La flessibilità nei conti concessa dall’Europa

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-06-28

Il governo chiede all’Europa una spesa supplementare tra lo 0,3 e lo 0,5 per cento (il deficit salirebbe all’1,2-1,4%) e di rinviare di un anno il traguardo del pareggio di bilancio. Ma c’è un problema, anzi due: la flat tax e il reddito di cittadinanza

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La Repubblica riepiloga oggi in questa infografica la flessibilità nei conti concessa dall’Europa negli ultimi quattro anni sia per percentuali di PIL (in rosso) che in valori assoluti, espressi come miliardi di euro.  Da alcuni giorni infatti è partita una trattativa riservata con la Commissione europea con due obiettivi primari: rimandare di un anno — al 2021 — il pareggio di bilancio e farsi accordare una quota di flessibilità per il 2019 nel rapporto deficit-PIL.

Il nodo principale è intorno a due percentuali: 0,9% e 0,6%. La prima è l’obiettivo dell’Italia per il prossimo anno nel rapporto deficit-Pil. La seconda è il miglioramento del deficit strutturale sempre per il 2019. Entrambe richiedono un ulteriore e consistente sforzo nel controllo dei conti pubblici. Il che implicherebbe un addio — sicuramente per il prossimo anno — ai sogni di gloria dispensati a mani giunte da Lega e M5S.

Sia per quanto riguarda la flat tax, sia il reddito di cittadinanza e sia la revisione della legge Fornero. L’idea di partenza di Tria e di Conte, allora, è quella di concordare con l’Ue una “flessibilità” che conceda una spesa supplementare tra lo 0,3 e lo 0,5 per cento (il deficit salirebbe all’1,2-1,4%) e rinviare appunto di un anno il traguardo del pareggio di bilancio. Anche perché, in caso contrario, nel 2020 il nostro Paese dovrebbe raggiungere una meta ancora più ardua: quella dello 0,2 per cento nel rapporto deficit-Pil.

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La flessibilità concessa dall’Europa in 4 anni (La Repubblica, 28 giugno 2018)

C’è però un problema di fondo. La Legge di Stabilità si dovrebbe attestare intorno ad un importo di 18 miliardi. Più dei due terzi, ossia 12,5 miliardi, saranno impegnati per disinnescare le clausole di salvaguardia dell’Iva. Gli altri 5,5 per tutto il resto. E in tutto il resto è da contare anche l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato causato dalla crescita dello spread. E quindi la flat tax e il reddito di cittadinanza, promesso per il 2018 proprio ieri da Di Maio? Tra le ipotesi prese in considerazione, racconta Repubblica, ci sarebbe quella di lanciare solo un primissimo segnale sulla tassazione “piatta” ampliando l’accesso al regime forfettario delle Partite Iva: ossia per quei professionisti con un giro di affari che al momento oscilla tra i 20 e i 50 mila euro e che pagano una “flat tax” del 5 per cento nei primi cinque anni e del 15 dal sesto in poi.

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