Quello che il governatore non dice

di Guido Iodice

Pubblicato il 2014-10-31

Ignazio Visco nel suo intervento alla Giornata del Risparmio spiega che la Bce non può fare miracoli se i governi tagliano i bilanci. Poi difende gli (inutili) stress test. Bankitalia invoca più spesa pubblica. Ma è troppo poco, troppo tardi

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Per la serie “siamo tutti keynesiani ma non troppo”, vi presentiamo il discorso del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco alla Giornata del Risparmio, organizzata dall’Associazione delle Casse di Risparmio.
 
L’ANALISI
Visco ha sottolineato i gravi ritardi nella ripresa della zona euro. Secondo il governatore è ormai evidente che la stagnazione non riguarda solo i paesi mediterranei, ma ormai è un dato dell’intera eurozona. E in effetti è così. Persino la Germania incomincia a sentire sul collo il vento freddo del calo dell’export e dei consumi interni, mentre paesi come la Finlandia e l’Olanda, che pur performando meglio di quelli colpiti dalla crisi dei debiti sovrani, non sono neppure riusciti a recuperare i livelli di Pil del 2008. Nel secondo trimestre del 2014, sottolinea Visco, il prodotto interno lordo si è lievemente contratto in Germania e in Italia e ha ristagnato in Francia. Segno di una malattia che va curata. A questo si accompagnano le tendenze deflazionistiche:

La dinamica dei prezzi al consumo è scesa allo 0,3 per cento in settembre, riflettendo andamenti diffusi: l’inflazione è inferiore all’1 per cento in 15 paesi su 18; è negativa in 5 di questi, tra cui l’Italia. Le aspettative di inflazione a breve e a medio termine si sono portate su livelli storicamente bassi; quelle a 5-10 anni sono scese significativamente al di sotto del 2 per cento, con un indebolimento dell’ancoraggio all’obiettivo di stabilità dei prezzi. Non siamo in deflazione, ma non possiamo ignorarne il rischio concreto.

E invece ignorare il rischio deflazionistico è esattamente ciò che ha fatto la Bce negli stress test. Ma Visco deve difendere la ditta, e ha evitato di dirlo. Infine il Governatore ha collegato la volatilità dei mercati finanziari manifestatasi nelle ultime settimane con il peggioramento della prospettiva macroeconomica dell’eurozona e dei singoli paesi, aggiungendo che le tensioni potrebbero tornare se non verrà fatto qualcosa per ritornare a crescere. E questo qualcosa non è nelle mani della Bce.
 
 
LA BCE NON BASTA
La Banca Centrale Europea, spiega Visco, sta facendo fatto tutto quello che può, rispettando il mandato: bassi tassi di interesse, espansione monetaria, indebolimento dell’euro sul dollaro. Gli stati, dal canto loro, hanno avviato le riforme strutturali volte, secondo il banchiere centrale, ad aumentare il Pil potenziale (e su questo si possono nutrire molti dubbi…). Ma questo non basta: «Non si può non riconoscere che le condizioni cicliche dell’economia dell’area sono critiche» e pertanto «alla risposta della politica monetaria deve affiancarsi il contributo della politica di bilancio». Ed è proprio questa che latita:

Come confermano anche recenti valutazioni del Fondo monetario internazionale, l’orientamento complessivo delle politiche di bilancio dei paesi dell’area era ancora restrittivo nel 2013, sarebbe sostanzialmente neutrale quest’anno e nel 2015.

E siccome “abbiamo fatto i compiti”, con le riforme strutturali e l’unione bancaria, ora è tempo di espansione:

L’orientamento delle politiche di bilancio nazionali può essere ora calibrato in funzione delle condizioni cicliche; vanno promosse azioni incisive a livello comunitario.

Anche perché Visco, che forse sta ripassando le lezioni del suo professore Federico Caffè, sa bene che l’austerità può diventare controproducente, soprattutto durante una deflazione che non è semplicemente il risultato della caduta del prezzo del petrolio:

Un’inflazione molto bassa, distante dall’obiettivo di stabilità dei prezzi, che non riflette solo la debolezza delle quotazioni delle materie prime, può rendere non soltanto più oneroso, ma anche pro-ciclico il rispetto puntuale della regola sul debito; in questa fase gli effetti di retroazione conseguenti al perseguimento di un più ambizioso obiettivo di bilancio potrebbero aggravare  quello stesso squilibrio che si cerca di contenere.

 
BRAVI RENZI E JUNKER
Secondo Visco il governo italiano ha fatto bene a rallentare il ritmo di consolidamento fiscale, rimandando il pareggio di bilancio. E però il compito principale pesa sull’Unione, perché «interventi isolati di singoli paesi potrebbero dar luogo a reazioni negative da parte dei mercati». Serve quindi un’azione “coordinata” tra i singoli stati volta ad aumentare nel complesso la domanda aggregata, visto che l’Unione non dispone di un bilancio pubblico comune. Qui Visco pare invocare l’espansione in Germania al fine di riequilibrare il consolidamento nei paesi mediterranei, attraverso maggiori importazioni. Ma il Governatore esprime fiducia anche nel piano Juncker (300 miliardi, poca roba), sottolineando l’importanza degli investimenti:

Un’azione comune è urgente per sostenere gli investimenti pubblici, diminuiti nell’area di un quarto in quattro anni. Per procedere rapidamente alla realizzazione del piano proposto dal nuovo Presidente della Commissione europea è necessario il contributo di tutte le fonti di finanziamento: il bilancio comunitario, la Banca europea degli investimenti, gli investitori privati, gli stessi bilanci pubblici nazionali.

