termine secondo Confindustria metterà a rischio posti di lavoro. Il cambio delle regole sulle causali rischia di portare molti contenziosi in tribunale

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Secondo Luigi Di Maio il Decreto Dignità è un modo per cominciare a smantellare il Jobs Act. A parte le continue trasformazioni del provvedimento legislativo, che è stato edulcorato fino alla scomparsa di gran parte delle norme annunciate, l’unica parte del decreto che riguarda il lavoro e dovrebbe, nelle intenzioni, combattere la precarietà certificata ieri dall’ISTAT,  è quella che riguarda i contratti a termine.

Come ti smantello il Jobs Act con il decreto dignità

Il limite massimo si riduce infatti da 36 a 24 mesi, non sarà più possibile effettuare 5 proroghe ma si scende a 4 ed ad ogni rinnovo il costo dei contributi da versare da parte dei datori di lavoro sale dello 0,5%. Oggi per i rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato (somministrazione compresa) il prelievo è pari all’1,4% dell’ imponibile previdenziale e serve a finanziare la Naspi.

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Il grafico di Francesco Seghezzi, direttore ADAPT

Marco Bonometti, presidente di Confindustria Lombardia, in un’intervista rilasciata alla Stampa critica però l’impianto: «Attenzione a non distruggerli, i posti di lavoro. Provvedimenti come “Industria 4.0” hanno convinto le imprese a investire, sono stati positivi per la fiducia. Che ora invece rischia di essere erosa dalla tentazione di smantellare tutto, il Jobs Act e non solo». Si parla di aumentare del 50% l’indennizzo per i licenziamenti ingiusti, disincentivando così i licenziamenti. «Un segnale negativo, un buon modo per scoraggiare le assunzioni. Finirà che anche dall’estero nessuno vorrà più investire in Italia».

Il decreto dignità e le causali per i contratti a termine

Il decreto legge infatti rimette in gioco le causali per i contratti a termine. Questo tipo di contratto, fatta salva la prima stipula per durata non superiore a 12 mesi, potrà essere utilizzato solo in presenza di esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore, oppure sostitutive; legate a incrementi temporanei dell’attività ordinaria oppure relative a picchi di attività stagionali. Il timore delle imprese è che la reintroduzione di questo vincolo porti come conseguenza una ripresa del contenzioso davanti ai tribunali in relazione al contratto a tempo determinato, e quindi si trasformi in più costi e incertezza. Spiega infatti oggi Giampiero Falasca sul Sole 24 Ore:

Pensare di reintrodurla – peraltro con formule che riecheggiano la legislazione degli anni Sessanta e, in alcuni passaggi, sono davvero oscure – significa voler ricreare quell’indotto giudiziario che ha arricchito soprattutto i legali. Inoltre, c’è un evidente errore tecnico, nel momento in cui si impone alle Agenzie per il lavoro di rispettare la soglia del 20% di contratti a termine, regola che costringerebbe molte di queste aziende a chiudere, non essendo sostenibile un’assunzione di massa di lavoratori temporanei.

È molto problematica anche l’altra innovazione di rilievo contenuta nel decreto, l’innalzamento del risarcimento del danno spettante in caso di licenziamento illegittimo, per i lavoratori rientranti nel campo di applicazione delle cosiddette tutele crescenti.

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L’andamento del tasso di disoccupazione e dove cresce l’occupazione (La Repubblica, 3 luglio 2018)

L’incremento dell’importo minimo e massimo (che sale a 36 mesi) del risarcimento dovuto dai datori di lavoro in caso di sconfitta giudiziale avrà un effetto molto negativo sull’attrattività del sistema Paese, sia per il costo aggiuntivo che potrebbe generare, sia per il messaggio di scarsa affidabilità che manda un ordinamento che cambia le regole in continuazione.

Con queste misure, quindi, avremo più cause e meno occupati: il Governo vuole davvero ottenere un risultato del genere? C’è ancora tempo per rimediare a questo pasticcio, apportando in fase di conversione i correttivi necessari a cancellare norme antistoriche, inutili e dannose.

Leggi sull’argomento: Il decreto di Di Maio ha perso la dignità

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