I dazi di Trump e la guerra commerciale tra Usa e Cina

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-05-07

Fino ad oggi, sebbene le misure protezionistiche siano state più minacciate che attuate, l’effetto c’è stato: sul commercio mondiale, sul Pil e sugli investimenti esteri delle multinazionali. Ora però…

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Due tweet firmati @realDonaldTrump fanno crollare la Borsa di Shanghai e riaprono la guerra commerciale tra Usa e Cina combattuta a suon di dazi. La guerra dei dazi è già costata lo scorso anno 1,7 miliardi all’Italia e il conto potrebbe salire (secondo stime del centro studi Confindustria) a 8,5 miliardi entro il 2021.

I dazi di Trump e la guerra commerciale tra Usa e Cina

Come è cominciata la guerra? Tutto risale alla primavera del 2018, quando Donald Trump annuncia di voler imporre dazi sui beni importati dalla Cina. Il giorno dopo Pechino annuncia prelievi aggiuntivi sui prodotti americani per 128 miliardi di dollari; ad aprile un nuovo round. Nelle mire del tycoon diventato presidente c’è lo squilibrio commerciale tra Pechino e Washington, che lui ritiene ammontare a 500 o 800 miliardi di dollari ma che finora risulta essere aumentato a 419 miliardi di dollari, a fronte di 539 miliardi di importazioni dalla Cina e di 120 miliardi di export.

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I dazi Usa-Cina e il commercio tra i due paesi (Il Messaggero, 7 maggio 2019)

Il piano di Trump si appoggia su due elementi: la riduzione del deficit almeno della metà e la richiesta di cancellare l’obbligo di condividere con il governo cinese la tecnologia utilizzata per le aziende che investono nel paese. Il Corriere della Sera spiega che la guerra commerciale tra i due colossi significa, per esempio, che anche gli altri Stati esportatori, e l’Italia è uno di questi, potrebbero essere penalizzati nel medio periodo. Inoltre i dazi potrebbero innescare un effetto a catena, ostacolando i flussi mondiali del commercio. Questo spiega perché le Borse cadono in depressione ogni volta che si presenta un intoppo nel negoziato tra Donald Trump e Xi Jinping.

I dazi e le ripercussioni sull’Italia

Secondo Repubblica l’Italia potrebbe essere chiamato a pagare in un paio di anni una cambiale da quasi 93 miliardi, tra effetto dazi, richieste di Bruxelles e pretesa del governo di introdurre la flat tax.

Le scaramucce commerciali degli ultimi mesi hanno già sforbiciato la crescita mondiale, scesa dal 3,8% del primo semestre 2018 al 3,2% del secondo. E l’Fmi ha appena tagliato dello 0,4 le stime sul 2019, dando la colpa alle tensioni tra Usa, Cina ed Europa. Quali sono i rischi per il nostro Paese? Se il focolaio di crisi rimanesse isolato al braccio di ferro tra Washington e Pechino, la situazione sarebbe gestibile: secondo l’ufficio studi di Confindustria, anzi, nel primo anno di dazi il Pil italiano potrebbe avere un piccolo effetto positivo.

Tendenza che si invertirebbe (di poco) in negativo nei due anni successivi. Se a fine maggio invece Donald Trump concretizzasse i dazi all’Europa gli effetti per l’Italia sarebbero ben più gravi: per Confindustria perderemmo lo 0,5 del Pil in due anni. «Il danno per la nostra manifattura è scontato», commenta Andrea Montanino, capo economista di Viale dell’Astronomia.

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I dazi e lo shock in arrivo sull’Italia (La Repubblica, 7 maggio 2019)

Ci aspetta quindi  un aumento dei tassi d’interesse e una maggiore vulnerabilità per chi ha debiti, dalle aziende alle famiglie. Fino ad oggi, sebbene le misure protezionistiche siano state più minacciate che attuate, l’effetto c’è stato: sul commercio mondiale, sul Pil e sugli investimenti esteri delle multinazionali. Questi sono gli effetti commerciali a breve:

In caso di conflitto commerciale limitato al fronte Usa-Cina, vincerebbero le piastrelle, la moda di fascia media, il tessile e la meccanica italiana, che diventerebbero più competitivi negli States rispetto ai rivali di Pechino. A perdere sarebbe invece la componentistica auto. Se scoppia il conflitto commerciale globale, invece, molti cavalli di battaglia del made in Italy sarebbero a rischio: il Prosecco e il Campari, per dire, minacciati dai balzelli di Trump, Leonardo che faticherebbe a vendere i suoi elicotteri, l’olio d’oliva, il pecorino (i 2/3 della produzione vanno negli Usa). Il 50% dei 4,3 miliardi di prodotti alimentari venduti agli Usa sarebbe colpito da dazi.

E visto che intanto lo spread ha fatto aumentare il costo dei mutui – a dispetto di quello che sosteneva qualcuno nel governo – i segnali per l’economia italiana sono negativi.

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