 
BENE GLI STRESS TEST. BENE?
Visco si produce infine in un elogio degli stress test che più “pro domo sua” non poteva essere:

Le condizioni creditizie beneficeranno del completamento dell’esercizio di valutazione approfondita dei bilanci degli intermediari (comprehensive assessment). Agli effetti negativi dell’incertezza sul suo esito si sostituiranno quelli positivi della maggiore trasparenza sulle condizioni del sistema bancario europeo…

Dice anche che li hanno progettati bene:

L’orizzonte dello stress test, un triennio, è più esteso di quello adottato nei test condotti in precedenza tanto sulle banche europee quanto su quelle statunitensi. Il livello minimo per il coefficiente di capitale di migliore qualità, fissato al 5,5 per cento, è più alto sia di quello regolamentare sia di quello utilizzato nell’analogo esercizio condotto negli Stati Uniti. Come definizione dicapitale è stata utilizzata quella vigente in ogni paese, che tiene conto, quindi, del diverso modo in cui sono state esercitate le discrezionalità nazionali previste per la transizione a Basilea 3 (in materia, ad esempio, di deduzioni dal capitale e di applicazione dei cosiddetti “filtri prudenziali”).

E che i risultati sono soddisfacenti, il sistema bancario europeo è solido e va tutto bene:

I risultati mostrano una solidità complessiva dei bilanci delle banche oggetto dell’esercizio, a cui fa capo oltre l’80 per cento del complesso delle attività del sistema bancario dell’area. La carenza potenziale di capitale rilevata alla fine del 2013, per 25 intermediari, era di circa 25 miliardi; risulta per gran parte già colmata dagli aumenti di capitale realizzati nel corso di quest’anno.

Soprattutto da noi poi, le banche sarebbero in grado di superare anche un terremoto:

Questo giudizio vale anche per il sistema bancario italiano…. Si conferma, nell’insieme, la valutazione formulata un anno fa sulla base delle prove di stress condotte dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca d’Italia nell’ambito del Financial Sector Assessment Program (FSAP). I risultati di quell’esercizio mostravano che il sistema sarebbe stato in grado di fronteggiare anche lo scenario più avverso e che le esigenze di capitale a cui alcuni intermediari avrebbero dovuto fare fronte si sarebbero collocate, a seconda della definizione di capitale utilizzata, tra 6 e 14 miliardi.

Ovviamente il merito è della stessa Banca d’Italia:

La complessiva tenuta del sistema bancario italiano è il risultato dell’azione della Vigilanza sull’adeguatezza degli accantonamenti sui prestiti deteriorati, della prudenza adottata dalle banche nella predisposizione dei bilanci del 2013, delle ulteriori azioni di rafforzamento – fortemente incoraggiate dalla Banca d’Italia – varate quest’anno.

Peccato si siano dimenticati di inserire la possibilità della deflazione negli stress test. Che disdetta. E che non tutti la vedano così rosea. C’è chi pensa, con qualche ragione, che gli stress test non tengano conto del rischio contagio.
 
QUELLO CHE VISCO NON DICE
L’elogio del sistema bancario italiano era scontato. Del resto se il governatore di una banca centrale dicesse che il sistema bancario del suo paese rischia di non reggere all’impatto di una nuova crisi, i mercati produrrebbero esattamente la crisi necessaria a farlo crollare. Ma Visco è reticente anche su altro. Il primo luogo, il piano di Juncker è “too little, too late”, troppo poco e troppo tardi per invertire la tendenza e compensare l’austerità. In secondo luogo, la manovra Renzi-Padoan è di fatto restrittiva, perché taglia le tasse (che hanno moltiplicatori bassi) ma anche la spesa pubblica (che ha moltiplicatori alti). L’effetto netto sarà una contrazione, non l’espansione. E a ciò si aggiunge che il Def programma per il 2015 un deficit minore di quello prodotto nel 2014, con una stima di crescita che non sta in piedi, lo 0,6%. Alla fine non cresceremo così tanto e neppure rispetteremo l’obiettivo di deficit. Ed infatti il commissario Katainen ci ha già avvertiti che interverrà nel corso del 2015 per chiedere aggiustamenti. Ma soprattutto quando parla di “coordinamento”, Visco dimentica che sulla carta tale coordinamento già esiste, ed è contenuto nel “Six Pack”: la Germania, avendo un surplus di esportazioni e partite correnti superiore al 6%, dovrebbe adottare provvedimenti espansivi. Ma tra poco si chiude il terzo anno di violazione e tutto ciò che la Commissione ha fatto e aprire una procedura senza obblighi stringenti. Insomma, siamo ancora a “caro amico” mentre la situazione dell’eurozona torna a volgere verso il peggio. E nessuno, tra i policy maker, ha il coraggio di fare davvero “whatever it takes”, tutto ciò che è necessario.
 
 
 

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