Il dramma degli imprenditori che non trovano lavoratori per colpa del Reddito di Cittadinanza

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-06-13

La lettura dei giornali delinea già quello che sarà il tormentone dell’estate 2019: la lagna degli imprenditori che siccome non sono in grado di cercare i futuri dipendenti danno la colpa al Reddito di Cittadinanza e alla notoria pigrizia dei giovani (che a quanto pare non hanno nessuna voglia di essere sfruttati)

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Dopo la tragedia degli albergatori di Gabicce che non riescono a trovare lavoratori stagionali “per colpa del Reddito di Cittadinanza” continuano ad aumentare le segnalazioni di imprenditori preoccupati perché non riescono a trovare persone disposte a lavorare per loro. Ma come, non abbiamo forse una disoccupazione giovanile record? Non c’è forse una grande domanda di lavoro? E allora come mai questi pezzenti non si adeguano e filano a fare richiesta?

La storia dell’imprenditore di Napoli che non trova baristi

Dopo Gabicce spuntano due nuovi casi dove i datori di lavoro suggeriscono che per colpa del Reddito di Cittadinanza in pochi rispondono agli annunci perché preferiscono stare a casa sul divano invece che andare a lavorare. Il primo caso arriva da Napoli e lo racconta oggi il Mattino. La vittima del RdC è il titolare di un bar che è disperato: non trova nessuno disposto a lavorare per lui. Il signor Danilo Volpe racconta al quotidiano partenopeo che «negli ultimi cinque mesi si sono licenziate tre persone, due solo nell’ultima settimana». Ma lui non si è certo perso d’animo e ha subito messo online un annuncio per la richiesta di personale. L’annuncio (pubblicato il 4 giugno) è quello che vedete qui sotto, pochissime informazioni su orari di lavoro, tipo di contratto o stipendio.

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L’annuncio su Facebook con cui il titolare del bar cerca un barista

In compenso però il nostro si stupisce che l’annuncio pubblicato su una pagina Facebook che ha ben 505 “mi piace” non abbia ottenuto risposta. Ricorda molto la storia di quel panettiere che si lamentava che nessuno rispondeva al suo annuncio, che era affisso sulla vetrina del negozio e basta. Certo il signor Danilo non si è perso d’animo e ha continuato a cercare “sui siti specializzati”, anche lì poche risposte però è riuscito a svolgere sette colloqui (un numero sufficiente per assumere un solo barista). Ma – indovinate – le cose non sono andate bene: «qualcuno ha
rinviato, altri hanno detto che non vale la pena di lavorare per ottocento euro al mese e mi hanno spiegato potevano guadagnare di più in altri modi».

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Quali? Nessuno glielo ha detto ma lui sospetta che sia per colpa del Reddito di Cittadinanza. Dimenticando però che il RdC prevede incentivi per le assunzioni dei percettori del sussidio. Quando però il cronista gli fa notare che forse 800 euro al mese per lavorare otto ore al giorno potrebbero essere pochi il nostro non si scompone: «E no, nel nostro mestiere, si sa, contano molto le mance. Calcolando anche quelle si arriva anche a 1200 euro al mese». Insomma, lui ci mette parte dello stipendio, il resto è lasciato al buon cuore dei clienti. Il tutto ovviamente non è specificato nell’annuncio e davvero non si capisce come mai nessuno voglia lavorare (anche se sette risposte in meno di otto giorni non sembrano poi così male).

L’allarme anti-scansafatiche che arriva dal Friuli-Venezia Giulia

L’altra edificante storiella viene dal Nord-Est (giusto per smentire la favola che gli sfaticati sono solo al Sud) e ce la racconta il Messaggero Veneto. A denunciare il problema è Bruno Della Maria, un imprenditore del settore alberghiero di Lignano Sabbiadoro, nota e ridente località in provincia di Udine. Il nostro ha un bel problema: trovare almeno 10 persone in vari ruoli per le sue quattro strutture alberghiere. Ma – spiega – «pochi hanno voglia di fare sacrifici». C’è poi il  problema dei lavoratori che invece di chiedere che genere di mansione andranno a fare (tra l’altro è l’unica cosa che è specificata negli “annunci” pubblicati su Facebook) fanno delle domande assurde.

 

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Ad esempio cose come “quante ore alla settimana? Il sabato è libero? E la domenica? E quanto si prende?”. Domande assolutamente di poco conto. In fondo io imprenditore ti offro il lavoro, non essere così volgare da chiedermi a quanto ammonta lo stipendio per lavorare otto ore al giorno sette giorni la settimana. 

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Se non altro il signor Della Maria non dà la colpa al Reddito di Cittadinanza: «Non so se incidono le nuove leggi, il reddito di cittadinanza, i sussidi vari, ma so che la gente a far la stagione non ci
vuole venire più. Altro che disoccupazione. Una balla». La balla appunto è quella di chi racconta che in Italia c’è la disoccupazione. E ovviamente se non trovi una donna delle pulizie significa che di disoccupati (magari laureati) non ce ne sono affatto. Aboliamo l’Istat e affidiamoci direttamente alle impressioni degli imprenditori. Magari risparmiamo anche qualche soldino. In realtà però – spiega Natalino Giacomini, segretario generale Cgil Udine al Messaggero Veneto – le cose stanno diversamente. Perché, racconta Giacomini, spesso e volentieri alcuni datori di lavoro non applicano alla lettera il contratto. Il monte ore di lavoro effettivo è superiore (e pagato in nero) a quello richiesto. Non c’è la giornata libera e soprattutto le paghe sono basse rispetto all’impegno richiesto. Ma è davvero colpa del Reddito di Cittadinanza? La risposta è no. Perché di queste lamentele e doglianze ne vengono pubblicate con regolarità svizzera ben da prima dell’introduzione del RdC. Il problema del lavoro stagionale nelle località turistiche è noto da tempo e nella maggioranza dei casi la colpa a salari troppo bassi e mancanza di contratti regolari. Se gli imprenditori non trovano lavoro non significa poi che i giovani (o i meno giovani) siano tutti choosy o con il Reddito di Cittadinanza (anche per il numero dei percettori è davvero basso). Anzi chissà come mai sono in pochi a sollevare il dubbio che forse sono i datori di lavoro che non sanno come cercare i propri dipendenti (per carità non chiamateli collaboratori).

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