Salvatore Micelli: la storia dell’appalto CONSIP mascherine a un condannato

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-03

Ieri Piazzapulita ha raccontato la storia di Salvatore Micelli e dell’appalto CONSIP per le mascherine andato a un condannato per calunnia. Il servizio di Nello Trocchia e Sara Giudice parte dal racconto di Filippo Moroni, imprenditore che aveva promesso di portare mascherine da Shenzen in Cina: ne aveva trovate 50 milioni a prezzo di costo

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Ieri Piazzapulita ha raccontato la storia di Salvatore Micelli e dell’appalto CONSIP per le mascherine andato a un condannato per calunnia. Il servizio di Nello Trocchia e Sara Giudice parte dal racconto di Filippo Moroni, imprenditore che aveva promesso di portare mascherine da Shenzen in Cina: ne aveva trovate 50 milioni a prezzo di costo, ha spedito 120 email e ha ricevuto una sola risposta dalla Regione Lombardia: una replica automatica. La Protezione Civile gli ha detto che con le mascherine chirurgiche erano a posto, avevano già fatto un ordine sufficiente: “Avrei dovuto anticipare 25 milioni di dollari ma mi chiedevano il certificato antimafia: è la prova che abbiamo un commissario straordinario che è troppo ordinario”, dice Moroni che secondo alcuni politici italiani è un millantatore.

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Il servizio prosegue con chi ha tentato di riconvertire le sue aziende per produrre mascherine ma il protocollo del Politecnico di Milano prevede l’utilizzo esclusivo di tessuto-non tessuto, difficile da reperire in Italia: servirebbero regole diverse ma non ci sono. E poi c’è il racconto di Antonello Lieffi, imprenditore che è stato escluso perché la sua società nel 2013-2014 aveva irregolarità con Equitalia. Anche lui dice di avere uno stock di 25 milioni di mascherine in Cina. E chi ha vinto la gara CONSIP? Salvatore Micelli dice che si è aggiudicato la gara per sette milioni e cento mascherine chirurgiche al prezzo di 0,64 centesimi l’una per un valore di 4 milioni 554mila euro. Ma Micelli ha una condanna a suo carico per calunnia e nel 2018 è stato arrestato dalla Guardia di Finanza di Taranto per associazione a delinquere finalizzato alla truffa. E’ stato tre mesi in carcere, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio e lui è in attesa dell’udienza preliminare. Quando fornirete le mascherine? “Penso che entro fine settimana arriveranno”, dice Micelli su Skype. Micelli è stato arrestato il 20 dicembre 2018 insieme a un’altra persona con la quale, secondo l’accusa, avrebbero costituito 17 imprese fittizie solo per poter accedere ai fondi europei per l’occupazione femminile, cofinanziati dallo Stato e dalla Regione Puglia, con lo scopo anche di finanziare alcune famiglie malavitose del territorio tarantino. Nell’operazione i denunciati sono 20, tra cui due ispettori della Regione Puglia incaricati di svolgere verifiche presso le ditte che avevano avanzato le richieste di contributi pubblici. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata eseguita nei confronti di 34enne Salvatore Micelli, mentre agli arresti domiciliari è stata posta la 52enne Loredana Ladiana. Entrambi residenti a Taranto sono ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, e falsità materiale commessa dal privato in atto pubblico. L’importo complessivo della truffa è di tre milioni e 260mila euro.

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C’è poi l’inchiesta “Quote Rosa 2” nella quale i militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria avevano notificato una ordinanza di custodia cautelare in carcere all’imprenditore Salvatore Micelli. Era stata una funzionaria della Regione Puglia, nel gennaio del 2014, fare le segnalazioni alla Procura tarantina. A Micelli e ad altre quattro persone la Procura ha contestato l’ associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falsità materiale commessa dal privato in atto pubblico. Nel maggio 2019 la Suprema Corte di Cassazione ha accolto un suo ricorso presentato dagli avvocati Nicola Lonoce e Marcello Ferramosca. Micelli già nell’interrogatorio di garanzia avvenuto dopo l’arresto di dicembre scorso aveva respinto le accuse. “Le pratiche che ho presentato erano tutte regolari”, aveva riferito l’uomo al giudice. La Cassazione ha annullato con rinvio ad un altro Tribunale del Riesame la questione inerente il reato di associazione a delinquere. I provvedimenti notificati durante il blitz rappresentano l’epilogo di indagini nell’ambito delle quali sono state individuate 17 imprese, tutte riconducibili agli indagati, costituite solo per poter accedere a fondi europei cofinanziati dallo Stato e dalla Regione Puglia e destinati ad incentivare l’occupazione femminile.

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