La strada stretta del governo Di Maio-Salvini

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-04-04

La strategia di dividere il PD non sembra sorridere al M5S, mentre la Lega potrebbe essere più malleabile dopo aver incassato la vittoria in Friuli. Con tre ministeri di peso l’accordo Salvini-Di Maio potrebbe essere possibile

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Una strada tortuosa e complicata per arrivare a Palazzo Chigi. Con una sola certezza: a differenza di quanto titolavano i giornali ieri, il MoVimento 5 Stelle non ha un interlocutore privilegiato per il contratto di governo che ha proposto alla Lega e al Partito Democratico. Chi ci sta, ci sta. Tranne uno: Berlusconi.

La strada stretta del governo Di Maio

E qui già ieri è arrivato il niet, ufficiale, di Matteo Salvini. Il quale ha fatto sapere che la Lega esclude qualsiasi governo con “chi è stato bocciato dagli italiani”, ovvero il PD e che non accetta “veti o imposizioni” (su Berlusconi). Poco spazio all’immaginazione, quindi: per adesso all’apertura di Di Maio tutti rispondono picche e la trattativa è partita e arrivata su un binario morto. Perché da una parte il Partito Democratico si è detto indisponibile con Andrea Marcucci, scattato a dichiarare subito dopo i primi lanci d’agenzia su Di Maio che il PD non ha alcuna intenzione di togliere le castagne dal fuoco ai grillini. D’altro canto la partita dei capigruppo ha dimostrato che Renzi tiene ancora saldamente in mano il PD. E soltanto liberandosi di Renzi, come dice oggi Marco Travaglio al Corriere, la partita si può sbloccare.

governo di maio matteo salvini

Dall’altra parte della barricata Salvini ha in mente una data importante: il 29 aprile. Quel giorno si vota in Friuli, dove la Lega schiera un peso massimo come Massimiliano Fedriga dopo la follia del passo indietro di Forza Italia e di Renzo Tondo (nelle more dell’accordo per la presidenza del Senato poi tradito dal Carroccio). In un mese non si fa un governo ma un’altra vittoria elettorale per la Lega, stavolta sconfiggendo sul campo anche i 5 Stelle, può aiutare a dare il segnale decisivo ai grillini. “Non si è parlato di accordi, intese o alleanze ma di contratti cosa che, come noto si firmano con quelli di cui non ci si fida”, sottolinea un parlamentare presente alla riunione con Di Maio, che ha parlato di un’assemblea in cui hanno discusso a lungo anche i nuovi eletti. Ad essere apprezzato è stato in particolare il chiarimento sul fatto che le interlocuzioni non avverranno con FI e non solo con Silvio Berlusconi ma con tutta la forza politica, hanno precisato ancora i parlamentari contattati al termine dell’assemblea.

Divide (la Lega da FI) et Impera

È però chiaro a tutti che l’obiettivo del MoVimento, come spiega Tommaso Ciriaco su Repubblica, è soltanto l’alleanza con il Carroccio: «Devono però arrivarci mostrando che le altre opzioni non sono percorribili. E liberandosi dal peso insostenibile di Berlusconi. È così vero che ancora ieri il Carroccio ha “consigliato” al fondatore di Forza Italia di restare ad Arcore per le consultazioni e di spedire al Colle Antonio Tajani, dopo averlo nominato guida politica del partito. L’anziano leader ha rifiutato. Se facesse un passo esplicito verso i giardinetti della politica, Di Maio sarebbe pronto a valutare anche un’intesa con Forza Italia deberlusconizzata e di fatto assorbita dalla Lega».

In fondo, il dialogo grillo-leghista fila via senza intoppi. In ufficio di presidenza stringeranno un patto sui vitalizi, in attesa poi di giocare di sponda sul Def. Certo, resta l’ostacolo della premiership. L’ex vicepresidente della Camera continua a reclamarla per sé, mentre Salvini per il centrodestra. Ma non è detto che questa rigidità resti immutabile.

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La composizione dei gruppi parlamentari e le consultazioni al Quirinale (Il Messaggero, 4 aprile 2018)

Il segretario padano tiene per adesso coperta la sua strategia, ma ha già elaborato e sottoposto una svolta ad alcuni pezzi da novanta della Lega. Il leader sarebbe pronto a incassare tre ministeri di peso per il Carroccio, in un eventuale esecutivo populista: Economia, Interni e Sviluppo economico. E sarebbe disposto a restare fuori dal governo. Per non bruciarsi. Per evitare di sottostare plasticamente all’alleato in consiglio dei ministri. E per garantirsi mani libere, utili a staccare la spina al patto giallo-verde in qualsiasi momento.

«Vedremo nelle prossime settimane», ha detto ieri Di Maio a DiMartedì. Dopo il voto tutto è possibile. Anche l’impossibile.

Leggi sull’argomento: La geniale strategia del M5S per abolire i vitalizi

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