Il ponte sul fiume Kwai e lo Spoils System

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2019-09-11

Quando ho visto il vecchio film “il Ponte sul fiume Kwai” non riuscivo a capirne la logica. La storia racconta di un campo di prigionia giapponese in Birmania. Un colonnello inglese (Nicholson si credo si chiamasse) non si piega alle angherie giapponesi. Alla fine i Giapponesi cedono alle richieste di Nicholson e trovano un compromesso: …

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Quando ho visto il vecchio film “il Ponte sul fiume Kwai” non riuscivo a capirne la logica. La storia racconta di un campo di prigionia giapponese in Birmania. Un colonnello inglese (Nicholson si credo si chiamasse) non si piega alle angherie giapponesi. Alla fine i Giapponesi cedono alle richieste di Nicholson e trovano un compromesso: gli Inglesi saranno trattati come prevede la Convenzione di Ginevra e in cambio collaboreranno nella costruzione di un ponte sul fiume Kwai. Il ponte viene completato e ha una valenza strategica enorme perché permetterebbe ai Giapponesi rapidi trasferimenti di truppe. Per questa ragione il Comando inglese decide che deve essere distrutto. Quando Nicholson scopre che il commando di sabotatori inglesi è in azione, si mette a difendere l’opera e cade combattendo contro i suoi connazionali. Che senso ha? Perché difendere l’opera che non serve a te ma serve al nemico? Sono riuscito a capirne il senso solo adesso. Lo scorso anno sono stato cooptato per lavorare (senza compenso pecuniario) nella squadra del Capo Dipartimento MIUR. Il lavoro è stato duro, ma interessantissimo. Per la prima volta sono andato dietro le quinte e ho visto come nascono i provvedimenti che riguardano il mio mondo Universitario. I problemi che sono rallentano il sistema sono tanti. Alcune di queste criticità sono:

– Una burocrazia soffocante che impegna, per troppo tempo, il docente universitario in attività inutili (tipo essere costretto a popolare differenti database con le stesse informazioni)
– Una difficoltà “intrinseca” ad individuare una metrica per valutare la bravura e l’impegno del singolo docente. Attualmente il sistema in atto è troppo quantitativo (misura troppo la quantità e troppo poco la qualità della produzione scientifica) e non considera nel giusto modo aspetti importanti come la didattica e l’impegno del docente nella terza missione, ossia a collegare il mondo universitario con il mondo reale (tesi mirate, stage, tirocini, trasferimenti tecnologici, spin-off,…)
– Un’Università che produce troppo pochi dottorandi (la metà degli altri Paesi)
– Un’Università che dovrebbe essere più internazionale per competere con gli altri Paesi
– Un’Università che non riesce ad avere i fondi Europei che gli spetterebbero. Per esempio per quanto riguarda i fondi Europei che premiano l’Eccellenza (gli ERC) noi esportiamo cervelli in linea con il nostro “peso” ma ne importiamo solo un terzo e siamo superati da paesi come la Danimarca, molto più piccola di noi
– Una fuga di cervelli che sta depauperando e desertificando culturalmente il Sud
– Una mancanza di trasparenza sia nel reclutamento che nell’assegnazione dei fondi
– Una carriera troppo lenta e uno stipendio troppo basso che spinge i più giovani e i più brillanti ad andare all’estero
– Figure professionali non adeguatamente riconosciute (tipo i tecnologi)
– Duplicazione di attività di ricerca fra vari Ministeri

Con un gruppo di volontari (tutti mossi dall’entusiasmo e senza ricevere alcun compenso) abbiamo lavorato duramente ed abbiamo elaborato tutta una serie di proposte. Adesso che dovevano essere elaborate e rese attuative, la caduta del Governo GialloVerde ha fatto partire la macchina dello spoils systems. Il Capo Dipartimento sarà cambiato. Uno nuovo arriverà. E tutto il lavoro fatto? Messo nel cestino senza neanche essere letto?

Il ponte sul fiume Kwai e lo Spoils System 1

In questa prospettiva, uno si sente come il Colonnello Nicholson. Non ci interessa che qualcun atro usi il nostro lavoro, ma, per favore, non gettatelo via senza neanche leggerlo… Rendereste inutile un anno di lavoro mio e dei miei colleghi. Fareste perdere almeno sei mesi all’Italia. Si ci sarebbe la soddisfazione di aver lavorato seriamente, di aver incontrato un gruppo di colleghi molto bravi ed idealisti e di aver incontrato un gruppo di segreteria competente e molto umano che ci ha supportato molto al di là delle sue incombenze. Ma rimarrebbe la grande amarezza che, pur essendoci tutti impegnati ed investito in questo progetto tantissimo tempo ed impegno sottraendolo alla famiglia, non siamo riusciti a finalizzarlo per tentare di rendere migliore il sistema universitario.

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