La storia dell’Italia “fregata” dalla Grecia che ci “succhia” il metano da sotto il naso

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-09-26

La storia in realtà è un po’ diversa: al momento nessuno sa se il giacimento sarà coltivabile, le royalties che l’Italia chiede ai concessionari sono ridicole ed in ogni caso dovremmo comprare lo stesso il gas anche se fosse “estratto in Italia”. La verità è che non si può applaudire Greta Thunberg e non fare nulla nel concreto. Sospendere la concessione alla Global Med ha un costo immediato, continuare a usare combustibili fossili ha un costo per l’ecosistema

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C’è questa scena ne Il Petroliere di Paul Thomas Anderson dove il protagonista interpretato da Daniel Day-Lewis rivela a Paul Dano come ha fatto a drenare il suo pozzo petrolifero senza entrare nella sua concessione. Lo ha fatto con un tubo che come una lunga cannuccia ha succhiato “tutto il frullato”. Una cosa simile sta succedendo al largo delle coste pugliesi. La storia l’ha raccontata ieri il Sole 24 Ore e riguarda il giacimento di metano denominato Fortuna Prospect.

La storia della Grecia che approfitta dello stop alle trivelle

Il giacimento si trova si trova nel Mar Ionio al largo delle coste pugliesi all’altezza di Santa Maria di Leuca tra l’Italia e l’isola greca di Corfù. La storia di questo giacimento inizia nel 2013 e non ha nulla a che fare con il referendum del 2016 sulle trivelle perché si trova al di là della linea delle 12 miglia nautiche. Anche se il referendum fosse passato quindi quel giacimento avrebbe potuto essere utilizzato.

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Al centro della mappa in verde scuro le due concessioni esplorative della Global Med [Fonte]

Nel 2013 appunto la Global Med ha iniziato le pratiche per ottenere dallo Stato italiano (e dal Ministero dell’Ambiente e dal MISE in particolare) il permesso per cercare idrocarburi nello Ionio. La Global un’impresa petrolifera statunitense Global Med LLC, una società con sede in Colorado fondata da Randall Thompson. Alla fine dell’anno scorso il via libera “definitivo”. Dal 7 dicembre 2018 la società è titolare di tre permessi di ricerca e perforazione (F.R43.GM, F.R44.GM, F.R45.GM) conferiti dall’allora ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio, il termine della concessione è fissato in sei anni (nel 2024). Va precisato che il permesso alla ricerca non è un permesso alla coltivazione del giacimento, che invece è uno step successivo.

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Ma poco più di un mese dopo iniziano i problemi. Perché quando il Decreto Semplificazioni viene convertito in legge nel febbraio del 2019 i permessi vengono sospesi «fino all’adozione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI) e comunque per un periodo non superiore a 24 mesi. (Legge 11 febbraio 2019 n. 12, art. 11-ter, commi 6-8)». Si tratta quindi di una sospensione temporanea, una moratoria per i nuovi piani di ricerca (non per le trivelle esistenti) che dovrebbe avere una durata massima di 18 mesi (ne sono trascorsi sette) ma che potrebbe durare anche due anni se nel frattempo non venisse adottato il PiTESAI. Anche il nuovo governo, che punta a realizzare un Green New Deal, si è detto determinato «a introdurre una normativa che non consenta più il rilascio di nuove concessioni di trivellazione per estrazione di idrocarburi. Chi verrà dopo di noi, se mai vorrà assumersi l’irresponsabilità di far tornare il Paese indietro, dovrà farlo modificando questa norma di legge».

Cosa perde davvero l’Italia?

Global Med, come altri titolari di concessioni “sospese” già a febbraio aveva annunciato di voler intentare causa al Governo. Ma nel frattempo è entrata scena la Grecia che ha dato autorizzazione per la realizzazione di un pozzo esplorativo per lo stesso giacimento (teorico, perché ad oggi non si sa quanto gas ci sia davvero) in un’area di ricerca che è partecipata per il 50% da Total e per il 25% ciascuno da Edison ed Hellenic Petroleum.

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La “beffa” è che l’area di ricerca si trova all’incirca al di là del limite di quella di cui è titolare la Global Med e sarebbe appunto parte dello stesso giacimento. Il quale, bloccato sul versante italiano potrebbe invece essere coltivato e sfruttato da quello ellenico. Questo naturalmente se verrà trovato il metano. L’estrazione del gas quindi favorirà la Grecia, che incasserà le eventuali royalties e i diritti di concessione e penalizzerà l’Italia che avrebbe potuto fare altrettanto. Inoltre secondo il Sole 24 Ore c’è la possibilità concreta che il gas estratto in Grecia possa essere rivenduto in Italia dove potrebbe arrivare tramite il TAP, il Trans Adriatic Pipeline che ha come approdo italiano la spiaggia di San Foca e il terminale a Melendugno. Il condizionale in questo caso è d’obbligo perché per immettere il gas nel gasdotto non basta un semplice rubinetto (o un buco) ma serve un’infrastruttura complessa di cui al momento non risulta ci siano progetti. Il punto di approvvigionamento del TAP infatti si trova attualmente nei giacimenti di metano sul Mar Nero.

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Chi dice che il nostro Paese fa guadagnare la Grecia dimentica però alcune cose. La prima è che anche la società Global Med avrebbe eventualmente rivenduto il gas italiano all’Italia, quindi il discorso del “pagare ai greci” (o meglio a società straniere) il gas che avremmo comodamente a casa non ha senso. C’è il discorso delle cause per danni, ma la domanda è quel punto perché si è scelto prima di autorizzare ben sapendo che sarebbe stato tutto sospeso dopo pochi giorni. Rimane ovviamente in piedi la faccenda dei diritti di estrazione, soldi che effettivamente l’Italia perderebbe. Chi ha seguito la vicenda del referendum sulle trivelle però sa bene che il canone pagato dai concessionari allo Stato italiano è generalmente molto basso ed è un sistema poco vantaggioso per il concedente (noi, inteso come Stato) e invece conveniente per chi estrae visto che basta mantenersi sotto alla soglia della franchigia per pagare praticamente nulla. Il vero discorso è quello ambientalista, perché questa è a parole la ragione per cui il governo precedente (e a quanto pare anche quello attuale) ha deciso di fare una svolta verde. Sappiamo che l’industria petrolifera e mineraria è tra quelle più inquinanti. Sappiamo che è necessario fare un passo avanti per abbandonare il sistema dei combustibili fossili. Non si può avere sia il “Green New Deal” che le trivelle. Bisogna fare una scelta, ambientalista ed etica. Una scelta che guardi al futuro.

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