La figuraccia di Giulio Gallera a Piazzapulita su mascherine, ospedali e “briciole” alla Regione Lombardia

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-04-03

Ieri a Piazzapulita l’assessore al Welfare della Giunta di Attilio Fontana è tornato ad attaccare il governo sulle mascherine, sui posti in terapia intensiva e sulla zona rossa a Bergamo. Vediamo invece come sono andate davvero le cose

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L’assessore al Welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera ha dato spettacolo ieri a Piazzapulita tornando ad accusare il governo e la Protezione Civile. Di fronte all’evidenza dell’ospedalizzazione del contagio da Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 Gallera ha sostenuto di essere stato investito da uno tsunami di persone che avevano bisogno dell’ospedale, visto che aveva 1245 positivi dopo pochi giorni.

Le balle di Giulio Gallera a Piazzapulita

“I posti letto in terapia intensiva che il governo aveva detto che erano necessari non sono bastati: dopo dieci giorni erano già esauriti”, ha detto l’assessore, “e abbiamo operato senza dispositivi di protezione individuale. La mancanza delle mascherine? La sfortuna della Regione Lombardia è il fatto che dalla Germania è arrivato un soggetto poco sintomatico che per venti giorni ha fatto girare il virus. Il 20 di febbraio sono scoppiati i contagi e abbiamo ricoverato quelli che non riuscivano a respirare”.

E sulle “briciole” venute da Roma evocate da Attilio Fontana, Gallera ribadisce: “Noi siamo chiamati a gestire l’ordinario. Le risorse servono per l’ordinarietà e noi così abbiamo sempre fatto. L’acquisto dei DPI non era di competenza della Regione Lombardia. Se io avessi comprato le mascherine mi avrebbero portato davanti alla Corte dei Conti. Chi doveva fornirci questo era la Protezione Civile e io non voglio fare polemica ma appena è scoppiata la pandemia sono stati attribuiti alle regioni i poteri di acquisto…”.

Quando Luca Telese gli ricorda che ventilatori e respiratori comprati dal governo sono stati mandati in massima parte in Lombardia, mentre sono in arrivo i medici volontari a Bergamo, Gallera risponde: “Io non voglio dire che le mascherine le hanno date agli altri e non a noi…”. E poi: “Di mascherine e dispositivi ne sono arrivati due milioni e mezzo ma noi ne usiamo 300mila al giorno…”. Strano, visto che invece dai conti della Protezione Civile risulta che ne siano state inviate invece 7 milioni e mezzo.

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I sette milioni e mezzo di mascherine inviati in Lombardia dalla Protezione Civile (foto da: Twitter)

E ancora: subito dopo la storia di Salvatore Micelli, che ha vinto l’appalto CONSIP sulle mascherine ed è stato condannato per calunnia, Gallera parla della riapertura: “Non è semplice, noi le mascherine le stiamo producendo ma stiamo ancora aspettando il bollino dell’ISS, perché avendo tre-quattro aziende che ne producono milioni possiamo risolvere”. Ma secondo l’Istituto Superiore di Sanità, che su oltre ottocento richieste di autorizzazione finora ha potuto dare l’ok solo ad una quarantina di aziende in tutta Italia, “la gran maggioranza delle proposte” giunte all’Istituto “non aveva i requisiti di standard richiesti” per le cosiddette ‘mascherine chirurgiche’, ovvero quelle usate dai sanitari.

Ciò non esclude che quelle fuori norma per medici e infermieri possano essere invece distribuite al resto della popolazione. E questo al netto della storia della dicitura sbagliata sugli imballaggi di 620mila ‘medical mask’ che erano state donate dalla Cina alla Protezione Civile e poi messe in distribuzione: sulla scatola c’era scritto Ffp2 (le più protettive e in uso ai sanitari nelle terapie intensive), ma quando i pacchi sono stati aperti all’interno c’erano mascherine da ferramenta.

