L’ISS contro il governo che vuole “nascondere” i numeri del Coronavirus

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-02-29

«Somministrando i tamponi solo a chi ha sintomi e ha avuto contatto con persone o aree contagiate e comunicando solamente i casi clinici saranno sempre di più i contagiati che finiranno fuori dai radar, rischiando di propagare l’infezione». Da qui la previsione che «il tasso di letalità finirà per schizzare in alto»

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Ieri abbiamo raccontato che il il ministero della Salute impone che la comunicazione del numero dei contagiati da coronavirus sia affidata esclusivamente all’Istituto Superiore di sanità e non —come accade adesso—alla Protezione civile che raccoglie i dati provenienti da tutta Italia. In più, il governo ha anche deciso di non sottoporre più a test chi è asintomatico. Una scelta “conservativa” che però rischia di generare caos in una materia delicata come quella relativa al numero di malati, deceduti e guariti.

L’ISS contro il governo che vuole “nascondere” i numeri del Coronavirus

Oggi La Stampa racconta che la scelta del governo non è stata apprezzata dall’Istituto Superiore di Sanità, che addirittura dice che così la situazione potrebbe degenerare facendo schizzare in alto il numero dei decessi.

A metterci la faccia in questo momento non ci pensa nessuno, ma una fonte più che autorevole dell’Iss afferma: «Somministrando i tamponi solo a chi ha sintomi e ha avuto contatto con persone o aree contagiate e comunicando solamente i casi clinici saranno sempre di più i contagiati che finiranno fuori dai radar, rischiando di propagare l’infezione». Da qui la previsione che «il tasso di letalità finirà per schizzare in alto se il denominatore viene ristretto ai casi sintomatici». Tant’è, aggiunge, «che la mortalità già è intorno al 3%». Per trarre delle conclusioni, spiegano all’Istituto, serviranno dati più consolidati.

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Coronavirus: i contagi in Italia (Il Messaggero, 29 febbraio 2020)

Certo è che quelli sullo stato di salute dei contagiati in Italia sembrano smentire chi paragona il Covid-19 a poco più di un’influenza, dalla quale si guarisce spontaneamente nell’85% dei casi. A ieri sera il conteggio fornito dalla Protezione civile diceva infatti che su 821 casi 345, ossia il 42%, aveva richiesto il ricovero in ospedale e per 64, ossia il 7,8%, è stata necessaria la terapia intensiva. Mentre i decessi sono saliti a 21. Insomma, fatte le somme, per la metà dei contagiati non è proprio una passeggiata.

La decisione ha un senso dal punto di vista scientifico: Walter Ricciardi dell’OMS, da qualche tempo consulente del ministro Roberto Speranza, ha spiegato che «i test dei laboratori regionali hanno ancora margini di incertezza e bisogna attendere la verifica dell’Istituto superiore di sanità. Anche in altri Paesi ci sono focolai, ma loro danno la conferma solo quando è certa». Per questo i casi positivi potrebbero essere stati sovrastimati.

L’allarme dell’Istituto Superiore di Sanità sui decessi che potrebbero aumentare

Un altro problema che si porrebbe è quello di fermare gli investigatori del virus, ovvero coloro che cercano i contatti più prossimi dei contagiati per fare ulteriori test, allo scopo di non far propagare i focolai.

«Per ogni contagiato, in media, occorre contattare una trentina di persone che hanno avuto con lui contatti ravvicinati negli ultimi 14 giorni», spiega Marcello D’Errico, direttore dei servizi di igiene all’ospedale di Torrette ad Ancona. Peccato che i medici igienisti scarseggino proprio in Lombardia, Veneto e Friuli, oltre che in Trentino, Lazio e Sicilia. «So che si stanno chiamando anche gli specializzandi a svolgere questo lavoro perché da soli non ce la facciamo», conferma il professore. E in effetti, moltiplicando circa 800 contagiati per una media di 30 contatti fa 24mila persone che dovrebbero essere a casa in “quarantena sorvegliata”. La Protezione civile ne comunica 412 con coronavirus, la Lombardia 8.500 con o senza infezione. Gli altri non si sa.

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E intanto l’Ecdc, l’Agenzia europea di prevenzione e controllo delle malattie, dice di non credere che i focolai di infezione al Nord del Paese dipendano dal fatto che noi abbiamo cercato il virus mentre gli altri no. «E’ assolutamente vero che in Italia sono stati testati pazienti senza sintomi e che siano stato eseguiti molti tamponi. Ma la stessa cosa è avvenuta anche in altri Paesi», confida un dirigente dell’Agenzia che chiede di restare anonimo

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