L’Italia rischia nuove chiusure?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-06-26

Andrea Crisanti dice di non essere sorpreso dello scoppio dei focolai di Coronavirus a Mondragone e alla Bartolini di Bologna e che l’Italia rischia nuove chiusure

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Michele Bocci su Repubblica intervista oggi Andrea Crisanti, che dirige la microbiologia dell’Università di Padova ed è l’uomo che ha spinto il Veneto ad usare in modo massiccio i tamponi. Il professore dice di non essere sorpreso dello scoppio dei focolai di Coronavirus a Mondragone e alla Bartolini di Bologna e che l’Italia rischia nuove chiusure:

Da noi si rischia di dover prendere decisioni come quelle dei tedeschi?
«Nessuno può dirlo ma ovviamente è nelle probabilità che succedano cose di questo genere».

Adesso sono fondamentali le Asl, che devono trovare i casi e isolarli. Come stanno lavorando?
«Non stanno andando male. Ad esempio a Roma si è lavorato bene sul focolaio al San Raffaele. Vediamo cosa succede a Bologna, mentre Mondragone mi preoccupa di più. A parte queste situazioni, la gran parte dei casi sono intercettati presto e si fanno i tamponi. È confortante».

Nel Paese sembra essere diminuita la paura del virus.
«Si vede un po’ di rilassamento. Per forza, gli italiani hanno avuto messaggi contraddittori dai politici, che non hanno dato il buon esempio. Prima si dice che siamo in pericolo, poi che bisogna sbrigarsi a riaprire tutto perché l’economia è la cosa più importante. Qui in Veneto un giorno si chiede di far ripartire le discoteche e quello dopo si invita a stare attenti. La gente ha bisogno di verità».

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E qual è?
«Che il virus circola ancora ed esiste un certo livello di rischio, come i casi di questi giorni stanno a dimostrare».

Cosa si aspetta ad ottobre?
«Chiaramente il rischio aumenterà. Le persone staranno più al chiuso, le temperature saranno più basse, e l’umidità più alta. Poi c’è l’effetto confondente con altre malattie da raffreddamento. Per questo bisogna incoraggiare tutti a fare la vaccinazione anti influenzale. Pure su questo ci vuole verità. Sarebbe interessante capire quante dosi ha acquistato l’Italia. Siamo all’assurdo di prenotare 40 milioni di dosi di un vaccino che non esiste, quello per il coronavirus, e di non conoscere i numeri di quello per l’influenza».

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