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Il bla bla bla di Conte per chiedere a Salvini e Di Maio di lasciarlo fare il premier
Alessandro D'Amato 03/06/2019
Venti minuti di chiacchiere inutili per dire a Salvini di fare il bravo e a Di Maio che i bravi bambini non rispondono. Vedi alla voce: buffonata galattica
Un lunghissimo discorso per chiedere a Salvini e Di Maio di lasciarlo fare il premier. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in conferenza stampa a Palazzo Chigi convoca i giornalisti per leggere un discorso scritto che parte da una lunghissima premessa abbastanza incomprensibile: “Sabato scorso è stata la festa della Repubblica e il primo compleanno del governo da me presieduto. Ricordo l’insediamento del mio governo, accompagnato da molto entusiasmo da parte della gente e da molto scetticismo da parte dei commentatori che non hanno risparmiato critiche sul fatto che avessimo deciso di porre a fondamento dell’azione di governo un contratto e poi perché era stato incaricato il sottoscritto, non un esponente delle forze politiche di maggioranza ma una figura terza di garanzia“.
Il bla bla bla di Conte per chiedere a Salvini e Di Maio di lasciarlo fare il premier
Prosegue poi con importanti elementi di biografia personale: “Confesso a distanza di un anno che non mi sono mai preoccupato del primo aspetto, ho ritenuto che il contratto sia la modalità più lineare e trasparente per dar via a un governo. Quanto al secondo aspetto, anche qui l’ho affrontato con relativa tranquillità. Abbiamo rivendicato la formula di essere il governo del cambiamento, perché il paese aveva bisogno di un cambio di passo. Il giuramento sulla Costituzione è stato il faro della mia azione politica. Siamo intervenuti per rispondere ai bisogni di ampie fasce della popolazione colpite dalla crisi: decreto dignità, reddito di cittadinanza, quota 100 sono stati il nostro patto sociale per reintegrare nel circuito economico i cittadini sfiduciati”.
Va avanti autoelogiandosi per aver introdotto lo spazzacorrotti, aggravato le pene per lo scambio elettorale politico-mafioso, varato un piano per la sicurezza del nostro territorio. Non è questo un bilancio, ma questi provvedimenti vanno poi seguiti in fase attuativa. Parla della qualunque. Segnala che c’è ancora tanto da fare. Ringrazia i parlamentari di maggioranza che hanno operato a sostegno del governo “con grande abnegazione” e ne auspica il maggiore coinvolgimento. Poi, con fatica, arriva al dunque: “Una campagna elettorale pressoché permanente, ne ha risentito il clima di coesione. Io stesso avevo sottovalutato questo aspetto. In particolare la consultazione europea ha accreditato l’immagine di uno stallo nell’azione di governo. Si tratta di una falsità, si è aperta la fase 2, orientata agli investimenti e alla crescita. Inaugura una stagione intensa sul piano riformatore”, eccetera, eccetera, eccetera.
La manovra economica, l’Europa e i mercati
Conte dice che la manovra economica si baserà sulla spending review e sulla revisione delle tax expeditures. Ma, e qui arriva al dunque, spiega anche che l’Italia deve finanziare il proprio debito sul mercato e ci vuole la fiducia dei mercato che deve essere obiettivo di tutti gli esponenti del governo. Io stesso insieme ai ministri competenti sto lavorando a progetti strategici”, dice, cambiando improvvisamente discorso quando i minuti in diretta sono 18 e siamo a livelli di grande imbarazzo. “Le regole europee vanno rispettate finché non si cambiano”, aveva detto prima facendo capire dove volesse andare a parare. Arriva poi a ricordare che la Lega ha riscosso un grande successo alle ultime elezioni europee, mentre il M5S ha arretrato. Però, aggiunge, il risultato non ha ripercussioni sui numeri in parlamento anche se i risultati elettorali creano esaltazione nel vincitore e tristezza negli sconfitti. “Viviamo i postumi di una condizione di pseudo-eccitazione”, dice, ricordando che sente spesso Di Maio e Salvini.
A entrambi chiede di abbracciare una nuova collaborazione e mollare le freddure a mezzo social, che “pregiudicano la concentrazione sul lavoro” (…). “Chi conosce i mercati sa che per preservare la fiducia occorrono parole univoche e chiare da parte degli esponenti del governo e dei parlamentari di maggioranza”, aveva avvertito poco prima. “Vi assicuro che sarà il governo del cambiamento fino all’ultimo giorno anche se non posso essere certo della sua durata“, dice ancora Conte affidando per l’ennesima volta a una frase secondaria il messaggio più importante che vuole mandare. Chiede “leale collaborazione”, un concetto “giuridico ma anche etico”, per dire.
La minaccia finale
Arriva al dunque: “leale collaborazione significa che se il ministro dell’Economia e il presidente del Consiglio stanno interloquendo con le istituzioni europee, le forze politiche non intervengono per alterare la collaborazione”, dice ancora, riferendosi alla famigerata Lettera Farlocca di Tria della cui diffusione Laura Castelli è accusata. “Chiedo alle forze politiche di operare una chiara scelta e dirci se hanno intenzione di andare avanti con il contratto stipulato, ovvero se preferiscono riconsiderare questa posizione per una vittoria elettorale che sarebbe un riscatto. Io resto disponibile a lavorare in un percorso riformatore fino al termine naturale della legislatura. “Chiedo una risposta chiara, inequivoca e rapida”, conclude.
Tutto il discorso serviva alle parole finali di Conte, che così chiede ai due vicepremier di rispondere se vogliono continuare a governare o meno. Ha chiamato in causa spesso Di Maio, anche se sappiamo che il professore rappresenta soprattutto il MoVimento 5 Stelle (era nella lista dei ministri del governo annunciato dall’attuale vicepremier). Si è mantenuto equidistante ma chi mette in pericolo il governo è attualmente Salvini, che avrebbe tutto da guadagnare, se non altro dal punto di vista della rappresentanza parlamentare, a tornare subito al voto. Conte minaccia, ma non è nella posizione di farlo. In realtà chiede a Salvini (e a Di Maio) di lasciarlo ancora a Palazzo Chigi. Di Maio ci sta, perché se cade Conte lui gli va dietro. Salvini?
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