Le mascherine, la zona rossa e la Regione Lombardia

Gallera poi ha anche parlato dell’«esempio dell’ospedale in Fiera», e anche qui ci sarebbe da discutere visto che lo stesso assessore ha detto che attualmente quel nosocomio ha tra i 12 e i 24 posti di terapia intensiva invece dei 600, poi ridotti a 250, annunciati dal suo presidente di Giunta Attilio Fontana. Tanto per fare un confronto, l’ospedale di Bergamo tirato su in pochi giorni dagli alpini ne ha già 144 equamente divisi tra terapia intensiva e subintensiva.

E non finisce mica qui. Perché le non tanto velate accuse sui ritardi del governo nella gestione dell’emergenza Coronavirus andrebbero confrontate, come ha fatto oggi il Fatto Quotidiano, con la cronologia degli eventi:

Guardiamo le date: del 22 gennaio, ad esempio, è la prima circolare della Direzione generale della prevenzione sanitaria (il ministero della Salute) che invita le strutture sanitarie alla “stretta applicazione”dei protocolli stabiliti in casi di epidemia. Cose come “definire un percorso per i pazienti con sintomi respiratori” negli ospedali e negli studi medici in modo da non diffondere il contagio; definire le procedure per la presa in carico dei pazienti anche ac asa; far “indossare DPI (dispositivi di protezione individuale) adeguati”al personale sanitario tipo “filtranti respiratori FFP2, protezione facciale, camice impermeabile a maniche lunghe, guanti”per evitare che si infettino.

A questo proposito, la previsione era che sarebbero serviti dai 3 ai 6 set di DPI per caso sospetto, da 14-15 per ogni caso confermato lieve, dai 15 ai 24 per ogni caso grave. Le circolari del ministero non fecero però effetto,come non lo fece la lettera che il 4 febbraio la FIMMG della Lombardia, un sindacato dei medici di famiglia, scrisse alla Regione per chiedere: avete fatto un inventario dei DPI esistenti come previsto dalle linee guida nazionali? Distribuirete le mascherine ai medici di base? Nessuna risposta e, soprattutto, nessun DPI.

E ancora: tra 1 e 31 marzo a Fontana e soci sono state inviate da Roma circa 7,3 milioni di mascherine (quasi 5 milioni chirurgiche e 2,3 milioni Ffp2), l’80% dell’intero fabbisogno mensile oltre –tra le altre cose –a 470 ventilatori polmonari per terapia intensiva e sub-intensiva, cioè oltre il 60% dei nuovi posti letto vantati giusto ieri dal presidente Fontana, un centinaio di medici e due ospedali da campo. Per non parlare di cosa è successo quando è la Regione ha deciso di centralizzare tutti gli acquisti di DPI in Aria Spa, una società regionale. Risultato: primi ritardi e la scoperta, all’inizio di marzo, che un ordine da 4 milioni di mascherine era da annullare. Perché? “L’azienda si era rivelata inesistente”, ha raccontato il consigliere regionale M5S Dario Violi, circostanza ammessa poi anche dall’assessore Caparini. E le accuse di Fontana sulle mancate zone rosse a Bergamo e dintorni? Qui vale la pena citare l’Eco di Bergamo e… un certo Giulio Gallera, che il 28 febbraio diceva: «Nuove zone rosse non sono all’ordine del giorno nell’ordinanza che abbiamo preso». «Non riteniamo di gestire con ipotesi di zona rossa quella zona lì» di Alzano Lombardo.

giulio gallera alzano zona rossa

Segnala oggi il Fatto Quotidiano che da Palazzo Chigi ricordano come “sia prima dell’emergenza sia successivamente, i presidenti delle Regioni hanno il potere di emettere ordinanze di carattere urgente in materia sanitaria con efficacia limitata al territorio o parte di esso, secondo la legge 833/1978”. Un potere poi confermato anche dagli ulteriori recenti decreti emessi dal governo, e in base a cui “diverse Regioni hanno creato in autonomia zone rosse”. Come accaduto per Campania, Lazio e Calabria. Non per la Lombardia.

Leggi anche: Il confronto tra l’ospedale di Bergamo e quello della Fiera di Milano

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