Tutte le domande che Liliana Segre potrebbe fare a Salvini mentre prendono un caffè

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-11-06

Matteo Salvini ha detto che “quanto prima” chiederà un incontro con la senatrice a vita. Un’ottima occasione per fare alcune domande su come la propaganda leghista sta sdoganando e normalizzando il razzismo e il neofascismo in Italia

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«La mia casa è sempre aperta, le mie porte sono aperte. Perché non dovrei incontrarlo?», così la senatrice Liliana Segre ha risposto a chi le chiedeva se avrebbe davvero incontrato il Segretario della Lega. Matteo Salvini ieri sul Corriere aveva dichiarato che «Liliana Segre è una persona che merita tutto il mio rispetto e le chiederò quanto prima un incontro». Non risulta che Salvini lo abbia già chiesto, e c’è sempre il rischio che finisca come la storia del mazzo di fiori che doveva portare a Lilli Gruber, però possiamo immaginare quello che la senatrice a vita potrebbe chiedere al capo del Carroccio, magari mentre prendono un caffè in salotto.

Perché la Lega ha paura di chi indaga sul razzismo e il neofascismo?

Potrebbe partire ad esempio con chiedere come mai la Lega non ha votato la sua proposta di istituire una commissione contro l’odio e il razzismo. Allo stesso modo potrebbe chiedergli come mai la Lega abbia votato contro alla proposta di istituire un’analoga commissione in Regione Lombardia in nome della lotta alla dittatura del politicamente corretto e del pensiero unico. E già che siamo in tema di quello che accade nei palazzi delle istituzioni Salvini, che dice che rispetta profondamente la senatrice Segre, potrebbe spiegare di quando in Senato attaccò la senatrice Segre definendo i senatori a vita «la casta della casta della casta» che secondo lui sono una «figura assolutamente superata nella storia della nostra Repubblica» anzi addirittura dei «senatori a vita pro tempore, che vengono quando hanno tempo».

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Ma Salvini dirà che il problema era che la commissione non si limitava all’antisemitismo ma pretende di indagare anche altri fenomeni di razzismo, che forse sono assai vicini al sentire leghista. Del resto è stata proprio la senatrice Segre a tracciare il trait d’union tra l’antisemitismo nazifascista e il razzismo e la xenofobia di oggi dicendo che Salvini «fa il suo mestiere. Ma indifferenza per migranti e minoranze rom e sinti è la stessa di 80 anni fa». Chissà, magari Salvini potrà chiarire di quella volta che, ad ottant’anni esatti dalla promulgazione delle Leggi Razziali, propose un censimento su base etnica per Rom, Sinti e Caminanti.

Perché Salvini non condanna il neonazismo di Savoini?

E a quel punto la senatrice Segre magari avrà la curiosità di sapere come un partito assolutamente non razzista né antisemita come la Lega avesse al suo interno personaggi come Riccardo Rodelli, segretario della ‘Lega Salvini premier‘ di Lecce che qualche giorno fa ha definito la Segre come “una nonnetta” usata come “avanguardia e maschera”, un personaggio ”che non può essere attaccato, una vecchietta ben educata, reduce dai campi di concentramento, mai eletta. La Mrs. Doubtfire di Palazzo Madama“. Magari non è antisemitismo, sicuramente è odio, puro e semplice.

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il ministro dell’Interno Salvini con una maglietta degli ultras di estrema destra

Potrebbe chiedere cosa ci facesse nella Lega uno come Luca Traini, che aveva una runa nazista tatuata sul sopracciglio. La stessa runa che si trova in certe versioni dello stemma scaligero usato come logo dell’Hellas Verona utilizzate da alcuni tifosi. La stessa runa disegnata su uno dei computer della redazione poltica de La Padania, regno di Gianluca Savoini.

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E proprio su Savoini la Segre potrebbe chiedere a Salvini come mai questo strano personaggio sia stato suo portavoce e lo abbia accompagnato nei suoi viaggi in Russia da ministro dell’Interno. Quando Salvini e Savoini erano alla Padania l’ufficio di quest’ultimo era costellato di simboli nazisti, foto di Hitler, di Pio Filippani Ronconi, tenente delle SS durante la Seconda Guerra Mondiale e un disegno che ricalcava lo stemma della Gestapo, la polizia segreta hitleriana. Magari alla senatrice Salvini risponderà, forse addirittura trovandosi di fronte ad una vittima delle SS potrebbe addirittura dichiarare di prendere le distanze da Savoini. Non per la faccenda del Metropol – abbiamo capito che Salvini aspetta la magistratura per farlo – ma su tutto il resto.

Perché Salvini e la Lega strizzano l’occhio a suprematisti e neofascisti?

E sì, visto che la Segre è una testimone diretta di quel periodo in cui Mussolini chiedeva pieni poteri e si affacciava dallo stesso balcone cui si affacciò qualche tempo fa il ministro dell’Interno potrebbe chiedere cosa si prova ad ammiccare a certi ambienti  postando su Facebook cose come “tanti nemici tanto onore” come diceva il Duce. Oppure per quale motivo Salvini parli di “sostituzione etnica” e del piano Kalergi, una teoria complottista diffusa negli anni 90 dall’austriaco Gerd Honsik, neonazista pluricondannato perché negava l’Olocausto.

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E Salvini non lo fa certo solo a parole. Indossa anche magliette come quella “Offence best defence”, che secondo Repubblica è un brand commercializzato da Francesco Guglielmo Mancini, veronese, militante vicino al Veneto Fronte Skinhead (altro marchio che va moltissimo è quello dell’European Brotherhood le cui iniziali EB accostate formano una celtica). Oppure si allea con CasaPound, quelli che si definiscono “semplicemente fascisti”. Chissà se andando a casa di una vittima delle leggi volute dal Fascismo Salvini avrà un minimo di imbarazzo.

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Il consigliere comunale di “Battiti” Andrea Bacciga con la maglietta degli ultras

Lo stesso che dovrebbe avere per le posizioni dell’ex ministro Lorenzo Fontana, uno che voleva abrogare la Legge Mancino e che andava al Family Pride assieme a Luca Castellini, veronese, leader di Forza Nuova, famoso per aver detto che gli ultras del Verona che hanno ululato contro Balotelli non sono assolutamente razzisti. Sull’argomento oggi Salvini ha dichiarato che Castellini «non andava allo stadio da anni, siamo in un paese curioso, viene un tizio che dice cose deliranti che già non poteva andare allo stadio». Peccato che Castellini fosse lo stesso uno dei capi ultras dell’Hellas Verona: “la squadra fantastica a forma di svastica”.

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